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Nipote anziano bruciato: “Mio zio indifeso trattato come videogame”

“La lenta agonia di mio zio continua inesorabile, un volto distrutto, una testa fasciata. Un’altra vittima della violenza umana”.

E’ lo sfogo, su Facebook, di Salvo Scarso, nipote di Giuseppe Scarso, l’anziano di Siracusa vittima di un gruppo di giovani che prima lo hanno picchiato, poi cosparso di benzina e dato alle fiamme. “Viveva in modo diverso da tanti altri, in modo diverso anche da noi, nelle sue quotidiane passeggiate in bicicletta alla ricerca del suo mondo fatto di semplicità, di poche parole e pochi contati – scrive il nipote – La sua scelta di voler vivere da solo nonostante la sua eterna sofferenza legata a problemi di salute che lo affliggono da quand’era ragazzo”. “Ma questo non dava  diritto a nessuno di colpirlo: la diversità di essere, la debolezza o la solitudine non può giustificare nessuna violenza o ritorsione o sopraffazione – si sfoga – Tutta la famiglia ha sempre seguito e sofferto, dopo la scomparsa dei miei nonni, le sorti dello zio Giuseppe, mai abbandonato, ma sostenendolo e accudirlo, difeso per quanto possibile, dai continui e assurdi attacchi dei balordi di turno che trovano divertente, come se fosse una partita a video game, attaccare un povero essere umano indifeso, per dare sfogo a tutta la loro stupidità”. E ancora: “Ma questo non è più un gioco di ragazzi, questa è barbarie, questa è mostruosità, questa è inciviltà. Noi non possiamo tacere o ignorare questa nuova assurdità, abbiamo il diritto di salvaguardare i nostri anziani vittime assurde ed ignare d’uno spirito accecato di rappresaglia: una parola che pensavamo cancellata per sempre dal vocabolario umano, una parola che rispunta come un mostro nella nostra città”. “Questo è un momento di tristezza, di umiliazione, quasi di sconfitta. Ci guardiamo attorno e, francamente, non riusciamo a capire perché non si ha il coraggio di gridare contro la violenza, contro qualunque violenza – dice – Non riesco a capire perché solo piangere sulle sofferenze di un parente, di un amico e lasciare, chi gode dei vili e barbari gesta, nel silenzio omertoso di chi sa e tace. Tutto questo è fuori da ogni prospettiva cristiana, è dentro ad un’ottica di solo barbarie. Scrivo senza timori, scrivo nel nome di queste vittime indifese, nel nome dei parenti disorientati e distrutti su versanti opposti, nel nome di una civiltà che non può avanzare se dimentica o cancella l’insegnamento del vivere civile”.