Riscossione Sicilia: audizione Fiumefreddo all’Ars, bagarre e polemiche (vd)

Seduta ad alta tensione e dai toni accesi ieri in Commissione Bilancio all’Ars, dove si è tenuta l’audizione dell’amministratore unico di Riscossione Sicilia, Antonio Fiumefreddo. Sono volate parole grosse, dopo i ripetuti attacchi del dirigente alla politica che hanno scatenato un vespaio di polemiche. “L’audizione odierna in commissione Bilancio all’Ars dell’amministratore unico di Riscossione Sicilia, Antonio Fiumefreddo – dice Marco Falcone, capogruppo di Forza Italia – è stata un’occasione mancata per fare chiarezza sul discutibile stato di salute di un’azienda che con 700 dipendenti e un costo annuo di 60 milioni di euro, dovrebbe riscuotere oltre 5 miliardi di tasse, tra gettito erariale, tributi regionali e comunali, nonchè sanzioni e verbali elevati dai vari soggetti impositori. Purtroppo invece è finita in caciara, con alcuni deputati che sono scivolati sul campo della sterile provocazione, lasciando a Fiumefreddo la possibilità di rispondere in modo generico e propagandistico. A differenza di quanto accade per Equitalia, Riscossione Sicilia produce ogni anno ingenti perdite, che si riverberano sulle spalle dei siciliani, ai quali anche per questo vengono attuate dal governo Crocetta le maggiorazioni Irpef e Irap. L’azienda deve essere quanto prima superata, al suo posto sia introdotto un sistema di riscossione virtuoso e meno oneroso”, conclude Falcone.
“Mi sono presentato in commissione bilancio all’Ars per illustrare ai deputati i risultati raggiunti da Riscossione Sicilia in questi due anni, uno per tutti il passaggio dai 4 miliardi di patrimoni aggrediti nel 2014 agli oltre 10 miliardi di patrimoni aggrediti nel 2016, e ho subito io un’aggressione violenta, inquietante ed inaccettabile. In queste condizioni, mentre ringrazio il presidente Crocetta che, solo, mi ha sostenuto nella battaglia di questi mesi, considero pericoloso per la mia persona continuare a lottare”.
Così l’amministratore unico di Riscossione Sicilia che aggiunge: “Quando ho iniziato a parlare di infiltrazioni mafiose nel parlamento siciliano e ho provato a fare i nomi, mi è stata tolta la parola e si è comandato ai commessi di portarmi a forza via dall’aula – aggiunge – Il presidente Vinciullo ha ordinato che venissi cacciato persino dal corridoio e un altro parlamentare regionale ha reiterato la minaccia che se non l’avessi finita di attaccare la politica non avrei avuto un solo euro per l’ente”.