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Mafia, il Pm: “Capaci? Cosa nostra faceva la guerra per fare la pace”

“La stagione stragista nasce dalla necessita’ di Cosa nostra di fare la guerra per fare la pace. Fu in questo contesto che la mafia diede il via agli attentati in Sicilia e nel Continente”. Lo ha detto il Pm della Dda di Caltanissetta Stefano Luciani, durante la sua requisitoria nell’ambito del secondo processo per la strage di Capaci, escludendo al contempo il coinvolgimento di soggetti esterni, in particolare dei servizi segreti. “Nella fase dibattimentale sono emerse dichiarazioni generiche sulla presenza di soggetti dei servizi segreti, indicati senza volto e senza nome. Fra l’altro nessuno sarebbe stato in grado di indicarne il ruolo”. Il riferimento e’ a Giovanni Aiello, “faccia da mostro”, indicato da molti collaboratori come uno 007 che avrebbe ricoperto un ruolo nella strage. “Lo scenario e’ suggestivo – ha detto il Pm – perche’ siamo in presenza di una melodia orecchiabile ma che non funziona, perche’ all’interno di questa melodia ci sono note disarmoniche. Queste dichiarazioni provengono da soggetti non palermitani, inseriti nei piani bassi di Cosa nostra. Nessun capo ha mai parlato di questi fatti. Nessun boss e’ in possesso di queste informazioni. E’ una costruzione investigativa improponibile. Sono stufo di sentir parlare che questo ufficio mette la polvere sotto il tappeto. Bisogna separare tutto cio’ che non ha dignita’ di prova in questo processo”. Per il magistrato “sono diversi gli scenari in cui e’ maturata la strage di Capaci”. Contesti che si intrecciano fra loro. “Cosa nostra era pronta a sedersi a tavola per mangiare con politici e imprenditori. Da qui, la paura che il giudice Falcone mettesse le mani sul rapporto mafia e appalti. Non dimentichiamo gli esiti del maxi processo. Era il suo lavoro che dava fastidio alla mafia per cui andava eliminato. Prima si parlo’ di ricorrere ad un lanciamissili ma non fu necessario perche’, si disse, sarebbe morto bruciato”. E ci sono altri elementi da tenere in considerazione per far luce sulle stragi degli anni novanta. “Subito dopo il fallito attentato all’Addaura, parti’ una campagna denigratoria volta a screditare il giudice Giovanni Falcone, strumentalizzando anche la stampa. Circolavano voci, secondo le quali, l’attentato se l’era procurato lo stesso Falcone perche’ voleva fare carriera. Cosa nostra era anche alla ricerca di nuovi referenti politici. Prima aveva agganciato alcuni esponenti socialisti per poi passare a Berlusconi e Dell’Utri che stavano per fondare Forza Italia. Riina disse che Dell’Utri non si doveva toccare perche’ amico suo”. Prossima udienza il 6 maggio.