Sea Watch: Rackete in tv da Fazio, storia della sfida a Salvini

Lasciò l’Italia a luglio, di nascosto, inseguita dagli insulti di chi l’avrebbe voluta dietro le sbarre; tornerà stasera in prima serata su Raidue, nello studio di Fabio Fazio, a raccontare il suo libro, “Il mondo che vogliamo”, la sua guerra al riscaldamento globale e la notte della sfida a Salvini.

Carola Rackete, 31 anni, tedesca di Preetz, entra nelle case degli italiani in giugno, quando la nave da lei comandata, la Sea Watch 3, salva al largo della Libia 53 migranti. Sono i giorni dei porti chiusi e del decreto sicurezza bis, che prevede un ulteriore giro di vite per le Ong che fanno soccorso in mare prevedendo sequestro e multa da 50 mila euro per chi viola le nuove norme.

Dopo più di una settimana trascorsa in mare, Carola pubblica un video-appello su Twitter: “Dobbiamo sbarcare queste persone (43, perchè dieci nel frattempo sono state evacuate per problemi di salute, ndr) in un porto sicuro, il prima possibile”.

E pochi giorni dopo, di fronte al silenzio delle autorita, ‘giura’ in una intervista a Repubblica che forzerà il blocco: “perderò la nave? Non fa niente”, la vita dei naufraghi “viene prima di qualsiasi gioco politico o incriminazione”.

Il dado è tratto, quella che la “Sueddeutsche Zeitung” presenta come la sfida dei due ‘capitani’ – Rackete contro Salvini – corre veloce verso l’atto finale, specie dopo che la Corte europea dei diritti dell’uomo respinge il ricorso presentato dalla Ong.

Il 26 giugno, quando ormai la Sea Watch è in acque territoriali italiane, la Guardia di finanza sale a bordo, controlla i documenti della nave e i passaporti dell’equipaggio.

“Aspettano istruzioni” spiega Carola Rackete, mentre sul molo di Lampedusa sono sempre più numerosi uomini delle forze dell’ordine e giornalisti. Arriva anche una delegazione di parlamentari dell’opposizione: “resteremo a bordo fino a quando non verrà consentito l’attracco”. Due giorni dopo arriva la notizia dell’iscrizione di Carola nel registro degli indagati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e violazione dell’articolo 1100 del Codice della navigazione contestata al comandante che non obbedisca all’ordine di una nave da guerra nazionale.

“E’ un atto dovuto”, filtra dalla procura ma Carola ne esce ancora più rafforzata nella sua decisione. Ancora poche ore, poi nella notte tra il 28 e il 29, punta decisa sul porto commerciale di Lampedusa. Una motovedetta delle Fiamme gialle impone l’alt, poi tenta di frapporsi spostandosi davanti alla banchina ma la Sea Watch la sperona. E’ una manovra “molto rischiosa”, che secondo gli inquirenti mette in pericolo l’incolumità dei migranti, dell’equipaggio a bordo e dei quattro militari della motovedetta. E mentre avviene l’attracco, a terra si fronteggiano – in un derby surreale – i sostenitori della ‘capitana’ che applaudono alla soluzione e un gruppo di filoleghisti che gridano insulti. Servono i poliziotti per separarli. Pochi minuti e Carola viene fatta scendere dai finanzieri, caricata su un’auto e portata via. E’ in stato di arresto.

Il ministro Salvini esulta via Facebook: “Comandante fuorilegge arrestata. Nave pirata sequestrata. Maxi multa alla Ong straniera. Missione compiuta”. La procura di Agrigento decide per i domiciliari sottolineando però che “le ragioni umanitarie non possono giustificare atti di inammissibile violenza”.

“Vi chiedo scusa, non era assolutamente nelle mie intenzioni venirvi addosso”, assicura Carola ai finanzieri prima di lasciare la caserma. “Spero che l’arresto venga confermato”, scrive ancora Salvini ma la sera dopo l’udienza di convalida arriva la notizia che la comandante della Sea Watch è libera. Il decreto sicurezza bis “non è applicabile alle azioni di salvataggio”, spiega il Gip di Agrigento, Alessandra Vella, che esclude il reato di resistenza e violenza a nave da guerra e ritiene che il reato di resistenza a pubblico ufficiale sia giustificato dall’aver agito per salvare vite umane in mare.

E’ una sentenza vergognosa” tuona Salvini, annunciando che Carola – che in realtà è attesa da un nuovo interrogatorio programmato per il 9 luglio e poi differito per uno sciopero dei penalisti – sarà subito espulsa. Lei non ci sta e passa al contrattacco. Il 5 luglio i suoi legali spiegano di aver “preparato la querela per diffamazione nei confronti del ministro. Nel circuito dei leoni da tastiera abituati all’insulto, è lui che muove le acque dell’odio”.

E lei stessa allo Spiegel accusa il titolare del Viminale e la sua linea politica di aver “violato i diritti umani”.

La denuncia viene depositata in procura, a Roma, il 12 luglio, una settimana prima che Carola venga sentita in procura, ad Agrigento. Arriva a piedi, ‘scortata’ dai suoi avvocati, se ne va senza rispondere alle domande dei cronisti. E la sera stessa torna in Germania. Pronta per altre battaglie, in attesa di quella processuale. Ma “se la Sea Watch dovesse avere ancora bisogno di me – spiegherà al Corriere – tornerò in mare”.