Giudiziaria

Anno Giudiziario, Frasca: “Bilancio 2017 positivo ma attenti alla mafia”

E’ complessivamente positivo il bilancio del funzionamento dell’amministrazione della giustizia nel distretto di Corte d’appello di Palermo nell’ultimo anno.

Lo sostiene il presidente della Corte d’appello di Palermo Matteo Frasca nella relazione sullo stato della giustizia che verrà illustrata domani nel corso della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario a Palermo.

“Lo scorso anno nel settore civile, in presenza di un aumento del 3,2% delle sopravvenienze e di una modesta flessione delle definizioni pari al 2,3%, la pendenza finale era cresciuta di pochissimo, essendo aumentata di appena lo 0,2%; nell’anno giudiziario in esame, in presenza di un aumento del 3,1% delle sopravvenienze e di un incremento delle definizioni pari al 3,8%, la pendenza finale è lievemente diminuita (- 0,2%)”, ha detto. “Nel settore penale giudicante – ha spiegato Frasca – nell’anno giudiziario in esame, sono diminuite le sopravvenienze rispetto al periodo pregresso (-3,89%) e sono diminuite anche le definizioni (-16,19%), cosicchè la pendenza finale complessiva è aumentata dell’11,23%. Mentre nel settore requirente, la diminuzione del 16,82% della sopravvenienza di procedimenti noti e la contestuale diminuzione del 13,64% delle definizioni hanno determinato una contrazione della pendenza finale del 17,97%”.

Sul tema mafia, Frasca spiega:  “L’esito delle recenti indagini ha, ancora una volta, comprovato la piena e costante operatività dell’organizzazione Cosa nostra nell’ambito dei settori illeciti che appartengono alla sua tradizionale e sedimentata attività criminale: le estorsioni, il traffico (in significative quantità) di sostanze stupefacenti, il condizionamento degli appalti, nonché l’attività di impresa (non soltanto nel campo ‘elettivo’ dell’edilizia), secondo formule eterogenee, di volta in volta selezionate, dal turbamento della libera concorrenza, fino allo svolgimento, diretto e occulto, di attività economiche di per sé lecite, ma con il consueto ricorso a dinamiche di interposizione fittizia o con la sempre più frequente creazione di vere e proprie ‘società occulte’ con imprenditori disponibili anche se formalmente estranei alla struttura dell’organizzazione criminale”.

Frasca evidenzia anche come “la pressione costante, esercitata dall’attività giudiziaria” su Cosa nostra ha “progressivamente provocato nel tempo alcune significative conseguenze, di cui si ritrova una dimostrazione sempre più frequente in gran parte delle attività di indagine dell’ultimo periodo: sono stati infatti numerosi i casi di captazione di conversazioni che hanno consentito di verificare significativi sintomi di malcontento (a volte anche di difficoltà) da parte di esponenti di rilievo del sodalizio mafioso, costretti a fronteggiare il problema, che sta divenendo strutturale, della carenza di ‘risorse umane’ nello svolgimento delle tradizionali attività criminali fondamentali per il controllo del territorio”

Poi aggiunge: “Un paio d’anni di ‘minore attenzione’ nei confronti di Cosa nostra da parte dello Stato sarebbero sufficienti per consentire all’associazione di ripristinare l’inaudita forza criminale manifestata sino agli anni 90 con la consapevolezza che, sebbene non siano mancati e non manchino, nell’ambito del sodalizio, atteggiamenti di fastidio o, addirittura, di rifiuto nei confronti di una ‘politica’ di aggressione esplicita agli organi dello Stato, non sarebbe, in tal caso, possibile escludere una nuova stagione di inaudita violenza”.

E’ questa, secondo il presidente della Corte di Appello di Palermo Matteo Frasca, la “necessaria conseguenza logica dell’elevata resilienza sin qui manifestata dall’associazione Cosa nostra”.

“Le dinamiche interne di Cosa nostra – sottolinea – si muovono secondo criteri che non sempre corrispondono ai comuni parametri logici adottati nelle valutazioni prognostiche degli apparati investigativi”.

“La carenza di manodopera criminale, che già di per sé comporta l’inevitabile corollario di un contenimento delle entrate illecite dell’organizzazione” unita alla “esecuzione di molteplici e reiterati provvedimenti ablatori di carattere patrimoniale” ha costretto Cosa nostra “ad individuare nuovi strumenti di riciclaggio e di reimpiego dei capitali che garantiscano maggiori probabilità di occultamento dell’origine illecita dei patrimoni, spesso ancora ingenti”.

Da segnalare, in questo senso, “la tendenza, ormai divenuta costante, a prediligere quei settori economici e produttivi in grado di massimizzare i risultati delle attività di riciclaggio; tra questi, in posizione di crescente e preponderante rilievo, va annoverato il settore delle gestione dei punti vendita e dei ‘pannelli on line’ dediti alla raccolta delle scommesse sportive, settore che consente una duplice ed essenziale occasione di reimpiego: quella ‘classica’ da investimento commerciale e quella legata all’attività della raccolta di scommesse che consente, mediante il controllo delle quote delle scommesse e l’esecuzione di puntate accorte e mirate, di procacciare all’organizzazione titoli formalmente leciti, utili per giustificare apparentemente acquisizioni patrimoniali di altra provenienza”. Per quel che riguarda la destinazione geografica delle attività di riciclaggio poste in essere fuori dalla Sicilia, sottolinea il presidente della Corte di Appello di Palermo, “sussistono concreti elementi per ritenere ragionevolmente che, oltre a quelle tradizionalmente ramificate all’estero, la destinazione privilegiata delle somme da ripulire in Italia non sia costituita dalle regioni del nord, bensì da quelle centrali, con particolare riferimento alla Regione Lazio. Ovviamente è una affermazione che deve essere presa con la necessaria prudenza, ma si tratta, allo stato, di una più che valida ipotesi investigativa”.