Enna

Operazione Ottagono, tre arresti per mafia ed estorsione (vd e ft)

Tre persone sono state arrestate dalla Polizia di Stato, a conclusione di una indagine coordinata dalla Dda di Caltanissetta e svolta dalla Squadra Mobile di Enna, con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso e tentata estorsione ai danni un imprenditore di Aidone (En), titolare di una ditta edile.
Gli arrestati vengono indicati come vicini al boss della Sicilia orientale Salvatore Seminara, scarcerato nel 2013 per scadenza dei termini di custodia, al vertice della famiglia mafiosa di Caltagirone (Ct).
I tre uomini arrestati all’alba ad Aidone (Enna) nel corso dell’operazione antimafia “Ottagono”, sono accusati di avere ricostituito la cosca facente capo a Cosa Nostra. In manette Isidoro Di Pino, 66 anni, pregiudicato, Filippo Scivoli, 47 anni pregiudicato, soprannominato “contrabuffo”, e l’operaio forestale Giuseppe Miccichè.

Filippo Scivoli
Giuseppe Miccichè
Isidoro Di Pino

L’operazione condotta dalla Polizia di Enna e coordinata dalla Dda di Caltanissetta ha fatto luce sul grave danneggiamento subito da un imprenditore edile dopo che si era rifiutato di consegnare a Scivoli una somma di denaro, richiesta come “contributo” per i detenuti. Scivoli avrebbe esercitato influenze sul Comune di Aidone, in particolare, nella gestione della raccolta dei rifiuti e del taglio degli alberi, oltre che nell’organizzazione di spettacoli a vantaggio del chiosco bar “Ottagono” da lui gestito di fatto.
Dalle indagini è emerso inoltre che uno degli arrestati sarebbe stato in grado di esercitare significative influenze sul Comune di Aidone, in particolare, nella gestione della raccolta dei rifiuti e del taglio degli alberi correlati al decoro urbano, nonchè nell’organizzazione di iniziative di intrattenimento a favore di un’attività commerciale.
Isidoro Di Pino, Filippo Scivoli e Giuseppe Miccichè sono indagati perché facevano parte di un’articolazione, costituita e operante ad Aidone, della “famiglia” “Cosa nostra” di Enna –
con l’aggravante per tutti, dell’aver fatto parte di una associazione armata avente disponibilità di armi per il conseguimento delle finalità associative.
Con l’aggravante per Di Pino di avere assunto il ruolo di responsabile per il territorio di Aidone, con l’aggravante della recidiva aggravata specifica, reiterata, infraquinquennale ed, infine, con quella di avere commesso il delitto nel periodo in cui era sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno nel comune di residenza.
In Aidone da epoca successiva al giugno del 2009 e fino alla data dell’8 maggio 2017 per Di Pino.
In Aidone da epoca anteriore e prossima al mese di settembre del 2015 e fino alla data dell’8 maggio 2017 per Scivoli.
In Aidone da epoca imprecisata e fino alla data del 6 settembre 2016 per Giuseppe Miccichè.Filippo Scivoli: perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso e facendo parte dell’associazione mafiosa denominata “Cosa nostra”, tentava di costringere un imprenditore a versargli un “contributo” per i detenuti, consistente in una somma di denaro, richiesta alla quale l’imprenditore non aveva aderito – con la minaccia derivante dall’appartenenza alla predetta organizzazione mafiosa – imprenditore che successivamente subiva un grave danneggiamento.
Con l’aggravante di avere commesso il fatto avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416 bis c.p. ed al fine di agevolare l’attività dell’associazione di tipo mafioso “Cosa nostra”.
In Aidone in data antecedente e prossima alla fine dell’anno 2014 e nel mese di novembre dell’anno 2015.

Premessa: la presenza mafiosa ad Aidone dagli anni ’90.
A seguito delle dichiarazioni dei collaboratori Leonardo Messina e Paolo Severino, nell’ambito dell’operazione “Leopardo” dei primi anni ‘90, venne individuato quale referente per il territorio di Aidone Isidoro Di Pino che venne arrestato e successivamente condannato per associazione mafiosa in primo e secondo grado; dopo l’annullamento con rinvio della Cassazione, venne assolto con sentenza del 22 novembre 2003.
Nel luglio del 2009 il Seminara e tre aidonesi, tra cui Di Pino, vennero arrestati nell’operazione “Old one” e successivamente condannati con sentenza definitiva per l’appartenenza a “Cosa nostra” ed in particolare il Seminara per avere riorganizzato l’attività di “Cosa nostra” in ampie aree della provincia ennese.
Nel 2014, Isidoro Di Pino tornava in libertà e cercava di riprendere la sua posizione mafiosa avvicinandosi ad un incensurato, Filippo Scivoli di Aidone, imprenditore, coinvolto comunque in alcune vicende in Nord Italia che lo avevano portato a essere vittima di un tentato omicidio.
I personaggi di Aidone traevano però la loro linfa mafiosa dalla stretta vicinanza al boss della Sicilia orientale Salvatore Seminara che, temporaneamente scarcerato nel 2013 per scadenza dei termini di custodia, si poneva al vertice della famiglia di “Cosa nostra” di Caltagirone, ed iniziava a esercitare una pesante influenza anche sulla citta di Catania. Inoltre, gli aidonesi si legavano strettamente anche alla famiglia di Raddusa – della quale facevano parte i fratelli Rino Simonte e Giuseppe, controllata comunque dallo stesso Seminara, sino a quando quest’ultimi venivano arrestati.
Dal complesso delle attività investigative, svolte dalla Sezione criminalità organizzata e straniera della Squadra mobile di Enna, emergeva come il prevalente interesse di “Cosa nostra” ennese fosse tuttora rivolto alle attività estorsive ai danni di imprenditori: la c.d. “messa a posto” compiuta ai danni di imprenditori tramite la corresponsione di ingenti somme di denaro; come nel caso della tentata estorsione ai danni di un imprenditore aidonese, titolare di una ditta edile, messa in atto dall’odierno arrestato Filippo Scivoli.

I controlli della Polizia
I controlli della Polizia
I controlli della Polizia

Le posizioni individuali: Isidoro Di Pino
Nel 2014, quando il Isidoro Di Pino era libero, così come Seminara, lo stesso veniva intercettato e si dimostrava come mantenesse costanti contatti con gli associati liberi, assumendo un ruolo attivo all’interno dell’organizzazione per ciò che concerneva, tra l’altro il controllo mafioso sul territorio di Aidone. In particolare Di Pino aveva regolari incontri con il gestore del bar l’”Ottagono” Filippo Scivoli.
Filippo Scivoli, alias “Contrabbuffo” è il soggetto mafioso emergente che si affianca allo “storico” esponente di “Cosa nostra” Isidoro Di Pino per il controllo del territorio. Lo stesso, in tale contesto, si rendeva responsabile di una tentata estorsione ai danni di un imprenditore edile, che successivamente subiva anche un grave danneggiamento ai mezzi della azienda. Si accertava, altresì, come Filippo Scivoli fosse in grado di esercitare significative influenze sul Comune di Aidone, in particolare, nella gestione della raccolta dei rifiuti e del taglio degli alberi correlati al decoro urbano, nonché nell’organizzazione di intrattenimenti a vantaggio dell’attività commerciale – chiosco/bar di fatto da lui gestito – denominata “Ottagono”.
Giuseppe Miccichè – L’appartenenza a “Cosa nostra” di Giuseppe Miccichè emergeva da una serie di vere e proprie confessioni captate dall’attività di intercettazione, nel corso della quali lo stesso rivelava il suo ruolo nell’organizzazione ed esponeva dinamiche interne alla stessa, che avevano riscontro nelle sue attuali frequentazioni, nella sua partecipazione fisica ad incontri tra appartenenti mafiosi e nella sua partecipazione “emotiva” alle vicende giudiziarie dei suoi consociati.
Le indagini svolte dalla Squadra mobile di Enna attraverso le attività tecniche di intercettazione, telefoniche ed ambientale tra presenti, compendiate da numerose e puntuali attività di riscontro, quali i servizi di osservazione sul territorio e l’acquisizione documentale – in particolare venivano effettuati anche degli accessi presso il Comune di Aidone per acquisire della documentazione – permettevano all’A.G. competente, la Procura distrettuale della Repubblica presso il Tribunale di Caltanissetta – che ha brillantemente coordinato le indagini – di avanzare richiesta di misura cautelare anche a carico degli indagati, positivamente accolta dal Gip presso il Tribunale nisseno, che emetteva ordinanza di custodia cautelare in carcere.