Licata

Beni confiscati alla mafia, Licata può essere il punto di partenza della rivoluzione

Si è sempre sottovalutata l’importanza di approfondire determinate tematiche nell’ambito della confisca, della valorizzazione e del riutilizzo dei beni confiscati alla mafia in provincia di Agrigento.

Una specie di alone di velata diffidenza aleggia nei confronti di un mondo che  spesso appare così distante dalla realtà quotidiana di ogni cittadino ma che, se compreso, studiato ed emulato, potrebbe portare a straordinari risultati in termini di risparmio economico per le amministrazioni, creazione di posti di lavoro oltre alla coltivazione di un sempre più crescente senso civico riassunto dal messaggio dettato da una confisca di un  bene: togliere alla mafia e restituire alla collettività. Sebbene negli ultimi anni si siano fatti notevoli passi avanti è ancora scarsa la percezione di concreta utilità che possa derivare del meccanismo della confisca dei beni: poca trasparenza, poca conoscenza, poca lungimiranza.

Se è vero che sono di straordinaria importanza le innumerevoli occasioni di incontro con istituzioni, di convegni organizzati in tematiche di confisca è altrettanto vero che tutto questo non può restare confinato solamente nel campo della teoria. E’ necessario, dunque, un cambio di passo da parte di tutti: istituzioni, cittadini e della stessa stampa che per troppo tempo ha considerato questo campo di serie B.

In provincia di Agrigento – nel corso degli ultimi anni – sono state diverse le confische di beni nei confronti della mafia. Il caso più critico, e numericamente parlando, più rilevante è Licata.  Ben 106 sono infatti gli immobili trasferiti al patrimonio comunale, di cui 94 acquisiti solo nell’ultimo anno; un incremento (di circa l’800%) che porta la città di Licata al primo posto, in provincia di Agrigento, per numero di beni confiscati alla criminalità organizzata e che è destinato a lievitare ancora con la possibile acquisizione di ulteriori 23 immobili attualmente in gestione da parte dell’Agenzia nazionale beni confiscati (ANBSC). Si tratta di un tesoro enorme che conta un numero significativo di terreni agricoli (76) e terreni di altra natura (9), anche con fabbricati rurali (7), oltre che diversi appartamenti indipendenti (2) e in condominio (6), magazzini e vari locali di deposito (6). 

Un esempio di speranza in un territorio difficile lo sta dando indubbiamente l’associazione licatese “A Testa Alta”. Da diversi anni impegnata nel tortuoso cammino di sensibilizzazione e denuncia contro le mafie nell’agrigentino l’associazione dal 2014 ha promosso una serie di azioni in tema di trasparenza, riutilizzo e valorizzazione dei beni confiscati alla mafia: dalla raccolta dei dati finalizzata al monitoraggio degli immobili confiscati trasferiti ai comuni agrigentini, all’organizzazione di incontri di approfondimento presso le scuole del territorio e di dibattiti pubblici con cittadini e rappresentanti delle istituzioni, passando per la diffusione di documenti audiovisivi autoprodotti e per altre iniziative di sollecitazione degli amministratori e delle varie forze politiche presenti in consiglio comunale. 

Con riferimento al Comune di Licata, il lavoro di analisi svolto da A testa alta dal settembre 2014, oltre a mettere in risalto le numerose anomalie indicate in un report presentato all’Amministrazione ed evidenziate poi nel documentario-denuncia “Confiscati e abbandonati” – per il quale l’associazione ha ricevuto il primo premio al Contest “Ripreso Bene” di “OnData” dalle mani del procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri – ha portato alla presa di coscienza di un problema, rendendo possibile l’adozione, da parte del Comune, di una serie di importanti provvedimenti: a) pubblicazione dell’elenco previsto dall’art. 48 del Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione; b) realizzazione della mappatura georeferenziata dei beni immobili confiscati nel territorio comunale; c) adozione del regolamento per l’affidamento in concessione dei beni confiscati alla mafia; d) adesione al Consorzio Agrigentino per la Legalità e lo Sviluppo, costituito allo scopo di superare le difficoltà finanziarie e organizzative connesse alla gestione dei beni confiscati; e) conferimento al patrimonio del Consorzio intercomunale dei terreni confiscati di Contrada Sottofari (confiscato a Rosario Meli) e di Contrada Sconfitta (confiscato a Giuseppe Falsone); f) trasferimento della sede della locale Sezione Circoscrizionale per l’Impiego e il Collocamento in Agricoltura presso un immobile confiscato alla mafia, con un risparmio di spesa di 51.000 euro annui per canoni di locazione, di cui circa 31.000 euro a carico del Comune di Licata e 20.000 euro circa a carico del Comune di Palma di Montechiaro; g) emanazione di una direttiva, la n. 17 del 03-03-2015, finalizzata a rimuovere le criticità segnalate dall’Associazione nel proprio report.

Sollecitate dalle denunce sporte dall’Associazione, anche le Forze dell’ordine, con l’attuazione di servizi mirati, hanno intensificato la propria attività investigativa e repressiva a salvaguardia dei beni comuni e, in particolare, a tutela della correttezza delle procedure di gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata; emblematico, al riguardo, il caso del sequestro preventivo, operato dai Carabinieri, del terreno di Contrada Passarello (confiscato a Salvatore Alabiso) trasferito al Comune di Licata nell’anno 2000 per l’uso “istituzionale” di «vivaio di essenze arboree e/o di fiori in serre da piantumare e per rimboschimento», ma che di fatto risultava adibito a discarica di rifiuti speciali e al sotterramento di carcasse di cani ed equini rinvenuti nel territorio comunale. Le indagini sono tutt’ora in corso sotto il coordinamento della Procura di Agrigento.

Tuttavia, a fronte di tali interventi e risultati positivi, permangono talune criticità che richiedono soluzioni adeguate e tempestive. Una di queste è rappresentata, ad esempio, dall’edificio di Corso Brasile (confiscato a Paolo Greco), composto di un piano terra e di tre piani superiori, estesi circa 150 mq. ciascuno, acquisito dal Comune di Licata nell’anno 2003. Il piano terra è stato ristrutturato negli anni 2009/2010 con risorse messe a disposizione dalla Regione Siciliana, nell’ambito di un più ampio finanziamento, di circa 2,5 milioni di euro, che prevedeva anche la ristrutturazione di altri due immobili per la creazione di una rete territoriale di front-office da destinarsi ai servizi integrati sociali e sanitari. Nonostante gli interventi eseguiti, i locali sono rimasti incomprensibilmente chiusi e inutilizzati, con conseguente deterioramento ed eventuale danno erariale, rappresentato anche dalla non corretta utilizzazione delle risorse pubbliche, dall’inutile spesa per canoni di locazione corrisposti per l’utilizzo di strutture private e dalla lesione all’immagine della P.A. Ma la casistica di immobili confiscati acquisiti al patrimonio del Comune di Licata e lasciati in condizioni di totale abbandono è ampia, e i beni trasferiti per finalità sociali sono tra i più esposti: ad esempio, non è stato compiuto alcun atto necessario al corretto impiego del fabbricato e del terreno di Contrada Pisciotto Carrubella, rispettivamente di mq. 220 e mq. 580, confiscati a Salvatore Alabiso e trasferiti all’Ente nel lontano 2002 né di altri terreni, acquisiti tra il 2006 e il 2013 per essere destinati a scopi sociali.

E il timore è che il Comune si trovi impreparato ad attuare con immediatezza gli interventi finalizzati al riuso e alla rifunzionalizzazione di questi beni. L’esperienza passata dimostra infatti la trascuratezza delle amministrazioni succedutesi al governo della città nel lasciare in uno stato di deplorevole abbandono la quasi totalità dei terreni e degli appartamenti confiscati alla mafia. Il problema non dipende dall’insufficienza di risorse, ma piuttosto da una incapacità di programmazione e di progettazione a medio-lungo termine e da una inammissibile mancanza di controlli da parte delle Autorità preposte a garantirli.

Gli esempi possono essere desunti dall’esperienza di monitoraggio civico acquisita in questi anni dall’associazione sul territorio licatese.

“Regalato” al degrado l’edificio di Corso Brasile (confiscato a Paolo Greco), composto di un piano terra e di tre piani superiori, estesi circa 150 mq. ciascuno, acquisito dal Comune di Licata nell’anno 2003. Il piano terra è stato ristrutturato negli anni 2009/2010 con risorse messe a disposizione dalla Regione Siciliana, nell’ambito di un più ampio finanziamento, di circa 2,5 milioni di euro, che prevedeva anche la ristrutturazione di altri due immobili per la creazione di una rete territoriale di front-office da destinarsi ai servizi integrati sociali e sanitari. Nonostante gli interventi eseguiti, i locali sono rimasti incomprensibilmente chiusi e inutilizzati, con conseguente deterioramento ed eventuale danno erariale, rappresentato anche dalla non corretta utilizzazione delle risorse pubbliche, dall’inutile spesa per canoni di locazione corrisposti per l’utilizzo di strutture private e dalla lesione all’immagine della P.A.

Abbandonati e lasciati pericolosamente alla mercé di chiunque, gli appartamenti sovrastanti, uno dei quali, sulla carta, almeno fino alla pubblicazione del documentario-denuncia “Confiscati e abbandonati”, risultava destinato a una non meglio precisata “famiglia di indigenti”. Le immagini del sopralluogo della Polizia di Stato, effettuato nel luglio del 2017 nell’edificio su richiesta dell’associazione, restituiscono con forza uno scenario di totale incuria e degrado.

La proposta sostenuta dall’associazione A testa alta con maggiore insistenza nel corso degli incontri con la nuova Amministrazione è quella di attivare un piano di interventi diretto alla ristrutturazione/riqualificazione degli immobili confiscati, dando priorità a quelli di più risalente acquisizione. Si rende quindi necessaria l’effettuazione di sopralluoghi da parte del personale tecnico comunale per rilevare lo stato di fatto degli immobili e, in particolare, per eseguire la valutazione del degrado degli elementi strutturali e non strutturali.

Questa prima ricognizione consentirà, inoltre, di eseguire i rilievi occorrenti alla stesura di progetti per la partecipazione a bandi europei, nazionali o regionali; e ciò, per impedire che si ripetano gli errori del passato. Le altre richieste avanzate dall’associazione A testa alta riguardano: la pubblicazione dell’Albo speciale istituito con il “Regolamento per la disciplina della concessione dei beni confiscati alla mafia” (art. 3), approvato dal Consiglio Comunale con delibera n. 70 dell’08-09-2015; l’aggiornamento dell’elenco previsto dall’art. 48, Codice Antimafia; la georeferenziazione dei beni confiscati trasferiti al Comune nell’anno 2018; la presentazione della manifestazione di interesse ad acquisire ulteriori beni immobili confiscati in via definitiva; l’adozione di una nuova direttiva sulla gestione dei beni confiscati, prevedendosi controlli periodici da parte della Polizia Municipale al fine di accertare eventuali turbative nel possesso da parte di terzi sia in relazione agli edifici che ai terreni trasferiti al Comune di Licata; l’organizzazione di incontri di formazione sulla gestione dei beni confiscati, al fine di fornire alla cittadinanza supporto alla creazione di cooperative per la gestione dei terreni confiscati da parte di agricoltori e giovani disoccupati.

Se n’è parlato, e se ne parlerà, in una serie di incontri, voluta dall’associazione licatese, per definire – insieme agli amministratori e ai tecnici comunali preposti – priorità e obiettivi delle azioni da intraprendere nella gestione dei beni confiscati alla mafia.