Giudiziaria

“Seguimmo coniugi e catturammo il latitante”, in aula la ricostruzione dell’arresto del boss Cesare Genova

E’ ripreso questa mattina davanti il collegio di giudici presieduto da Luisa Turco, con a latere i magistrati Ricotta e Croce, il processo a carico di Cesare Genova, boss ergastolano (per un omicidio commesso nel 94) di Delia evaso dal carcere di Rebibbia nell’aprile 2010, che vede coinvolti anche tre (un altro invece è stato assolto lo scorso novembre dall’accusa di omessa denuncia) esponenti dell’Arma dei Carabinieri, accusati di aver in qualche modo coperto Genova, e cinque persone ritenute i fiancheggiatori dell’allora latitante. In aula la ricostruzione di due testi, il brigadiere Lavori, che si è occupato materialmente delle intercettazioni telefoniche e del monitoraggio Gps, e del maresciallo maggiore Ruggeri, capo della Stazione dei Carabinieri di Delia: “Abbiamo intercettato l’utenza telefonica della signora Forte oltre ad installare un Gps nell’auto per pedinarla. Un pomeriggio esce di casa con il marito direzione Canicattì e da lì scattò il blitz in cui trovammo, oltre i due signori, anche il latitante che stavamo cercando, armato e con il colpo in canna.”

Il comandante dei carabinieri di Riesi, invece, ha riferito le operazioni condotte dai militari subito dopo aver appreso la notizia dell’evasione di Cesare Genova: “Perquisimmo le case di nipoti e cognati ma non trovammo niente. La nostra convinzione era che fosse scappato all’estero. In ogni caso non siamo mai stati informati sulle indagini che si stavano svolgendo”.