Cambia il collegio di giudici, si rinnovano gli atti processuali svolti fino ad ora. E’ questa la sostanziale novità emersa questa mattina nell’ambito del processo a carico del geometra Vincenzo Manzone, 75 anni, accusato di turbativa d’asta con l’aggravante di aver favorito Cosa Nostra.
Contestati tre episodi – due lavori di manutenzione stradale ed il completamento di un centro diurno – in cui a vincere gli appalti sono state aziende vicine a Cosa Nostra. A tirar in ballo l’ex dirigente dell’Ufficio Tecnico sono i collaboratori di giustizia Maurizio Di Gati, già capo della mafia agrigentina, e l’ex consigliere comunale di Naro e braccio destro di Giuseppe Falsone, Giuseppe Sardino.
Il primo ha spiegato nei dettagli il “metodo” con cui si assegnavano gli appalti alle imprese vicine: “In sostanza si mettevano d’accordo per assegnarsi un appalto ciascuno e presentavano le buste. Una volta vinceva uno e una volta l’altro”.
Sardino, nelle scorse udienze, ha raccontato invece la “disponibilità” dell’allora sindaco Ippolito, che a suo dire incontrò anche Falsone durante la sua latitanza, e del geometra Manzone anche se su quest’ultimo specificò di non essere in grado di dire cosa in concreto avesse fatto in favore di Cosa Nostra.
L’accusa è rappresentata dal sostituto procuratore della DDA di Palermo Maria Teresa Maligno. Il processo si svolge avanti la prima sezione penale del Tribunale di Agrigento presieduta da Alfonso Malato (Infantino e La Barbera a latere). Manzone è difeso dagli avvocati Nino e Vincenza Gaziano. Si torna in aula il 25 marzo.