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Operazione “Blood Money”, arrestati (domiciliari) imprenditori e dirigenti medici (video)

Un trattamento meramente ‘commerciale’ ai dializzati, che in alcune conversazioni registrate venivano considerati ‘regali’ o ‘numeri da portare’ ed un progressivo e sensibile aumento dei flussi di spesa pubblica erogati per il rimborso delle prestazioni effettuate dai centri privati.

Operazione Blood Money, gli arrestati

Questo avrebbe caratterizzato, secondo gli investigatori, il sistema di sviamento dei pazienti portato alla luce dall’indagine della Guardia di finanza di Catania denominata “Bloody money”, sfociata nell’arresto di cinque persone, tra imprenditori e dirigenti medici, che avrebbero sviato pazienti in dialisi dalle strutture pubbliche a quelle private.

Dalle indagini non è emersa nessuna responsabilità penale da parte delle strutture ospedaliere di Catania dove prestavano servizio gli indagati.

Indagato anche Gianpaolo Barone Lumaga, amministratore delegato della Diaverum Italia Srl fino al febbraio scorso. Tra gli indagati anche un imprenditore legato da vincoli di parentela con un noto latitante di mafia, ossia Matteo Messina Denaro. Si tratta di Francesco Messina Denaro, di 55 anni, conosciuto come Gianfranco Messina. Nei loro confronti, nell’ambito dell’operazione “Bloody money”, militari delle Fiamme Gialle hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip, su richiesta della locale Procura distrettuale. Agli indagati è contestata l’associazione a delinquere finalizzata al compimento di reati di corruzione e abuso d’ufficio.

La società è inserita in un gruppo internazionale di assoluto rilievo operativo in 20 nazioni, 9.000 dipendenti, 29.000 pazienti in cura e con un volume d’affari oltre 580 milioni di euro. L’azione commerciale di Lumaga e di Messina Denaro sarebbe  stata apertamente mirata all’espansione dell’azienda nel settore dialitico privato attraverso l’assegnazione di pazienti da strutture pubbliche ma anche mediante la progressiva acquisizione di centri privati operanti in Sicilia, la cui attività era scemata nel tempo in ragione dell’ascesa della Diaverum S.r.l. e de Le Ciminiere, che sarebbero riuscite ad accaparrarsi un numero elevato di pazienti.

I manager della Diaverum avrebbero mantenuto costanti contatti con gli interlocutori pubblici e privati in modo da ‘preservare’ il numero degli assistiti e possibilmente farlo incrementare.

Sono tre gli imprenditori e due i dirigenti medici, dunque, posti agli arresti domiciliari.

Si tratta di Francesco Messina Denaro, 55 anni, procuratore speciale della Diaverum Italia Srl per la Sicilia, Salvatore Guarino, 65 anni, e Carmelo Papa, 60 anni, rispettivamente amministratore di fatto e di diritto del centro dialisi privato Le Ciminiere Srl; Giorgio Leone, 52 anni, ed Elvia Sicurezza, 65 anni, dirigenti medici in servizio presso i reparti di nefrologia e dialisi degli ospedali Garibaldi e Vittorio Emanuele di Catania.

Gli indagati rispondono di associazione a delinquere finalizzata a una serie di episodi corruttivi per atti contrari ai doveri di ufficio, riferibili al periodo compreso tra luglio 2014 e aprile 2015. Il giudice ha inoltre disposto, l’interrogatorio di garanzia per la nomina di un commissario giudiziale per un anno a carico delle due società coinvolte. Oltre agli arrestati ci sono altri indagati tra infermieri ed ex manager d’azienda.

I dirigenti medici, secondo gli inquirenti, approfittavano del rapporto diretto con pazienti affetti da patologie nefrologiche e bisognosi di dialisi, orientandoli, talora anche ricorrendo a pressioni psicologiche, verso centri dialisi privati che ottenevano così cospicui contributi pubblici, pari a circa 40.000 euro annui per paziente, nonchè una posizione dominante nel settore nella Sicilia orientale. In cambio elargivano assunzioni, stipendi, consulenze e bonus contrattuali.

La Diaverum Italia Srl, con sede ad Assago, inserita in un gruppo internazionale di assoluto rilievo (operativo in 20 nazioni, 9000 dipendenti, 29.000 pazienti in cura, volume d’affari oltre 580 milioni di euro) si è avvalsa, aggiungono i magistrati, dell’opera del “ragioniere”, il procuratore speciale per la Sicilia, Francesco Messina Denaro, “alias Gianfranco Messina”, nato a Castelvetrano e con un lontano legame di parentela con il boss latitante Matteo Messina Denaro, in quanto i rispettivi nonni – Francesco e Salvatore – erano fratelli.

La loro azione commerciale, spiega il procuratore Carmelo Zuccaro “è stata apertamente mirata all’espansione dell’azienda nel settore dialitico privato attraverso l’assegnazione di pazienti da strutture pubbliche, ma anche mediante la progressiva acquisizione di centri privati operanti nella regione siciliana, la cui attività era scemata nel tempo in ragione dell’ascesa della Diaverum e delle Ciminiere che riuscivano ad accaparrarsi un numero elevato di pazienti con modalità corruttive”.

Registrato un progressivo e sensibile aumento dei flussi di spesa pubblica erogati per il rimborso delle prestazioni effettuate dai centri privati. Nessuna responsabilità penale è emersa, infine, in ordine alle strutture ospedaliere catanesi dove prestava servizio il personale medico corrotto.