Giudiziaria

Naro, agricoltore ucciso a colpi di zappa: il racconto in aula di quella mattinata di sangue

E’ ripresa questa mattina – davanti la Corte d’Assise di Agrigento – l’udienza del processo a carico di un’intera famiglia – Vasile Lupascu, 44 anni, il figlio Vladut Lupascu, 19 anni e la moglie Ansioara Lupascu, 39 anni – accusati di aver ucciso lo scorso 7 luglio il connazionale  Costantin Pinau, bracciante agricolo rumeno ma residente a Naro, in seguito ad un diverbio che quest’ultimo avrebbe avuto con il figlio del presunto killer.

In aula il racconto degli attimi successivi alla tragedia che si è consumata intorno alle 6.30 del mattino del 7 luglio. A deporre un luogotenente in servizio a Canicattì e un appuntato in servizio a Camastra, entrambi presenti sulla scena del delitto poco dopo dal suo compimento. “Siamo intervenuti in seguito a segnalazione – ha raccontato il luogotenente – e abbiamo proceduto all’arresto in base alle dichiarazioni della moglie della vittima”. L’appuntato ha illustrato, invece, quanto successo in ospedale: “La donna (oggi imputata) era rimasta ferita ed era stata portata all’ospedale Barone Lombardo di Canicattì dove però vi era anche la moglie della vittima e familiari. Ci sono stati momenti di tensione e fu deciso di portare l’imputata al San Giovanni di Dio di Agrigento”.

Alla base dell’omicidio ci sarebbe stato un presunto litigio che la vittima avrebbe avuto con il figlio dell’aggressore. I Lupascu decisero di attendere il rientro a casa di Pinau, insieme alla moglie, cogliendoli di sorpresa. Armati di coltello e spranga di ferro, oltre che una zappa, si scagliarono contro Pinau colpendolo alla testa. Colpi di bastone anche nei confronti della moglie di quest’ultimo riuscita a scampare alla morte soltanto grazie al marito che, ormai in fin di vita, riuscì ad attirare verso di se gli aggressori. Pinau morì in seguito ad un vasto trauma cranico provocato dai colpi di zappa. Gli esecutori materiali – secondo gli inquirenti – furono Vasile Lupascu ed il figlio. Nell’auto di quest’ultimo i carabinieri trovarono la spranga di ferro, ancora intrisa di sangue, usata per la spedizione.

La famiglia Lupascu è difesa dagli avvocati Salvatore Pennica, Diego Giarratanara e Francesco Panico. Si torna in aula l’1 febbraio.