Agrigento

Covid, il calvario di una famiglia agrigentina: “In casa da 32 giorni senza alcuna assistenza”

Un calvario lungo oltre un mese che ha dovuto patire un’intera famiglia agrigentina: mamma, papà e figlioletta di quasi quattro anni, chiusi in casa dallo scorso 13 marzo

Pubblicato 3 anni fa

In quarantena da trentadue giorni senza adeguata assistenza e senza avere notizie dell’esito dei tamponi che certifica il fine isolamento. Un calvario lungo oltre un mese che ha dovuto patire un’intera famiglia agrigentina: mamma, papà e figlioletta di quasi quattro anni, chiusi in casa dallo scorso 14 marzo quando è stata accertata la positività della donna alla variante inglese del coronavirus. “Da allora un vero e proprio incubo – ci racconta uno dei familiari – caratterizzato da una totale assenza di comunicazione e indicazioni da seguire, lasciati da soli al nostro destino con una bambina che non ha nemmeno quattro anni e che non esce di casa da oltre un mese.”

Il calvario inizia il 14 marzo scorso quando un primo tampone ha confermato la positività della donna risultando invece negativo per marito e figlia. Alla fine dei quattordici giorni di isolamento domiciliare l’attesa per un secondo giro di tamponi: “Dopo un’intera giornata di chiamate l’Usca mi risponde alle 21 dicendomi che i tamponi sono finiti e che hanno avuto delle urgenze. Passano altri due giorni e – continua nel racconto – finalmente ci sottopongono ai test molecolari il cui esito non ci viene più comunicato. Solamente grazie ad un amico medico vengo a sapere che io e mia moglie siamo negativi ma che purtroppo è risultata positiva mia figlia”

Ed è così che comincia un altro, l’ennesimo, isolamento finito – solamente in linea teorica – negli scorsi giorni. Teoricamente, appunto, poiché ancora una volta la famiglia viene lasciata da sola senza essere sottoposta a tampone e senza avere notizie: “Ho chiamato continuamente l’Usca di Favara senza ricevere risposta. Ho inviato una mail al dipartimento di prevenzione lo scorso 12 aprile e ancora oggi attendo risposta. Oggi (14 aprile) ricevo finalmente una chiamata sperando che l’incubo sia finito e invece arriva un’altra doccia fredda: “Forse faremo i tamponi a lei e alla sua famiglia in serata se ne sono rimasti”.

“Io e la mia famiglia ci sentiamo tenuti in ostaggio, chiusi in casa da oltre un mese. Abbiamo ricevuto assistenza dal nostro medico di fiducia e ringraziando Dio nostra figlia sta bene dal punto di vista sanitario. Non andiamo a lavorare da trentadue giorni e nostra figlia non vede la luce del sole da un mese. Il Comune di Agrigento, dopo un primo tempestivo ritiro dei rifiuti speciali, non ci ha fatto sapere più nulla e abbiamo ancora l’immondizia in casa. Non ce la facciamo più” ci racconta la mamma. Questa sera, se tutto andrà bene, saranno sottoposti a tampone e – una volta giunto l’esito – la speranza è quella che la famiglia agrigentina possa tornare in fretta alla normalità. 

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *