Calcestruzzi Belice, coop dipendenti vuole gestire azienda confiscata alla mafia

Una storia abbastanza ingarbugliata quella della Calcestruzzi Belice: l’azienda sorge a confine tra le province di Agrigento e Trapani e si occupa principalmente di cemento ed inerti: appartenente all’imprenditore di Partanna, Rosario Cascio, condannato in seguito per associazione mafiosa, la Calcestruzzi Belice viene confiscata dallo Stato, perché ritenuta a disposizione dei clan. Da quell’anno è gestita dall’Agenzia Nazionale per i beni confiscati, diretta dall’ex Prefetto di Agrigento, Umberto Postiglione.

Una storia ingarbugliata – quella della Calcestruzzi Belice – tanto quanto le sue vicissitudini giudiziarie: nel gennaio scorso il Tribunale di Sciacca, con sentenza di primo grado, dichiara fallita l’azienda – gestita dallo Stato – per un debito di 30 mila euro nei confronti di Eni. La stessa sentenza sarà, pochi mesi dopo, ribaltata completamente e la Calcestruzzi Belice, la scorsa estate, ha riaperto battenti ottenendo anche ottimi risultati nei primi mesi di attività, scongiurando anche il licenziamento di 11 dipendenti e le tragiche conseguenze per le corrispettive famiglie.

Gli stessi undici dipendenti, reintegrati, oggi hanno intenzione di gestire l’azienda tramite una cooperativa e, in tal senso, c’è anche un precedente molto simile: la Calcestruzzi Ericina, confiscata al boss Vincenzo Virga, fu gestita da una coop di dipendenti diretta dall’ex ragioniere che, in pochi anni , riuscì a portare il fatturato dell’azienda oltre il milione di euro.