Caltanissetta

Processo strage Borsellino, depositate motivazioni: “Ci fu gravissimo depistaggio”

Nelle indagini sugli autori della strage di Via D’Amelio c’è stato “uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana”, con servitori infedeli dello Stato che convinsero piccoli criminali a trasformarsi in pentiti di Cosa nostra per costruire una falsa verità sull’attentato al giudice Paolo Borsellino.

E’ quanto emerge dalle motivazioni della sentenza della Corte d’assise di Caltanissetta che nell’aprile 2017 ha concluso l’ultimo processo sulla strage del 19 luglio 1992.

La Corte d’Assise, nelle 1865 pagine di motivazione depositate sabato sera, critica il team che indagò sulla strage sotto la guida di Arnaldo La Barbera, il funzionario di polizia morto per un tumore nel 2002.

In particolare gli inquirenti avrebbero convinto il falso pentito Vincenzo Scarantino a fornire una versione distorta dell’esecuzione dell’attentato e avrebbero messo in atto tutta una serie di depistaggi. I magistrati avanzano anche il sospetto che si sia voluta occultare la “responsabilità di altri soggetti per la strage, nel quadro di una convergenza di interessi tra Cosa Nostra e altri centri di potere che percepivano come un pericolo l’opera del magistrato”.

La Barbera, in particolare, sarebbe stato coinvolto nella sparizione dell’agenda rossa che Borsellino usava come diario e che teneva nella sua borsa il giorno dell’attentato.

La sentenza del 20 aprile 2017 ha inflitto l’ergastolo Salvino Madonia e Vittorio Tutino, accusati di strage, e 10 anni per calunnia ai falsi pentiti Francesco Andriotta e Calogero Pulci.

Intanto, la Procura di Caltanissetta ha chiesto il rinvio a giudizio di tre poliziotti per il depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio.

L’udienza preliminare non è stata ancora fissata. Il processo è stato chiesto per il funzionario Mario Bo, che è stato già indagato per gli stessi fatti e che ha poi ottenuto l’archiviazione, e per i poliziotti Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei. Per tutti l’accusa è di calunnia in concorso.

Mario Bo è il funzionario di polizia che faceva parte del pool che coordinò le indagini sulla strage del 19 luglio del 1992. Mattei e Ribaudo, agenti di Ps, facevano parte dello stesso gruppo investigativo. Avrebbero confezionato una verità di comodo sulla fase preparatoria dell’attentato e costretto il falso pentito Vincenzo Scarantino a fare nomi e cognomi di persone innocenti.

Un piano con un regista ormai morto: l’ex capo della task force investigativa Arnaldo La Barbera, comprimari come Bo ed “esecutori” come Ribaudo e Mattei. Il depistaggio, scoperto dalla procura di Caltanissetta che ha ricostruito la fase preparatoria dell’attentato a Borsellino, è costato la condanna all’ergastolo a sette innocenti scagionati, una volta smascherate le menzogne, dal processo di revisione che si è celebrato a Catania. Del ruolo di La Barbera nel depistaggio parlano diffusamente le motivazioni della sentenza del quarto processo per la strage, depositate ieri.

L’inchiesta sui tre poliziotti è coordinata dall’aggiunto Gabriele Paci e dal pm Stefano Luciani.