Palermo

Operazione “Corsa Nostra”: gare truccate all’ippodromo, nove arresti (vd e ft )

Le mani di Cosa Nostra sulle corse dei cavalli.

Il Gip del Tribunale di Palermo, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, ha disposto nove misure cautelari, eseguite dai carabinieri, nei confronti di persone accusate a vario titolo di concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori aggravato in concorso e frode in competizioni sportive.

Antonino Porzio
Domenico Zanca
Giovanni La Rosa
Giovanni Niosi
Giuseppe Greco
Massimiliano Gibbisi
Natale Cintura
Salvatore La Gala
Gloria Zuccaro

In carcere sono stati condotti: Natale Cintura, 53 anni, Massimiliano Gibbisi, 48, Giuseppe Greco, 62, Salvatore La Gala, 66, Giovanni La Rosa, 66, Giovanni Niosi, 64, Antonino Porzio, 57, Domenico Zanca, 48. Ai domiciliari è finita Gloria Zuccaro, 38 anni.

L’inchiesta, denominata convenzionalmente “Corsa nostra”, ha accertato come la mafia controllasse l’ippodromo di Palermo.

"Operazione Corsa Nostra"
"Operazione Corsa Nostra"
"Operazione Corsa Nostra"

L’inchiesta, coordinata dal Procuratore aggiunto Salvatore De Luca e dai pm Roberto Tartaglia, Amelia Luise e Annamaria Picozzi denominata “Corsa Nostra”, è la naturale prosecuzione del blitz “Talea” del dicembre 2017. L’indagine ha consentito di “documentare come cosa nostra esercitasse un controllo sull’ippodromo di Palermo, come dicono gli inquirenti. 

Tra gli indagati ci sono anche persone “insospettabili”: allenatori ma anche gestori di scuderie. Fra loro c’è anche una delle promesse dell’ippica, Gloria Zuccaro, finita ai domiciliari. Molti dei summit avvenivano proprio all’interno delle scuderie per eliminare il pericolo di essere intercettati. 

Non solo. I Carabinieri, che hanno eseguito le misure emesse dal Gip, hanno anche scoperto che i boss avrebbero truccato le gare all’ippodromo di Follonica, Grosseto (la quarta del 28 aprile 2017) e in quello di Taranto (la seconda e la quinta del 10 dicembre 2016).

L’inchiesta, che ha riguardato fantini, titolari di scuderie e allenatori, ha svelato un sistema di gare truccate gestite da Cosa nostra che decideva quale cavallo dovesse vincere e intascava i soldi delle scommesse.

Gli interessi della mafia sull’ippodromo di Palermo erano emersi già in una indagine della Dda che, nei mesi scorsi, portò all’arresto, tra gli altri, del boss di San Lorenzo Giovanni Niosi.

I carabinieri, intercettando il capomafia, accertarono i suoi rapporti con alcuni personaggi molto conosciuti nel mondo dell’ippica a Palermo, come Giuseppe Greco, che avrebbe accompagnato più volte Niosi a summit di mafia, Domenico Zanca e la giovane fantina Gloria Zuccaro, tutti arrestati oggi dai carabinieri.

L’attività d’indagine, denominata convenzionalmente Corsa nostra, costituisce l’approfondimento di alcuni elementi investigativi acquisiti nell’ambito dell’operazione Talea, che, a dicembre del 2017, aveva portato alla disarticolazione degli organigrammi dei mandamenti mafiosi palermitani di “San Lorenzo” e di “Resuttana” e che aveva già fatto parzialmente emergere anche le infiltrazioni di cosa nostra all’interno dell’ippodromo “La Favorita” di Palermo.

Lo sviluppo di tali elementi investigativi – che avevano portato il Prefetto di Palermo all’emissione, in via preventiva, di una misura interdittiva antimafia, il 09.12.2017, nei confronti della società privata che gestiva l’ippodromo – consentiva ai militari del Nucleo investigativo di Palermo di documentare come l’associazione mafiosa esercitasse sull’ippodromo di Palermo un controllo pressoché totale:

richiedendo, attraverso addetti del settore “vicini”, una percentuale del volume d’affari dell’ippodromo, quantificabile in 4.000 (quattromila) euro al mese;

manipolando le corse ippiche attraverso alcuni storici fantini, vicini agli affiliati mafiosi, i quali minacciavano i colleghi in modo da alterare il risultato;

lucrando sulle scommesse relative alle corse ippiche, effettuate sia presso gli sportelli presenti all’interno dell’ippodromo sia presso la rete delle agenzie esterne dislocate sul territorio, facendo confluire le relative vincite nelle casse dell’organizzazione mafiosa.

In particolare, le indagini facevano emergere che i responsabili di tutte le attività relative all’ippodromo per conto di Cosa nostra fossero prima Giovanni Niosi e poi Sergio Napolitano, entrambi – in periodi diversi, già reggenti del mandamento di Resuttana.

I due uomini d’onore, in periodi storici diversi, si facevano affiancare da soggetti intranei al mondo delle corse ippiche (Niosi da Giuseppe Greco, mentre Napolitano da Massimiliano Gibbisi e da Salvatore La Gala) i quali si adoperavano per veicolare le direttive e far sì che diversi titolari di scuderie e fantini compiacenti ponessero in essere una serie di condotte fraudolente e di intimidazioni nei confronti degli altri colleghi finalizzate a consentire al prescelto di Cosa nostra di vincere la gara.

Nel caso in cui uno dei fantini non si fosse sottomesso alle indicazioni provenienti dagli esponenti mafiosi, venivano poste in essere gravi ritorsioni nei suoi confronti: dalle minacce di morte (come rivelato dalle intercettazioni eseguite in questo segmento di indagine), agli attentati intimidatori (le investigazioni consentivano di accertare che ad uno di essi era stato bruciato un furgone per il trasporto cavalli) e alle aggressioni (i collaboratori di giustizia Vitale, Macaluso e Galatolo parlano di veri e propri pestaggi eseguiti nei confronti dei fantini).

Le indagini hanno consentito anche di accertare che almeno quattro corse ippiche, svolte tra il 2016 e il 2017 negli ippodromi di Palermo, Follonica e di Taranto, erano state palesemente truccate su mandato degli uomini d’onore siciliani.

Veniva accertato anche che grazie a queste alterazioni dei risultati delle corse ippiche, Cosa nostra realizzava ingenti profitti attraverso le scommesse: in particolare, Sergio Napolitano si avvaleva di Massimiliano Gibbisi al quale consegnava il denaro e le indicazioni sulle puntate da effettuare. Napolitano, però, si raccomandava di effettuare le scommesse in gran segreto, per evitare che gli appassionati del settore, a conoscenza di tale meccanismo di controllo, effettuassero le stesse puntate facendo emergere l’anomalia dai sistemi elettronici del Ministero (anomalia che avrebbe potuto comportare la sospensione della gara).

Nell’attuale provvedimento restrittivo viene contestato il concorso esterno nell’associazione mafiosa ad alcuni proprietari di scuderie e ad alcuni fantini, quali Natale Cintura, Giuseppe Greco, Salvatore La Gala, Giovanni La Rosa, Antonino Porzio e Domenico Zanca per aver collaborato, in un vasto arco temporale, con gli affiliati mafiosi al fine di realizzare il pieno controllo delle corse ippiche.

Gli attuali sviluppi investigativi hanno permesso, quindi, di contestare:

il concorso esterno in associazione per delinquere di tipo mafioso nei confronti di due proprietari di scuderie e di 5 fantini; la frode in competizioni sportive a 3 degli odierni indagati, avendo alterato complessivamente il risultato di almeno 4 corse ippiche avvenute, tra il 2016 e il 2017, presso gli ippodromi di Palermo, Taranto e Follonica; il trasferimento fraudolento di valori aggravato in concorso, avendo i due uomini d’onore sopra citati trasferito la titolarità dei loro 3 cavalli da corsa a due prestanome. Tali animali, contestualmente all’esecuzione delle misure cautelari personali, dovranno essere sottoposti a sequestro in quanto costituenti prodotto/profitto del reato.

Sono stati sequestrati i cavalli ‘Ronny Alter’ della scuderia di Gloria Zuccaro e ‘Rarissima Slid sm’ e ‘Salice del Rum’ della scuderia di Giuseppe Greco.

Operazione “Corsa Nostra”: gare truccate all’ippodromo, 9 arresti