Operazione “Pupi di pezza”: ‘pacchetto’ per frodare 200 mln a fisco: tutta la storia (vd e ft)

Un sistema affaristico diretto dallo studio Pogliese, alimentato da liquidatori prestanome e imprenditori, che provvedeva a fornire ‘un pacchetto di misure’ che avrebbe permesso di evadere imposte all’Erario per oltre 220 milioni di euro.

E’ quello portato alla luce dalla Guardia di Finanza di Catania che, coordinata dalla Procura, ha eseguito un’ordinanza di misure cautelari emessa dal Gip nei confronti di 11 persone per bancarotte fraudolente patrimoniali e documentali e reati tributari, anche in forma associata, favoreggiamento personale e reale.

Nove indagati nell’inchiesta ‘Pupi di pezza’, tra cui Antonio Pogliese, padre del sindaco di Catania, Salvo, sono state poste ai domiciliari. Due imprenditori sono stati invece ‘interdetti’ dall’esercizio di impresa per un anno.

Il procuratore Carmelo Zuccaro, parlando dell’inchiesta, ha affermato che è emerso un “sistema perverso di sottrazione all’erario di somme di denaro ingenti in maniera sistematica”.

Secondo l’accusa, lo studio Pogliese avrebbe predisposto fittizi progetti di riorganizzazione aziendali straordinari o bilanci non veritieri. Lo studio, che così diventava formalmente l’intermediario per presentare le documentazioni fiscali all’Erario, avrebbe anche fornito un prestanome, privo di qualsiasi competenza tecnica, che diventava il liquidatore o l’amministratore degli ultimi momenti delle società prima che andassero in liquidazione. Invece di presentare i libri contabili al Tribunale per dare inizio alle procedure concorsuali, si dava inizio invece alla liquidazione delle società, che venivano svuotate di tutti gli assetti positivi, fatti transitare in altre società che ripartivano con gli stessi amministratori che le avevano gestite.

L’indagine ha preso spunto dall’invio alla Guardia di finanza di Catania nel 2011 da parte di Riscossione Sicilia di un elenco di contribuenti che risultavano evasori di grosse somme denaro.

Antonio Pogliese, professionista di successo ed esperto del settore della grande distribuzione, ha uno dei più noti studi di economia e finanza della città.

Con lui sono stati anche posti agli arresti domiciliari anche alcuni suoi associati: Michele Catania, di 53 anni, Salvatore Pennisi, di 46.

I tre, secondo l’accusa, “avvalendosi di Salvatore Virgillito, di 66 anni, liquidatore fiduciario dello studio, anch’egli agli arresti domiciliari, costituivano un’associazione a delinquere, almeno dal 2013, dedita ad una serie indeterminata di condotte delittuose in materia societaria, fallimentare e fiscale”. Arresti domiciliari disposti dal Gip anche per gli imprenditori Antonino Grasso, di 54 anni, Giuseppe Andrea Grasso, di 51, Michele Grasso, di 58, Concetta Galifi, di 39, e Rosario Patti, di 79. Misura interdittiva ad esercitare il diritto d’impresa per un anno per Alfio Sciacca, di 67 anni, e Nunziata Conti, di 65.