Mani della mafia su bonifica Pasquasia: arrestati imprenditori e funzionari, tre agrigentini indagati (vd)

E’ stata portata a termine, stamani,  una vasta operazione dei carabinieri di Enna, che nelle prime ore della mattinata, in Sicilia e in Lombardia, ha visto finire in manette un gruppo di imprenditori, professionisti e funzionari pubblici, che aveva tentato di accaparrarsi indebitamente l’ultramilionario importo (8 milioni di euro) dell’appalto per la bonifica del sito minerario di Pasquasia, località di Enna. Contestati in particolare i reati di smaltimento di rifiuti tossici, peculato e varie ipotesi di falso, nonché, per alcuni degli arrestati, il concorso esterno in associazione mafiosa, per avere agevolato Cosa Nostra, grazie, spiegano i carabinieri “all’assunzione pilotata di lavoratori, ovvero favorendo l’impiego di ditte vicine alla stessa organizzazione criminale”.

Sono complessivamente 11 le misure cautelari eseguite dai carabinieri di Enna nell’ambito dell’operazione sul traffico di rifiuti e la corruzione per la bonifica della ex miniera di Pasquasia. Sono complessivamente 11 le misure cautelari personali, di cui tre ordinanze di custodia cautelare in carcere, cinque provvedimenti di sottoposizione agli arresti domiciliari e tre misure di obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria eseguite dai carabinieri del Comando provinciale di Enna, insieme ai colleghi dei Comandi provinciali di Catania, Palermo, Agrigento e Bergamo. L’operazione, denominata ‘Bonifica Pasquasia’, ha permesso si smantellare un’associazione dedita allo smaltimento di rifiuti tossici. In manette è finito un gruppo di imprenditori, professionisti e funzionari pubblici, che aveva tentato di accaparrarsi indebitamente l’ultra milionario importo (8 milioni di euro) dell’appalto per la bonifica del sito minerario di Pasquasia, a Enna.

In particolare agli indagati sono contestati i reati di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, associazione per delinquere finalizzata allo smaltimento di rifiuti tossici, alla commissione di reati di peculato, frode nelle pubbliche forniture, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, falsità ideologica commessa da un pubblico ufficiale, falsità materiale commessa da un privato e induzione indebita a dare o promettere. I tre destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere devono rispondere anche di concorso esterno in associazione mafiosa per avere agevolato Cosa nostra grazie all’assunzione pilotata di lavoratori o favorendo l’impiego di ditte vicine alla stessa organizzazione criminale.

L’inchiesta della Procura di Caltanissetta ruota attorno all’appalto per i lavori di bonifica aggiudicati alla società «1 Emme» di Bergamo.

Gli indagati sono gli imprenditori Giacomo Aranzulla, 60 anni, di Mirabella Imbaccari (Ct), Antonino Berna Nasca, 36 anni, di Nicosia (En); Michele Berna Nasca, 43 anni, di Nicosia ma residente a Catania, raggiunti da ordinanza di custodia cautelare in carcere; agli arresti domiciliari Gaetano Bognanni, 54 anni, di Enna, dirigente del Corpo forestale addetto ai controlli sulla bonifica della miniera, Vincenzo Ferrarello, 54 anni, di Enna, Diego Mammo Zagarella, 51 anni, nato a Torino ma residente a Palermo; Rosario Consiglio, 60 anni, di Piazza Armerina (En), Pasquale Gattuso, 53 anni, di Reggio Calabria residente a Villa D’Adda (Bg), titolare della società «1 Emme” aggiudicataria dell’appalto. Obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per Eugenio Vecchio, 48 anni, di Catania residente a Porto Empedocle, Salvatore Mammo Zagarella, 49 anni, di Favara (Ag) e Giuseppe Costanza, 38 anni, di Palma Montechiaro (Ag), ispettore del Corpo forestale regionale.

Secondo gli investigatori Gattuso avrebbe pagato una tangente da 120 mila euro a Diego Mammo Zagarella, responsabile unico dell’appalto, mascherata da consulenza mai effettuata per uno studio topografico affidata alla società di consulenze Archeoambiente.

Contestati in particolare i reati di smaltimento di rifiuti tossici, peculato e varie ipotesi di falso, nonchè, per alcuni degli arrestati, il concorso esterno in associazione mafiosa, per avere agevolato Cosa nostra, con l’assunzione pilotata di lavoratori, ovvero favorendo l’impiego di ditte vicine alla stessa organizzazione criminale.