Palermo

Operazione “Gioielli di famiglia”, fermata la scalata del “boss della carne” Formoso: sei arresti (intercettazioni)

La figura di Pietro Formoso torna terribilmente di attualità. Fermata la scalata di un nuovo boss di Palermo, Pietro Formoso, fratello di due protagonisti della stagione stragista, ‘re’ della carne all’ingrosso e del traffico di droga, che si dava molto da fare anche nel settore dell’oro e dei preziosi. Sequestrati beni per un valore di 850 mila euro, comprese aziende del settore della vendita all’ingrosso di carne – che veniva piazzata e imposta nei supermercati di Palermo e provincia – di oro e oggetti preziosi, che avevano evaso l’Iva e l’imposta sul reddito. In azione finanzieri del Nucleo speciale di Polizia valutaria e del Nucleo di Polizia Economico-finanziaria, del Gruppo carabinieri di Palermo e della Compagnia di Bagheria: in tutto un centinaio di uomini, con l’ausilio di unita’ cinofile per la ricerca di armi ed esplosivi. Proprio Formoso, dunque, e’ al centro dell’inchiesta di oggi, coordinata dalla Dda di Palermo: fratello di Giovanni e Tommaso, entrambi condannati all’ergastolo per aver partecipato alle stragi del 1993, e’ ritenuto un esponente di elevato calibro criminale, gia’ raggiunto da numerose sentenze definitive per associazione finalizzata al traffico di droga, per le quali e’ ancora detenuto. Dal carcere avrebbe continuato a gestire gli affari grazie al sistema dei ‘pizzini’. Un profilo pericoloso confermato anche da alcuni collaboratori di giustizia, concordi nel ritenerlo coinvolto nel contesto mafioso di Misilmeri e palermitano, oltre che dotato di notevole capacita’ economica frutto delle sue attivita’ illegali.

 

Sino a oggi a Formoso non era mai stata contestata l’accusa di mafia. Il suo nome era gia’ emerso per operazioni sospette nell’ambito di approfondimenti svolti, in materia antiriciclaggio. Approfondimenti che adesso hanno permesso di documentare la sua partecipazione alle attivita’ della cosca mafiosa di Misilmeri, con il ruolo di referente per il traffico internazionale di stupefacenti proveniente dalla Spagna e dalla Colombia e per le estorsioni nei confronti di imprenditori locali, nonche’ per aver autorizzato l’affiliazione di soggetti a Cosa nostra; le attivita’ estorsive ai danni di un imprenditore palermitano, al quale sono stati richiesti 100 mila euro, quale asserito corrispettivo per l’acquisto di pietre preziose, gia’ saldate in passato; frodi da parte di imprenditori finalizzate ad evadere il fisco. Tra gli indagati ci sarebbero anche un ispettore di polizia, per il quale e’ scattato il divieto di dimora a Palermo, accusato di omessa denuncia perche’ non avrebbe dato seguito alla segnalazione di merce rubata rivenduta in un compro-oro; e l’avvocato di Formoso che avrebbe agito da ‘postino’, prestandosi a un passaggio di pizzini tra lui e il suo cliente. Accertato anche il comportamento di un operatore nel settore dei compro oro finalizzato ad assicurarsi un atteggiamento di favore da parte degli organi di controllo.

In particolare, le risultanze investigative hanno permesso di ricostruire la pretesa economica avanzata da Formoso all’imprenditore (che origina dalla cessione a quest’ultimo da parte dell’indagato di gioielli del fratello Giovanni) e di chiarire il sistematico apporto fornito nella fase di riscossione del denaro da parte di altre persone, notoriamente inserite in contesti mafiosi e che hanno commesso con ‘metodo mafioso’ pressioni e intimidazioni nei confronti della vittima. Una ulteriore conferma dello spessore del boss in ascesa.

Ingenti somme di denaro sono state sequestrate.  Si tratta di somme di denaro depositate su conti correnti “riconducibili ad imprese individuali, operanti nel settore della vendita all’ingrosso di carne e della vendita di oro ed oggetti preziosi, che avevano omesso il versamento dell’IVA e dell’imposta sul reddito, per un importo totale di circa 850.000 euro”, dicono gli inquirenti.

I provvedimenti sono scattati per Lorenzo D’Arpa 58 anni, Paolo Dragna, 64 anni, Pietro Formoso, 69 anni, Francesco La Bua, 68 anni, Pietro Morgano, 70 anni e Vincenzo Meli, 66 anni. Nei confronti di Francesco Paolo Migliaccio, il gip del Trinbunale di Palermo ha imposto il divieto di dimora nel territorio del Comune di Palermo e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.