Giudiziaria

Agrigento, patteggia l’imputato che provocò la morte di Salvatore Bartolomeo, insorge la difesa: “Annullare ogni accordo”. La replica dell’avv. D’Acquì

Il sostituto procuratore della Repubblica di Agrigento, Antonella Pandolfi, ha formulato la richiesta di rinvio a giudizio – per il reato di omicidio stradale – nei confronti di Cataldo Domenico Falzone, 29enne originario di San Cataldo. 

L’udienza preliminare è stata fissata per il 5 aprile davanti al giudice Francesco Provenzano. 

La vicenda risale al 3 luglio 2016 data in cui perse la vittima, in seguito ad un incidente stradale, il 21enne Salvatore Bartolomeo mentre era a bordo della sua motocicletta in via Luca Crescente, ad Agrigento. Lo scontro avvenne con un furgone Doblò condotto dal 29enne di San Cataldo. Quest’ultimo è difeso dall’avv. Giuseppe D’Acquì.

La famiglia Bartolomeo, invece, è rappresentata dall’avvocato Giovanni Castronovo che appreso dell’intervenuto accordo tra l’avvocato dell’imputato e il Pubblico ministero circa una proposta di applicazione pena, ha depositato un atto con il quale chiede l’annullamento di ogni accordo e il reinvio del fascicolo alla Procura.

Scrive Castronovo al Gip del Tribunale di Agrigento, Francesco Provenzano e per conoscenza al procuratore Patronaggio ed al sostituto Pandolfi:

“Così come previsto dall’art. 90, comma 1 c.p.p., non avendo ricevuto rituale notifica al fine di poter partecipare all’udienza camerale calendata dinnanzi la S.V. per il prossimo 5 aprile, con il presente atto si ritiene doveroso avanzare le seguenti richieste.

Nullità dell’accordo intervenuto tra il procuratore speciale dell’indagato ed il p.m. per violazione dell’art. 299, comma 3 c.p.p.

Ed invero, è di palmare evidenza che essendo il fatto di reato per cui è processo essere stato compiuto dal Falzone con modalità violenta (seppur attraverso l’utilizzo del veicolo di sua proprietà), a mente dell’art. 299, comma 3 c.p.p., sarebbe stato onere della difesa notificare la proposta di applicazione pena anche alla persona offesa, la quale aveva il diritto di poter interloquire sulla stessa. E ciò anche avuto riguardo al fatto che durante la fase delle indagini tutte le persone offese hanno manifestato concreto interesse a seguire tutte le fasi del procedimento, partecipando personalmente e con l’ausilio dei propri legali di fiducia e consulenti tecnici alle varie fasi della consulenza tecnica espletate, fornendo, altresì, il proprio contributo all’accertamento della verità processuale.

Ed infatti, qualora la persona offesa fosse stata notiziata dell’intenzione dell’indagato di definire la vicenda de qua mediante il “patteggiamento”, proponendo un accordo con il Pm che, partendo da una pena base di due anni (anch’essa errata), e previa la concessione delle attenuanti generiche, si perveniva all’esigua ed inadeguata pena di anni 1 di reclusione (pena sospesa), seppur a fronte di un grave delitto posto in essere, quale è quello di omicidio stradale, avrebbe (così come ritiene di fare in questa sede) fornito alla Pubblica accusa elementi emersi post delictum attraverso i quali non può revocarsi in dubbio il fatto che l’indagato non sarebbe stato meritevole della concessione delle attenuanti generiche.

Per tali ragioni si chiede che, previa declaratoria di nullità di tutti gli atti compiuti successivamente alla proposta di applicazione pena avanzata dal procuratore speciale dell’indagato, restituzione degli atti al Pm . al fine di consentire alla difesa di poter così “sanare” il vizio che si è generato a seguito della mancata notifica alla persona offesa.

La proposta di applicazione pena in oggetto deve essere rigettata perché, in primo luogo, la pena base individuata non è corretta, ed inoltre poiché assai tenue a fronte del gravissimo fatto di reato posto in essere dall’indagato

E ciò in quanto, l’omicidio stradale in questione, cagionato (così come risulta dalle indagini espletate) per esclusiva colpa del Falzone, il quale in una zona in cui insiste la c.d. “linea continua”, con imprudenza ed imperizia, poneva in essere una manovra alquanto “spericolata”, effettuando una pericolosissima (risultata fatale) manovra di inversione ad “U”, la pena base per il delitto di omicidio stradale aggravato dal compimento di una condotta colposa, sanzionata per violazione del Cds, è di anni 5 di reclusione e non di anni 2.

Di talché, già per questa ragione, la richiesta di applicazione pena che ci occupa deve essere rigettata per palese errore di calcolo sulla pena.

In ogni caso, il “patteggiamento” oggi sottoposto al vaglio della S.V. va rigettato, atteso che, a sommesso avviso di questa difesa, definire la triste vicenda processuale (quantomeno nell’ottica della persona offesa) applicando all’indagato la davvero esigua, inadeguata e lieve pena di un anno di reclusione, addirittura con la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, costituirebbe una decisione che mortificherebbe il dolore e lo sgomento degli eredi di Salvatore Bartolomeo, a fronte, come detto, di un grave fatto di reato per il quale il buonsenso imporrebbe l’applicazione di una pena ben superiore.

Anche per queste ragioni si chiede il rigetto della chiesta applicazione di pena.

L’accordo raggiunto tra i procuratore speciale ed il Pm, che prevede la concessione delle attenuanti generiche, va rigettato, posto che, per tutta una serie di sgradevoli ed inopportune condotte post delictum (e che con il presente atto si intendono documentare e rappresentare) tenute dall’indagato, lo stesso non è meritevole della concessione delle attenuanti.

Alla luce della documentazione che si allega al presente atto sarà agevole dimostrare come Falzone non sia in alcun modo meritevole delle chieste attenuanti generiche.

Ed invero costui, non solo non ha mai mostrato pentimento per aver cagionato la morte di un giovane ragazzo, ma addirittura, assumendo dunque un contegno certamente riprovevole, in data successiva al 03.07.2016, avanzava richiesta di risarcimento danni nei confronti dell’Unipol Sai, compagnia assicurativa del Bartolomeo, sostenendo pretestuosamente che il sinistro dal quale è derivata poi la morte di Salvatore Bartolomeo era addebitabile ad una condotta di guida imprudente posta in essere da quest’ultimo, circostanza questa palesemente smentita dall’esito delle indagini.

E come se non bastasse, subito dopo il grave episodio per cui è processo, postava sul social network Facebook tutta una serie di foto e post dai quali si evince il suo perfetto disinteresse e distacco rispetto a quanto pochi giorni prima causato.

Peraltro mai il Falzone ebbe a scrivere una lettera di scuse ai familiari di Salvatore Bartolomeo, né ad interessarsi delle loro condizioni di salute, né tantomeno ha mai ritenuto di porre un fiore sulla tomba dello sfortunato ragazzo rimasto vittima della sua condotta di guida imprudente ed imperita.

Di talché, alla luce di quanto sopra rappresentato, appare chiara l’assenza di qualsivoglia segnale di resipiscenza o di pentimento da parte dell’odierno indagato, che anzi ha assunto una condotta post delictum quantomeno criticabile e discutibile, e che, pertanto, non è in alcun modo meritevole della concessione delle attenuanti.

Anche per questi motivi l’intervenuto accordo tra la difesa ed il Pubblico Ministero non può essere accolta, e dunque rigettata la richiesta di applicazione pena proposta in questi termini, e per l’effetto va disposta la restituzione degli atti all’Ufficio del Pubblico ministero”.

Sulla vicenda interviene l’avv. Giuseppe D’acquì difensore dell’imputato che con una lunga nota precisa in questo modo:

Precisazione avv. D’Acquì