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Palma di Montechiaro, tentato omicidio Provenzani: accusati fanno scena muta

Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere al gup del Tribunale, Alfonso Malato, che li ha interrogati in carcere, Domenico Sambito, 67 anni e Salvatore Ingiaimo, 28 anni entrambi di Palma di Montechiaro, accusati del  tentato omicidio ai danni di Diego Provenzani, avvenuto lo scorso 13 dicembre in Palma di Montechiaro, nei pressi di Marina di Palma. Secondo gli inquirenti sarebbero loro due presunti esecutori materiali del fatto criminoso.

L’operazione denominata “Survivor” che vuol dire sopravvissuto la dice lunga in che ambito si è mossa la Squadra mobile di Giovanni Minardi e il personale del Commissariato di Ps di Palma guidato da Angelo Cavaleri. In effetti, Diego Provenzani può, a ben ragione, ritenersi un sopravvissuto di quella che fu una lotta intestina tra la mafia e la stidda di Palma di Montechiaro. Sopravvissuto anche con riferimento all’agguato che gli è stato teso tenuto conto che un vero e proprio miracolo gli ha salvato la vita.

Il tentato omicidio per gli inquirenti della Squadra Mobile di Agrigento, guidata da Giovanni Minardi, e del Commissariato di Palma, agli ordini di Angelo Cavaleri, affonda le sue radici nel desiderio di vendetta per un “torto” subito 29 anni fa quando l’armeria di Domenico Sambito, uno degli odierni arrestati (in verità titolare era la moglie) subì un furto di cinque pistole, quattro delle quali vennero restituite. Correva l’anno 1997.

Erano i tempi in cui a Palma di Montechiaro la vita di un uomo valeva meno di niente e le agguerrite consorterie locali, sia esse stiddare che mafiose, avevano deciso di sconquassare il loro mondo interno a suon di omicidi e stragi.

E i clan si rifornivano di armi senza badare per il sottile: rapine e furti in armerie, acquisti all’estero, specie in Belgio (comparvero così i micidiali mitra Uzi).

Provenzani finisce dentro questo meccanismo perché non comprende che Sambito ha la memoria lunga, come il rancore. E ha giurato di fargliela pagare per la mancata restituzione della quinta pistola, poi rinvenuta con matricola abrasa, e per non averla adeguatamente pagata dopo che venne abrasa la matricola e resa inservibile.

Questo lo scenario del tentato omicidio e questi i dettagli: decisiva per le indagini l’Alfa 159 usata dai due sicari (guidata da Salvatore Ingiamo, 28 anni, incensurato, parrucchiere) e alcune  telecamere poste nella zona dell’agguato e due testimoni. I poliziotti ricostruiscono tutto:  l’inseguimento, Provenzani che prova a scappare, e fa inversione a U. I sicari, impassibili e crudeli, lo inseguono e lo fanno cadere sparandogli. Sei colpi sono stati contati quante le ferite della vittima.

Di seguito, in sintesi, la figura della vittima dell’agguato:

“L’HASHISHATO”. E’ figura di rilievo nel panorama criminale di Palma di Montechiaro, Diego Provenzani, 49 anni, detto l’hascisciatu” (per l’uso di stupefacenti) o “patata”, l’uomo ferito lo scorso 14 Dicembre a pistolettate da ignoti sicari che lo hanno raggiunto mentre stava percorrendo a bordo del suo scooter la strada che dal paese porta a Marina di Palma. Di notevole spessore il suo fascicolo personale che pur contempla due assoluzioni per fatti gravissimi come l’omicidio del maresciallo dei carabinieri, Giuliano Guazzelli e la strage di Capodanno compiuta dagli stiddari all’interno del Bar 2000 gestito dalla famiglia Allegro. E nonostante sia uscito indenne da numerose chiamate in correità per omicidio e tentato omicidio da numerosi pentiti, Provenzani annovera anche condanne pesanti come quella subita nell’ambito del processo “Palma import” la cui sentenza così descrive il personaggio:

“Diego Provenzani venne processato dalla Corte d’Assise di Agrigento, nell’ambito del dibattimento “Alletto Croce + 77”, e condannato per vari delitti, tra i quali quello di cui all’art. 416 bis c.p. e quello relativo alla strage, avvenuta a Palma di Montechiaro il 31 dicembre 1991, ricordata come “la strage di S. Silvestro”, ovvero come “la strage del bar 2000”.  All’esito di un complesso iter giudiziario, il medesimo è stato infine assolto da quest’ultima imputazione, per carenza di sufficienti riscontri individualizzanti, mentre è divenuta definitiva, a suo carico, la condanna per associazione mafiosa. Appare opportuno, a questo punto, trascrivere di seguito il brano argomentativo della sentenza scritta dai primi Giudici. A suo carico gravano innanzitutto le dichiarazioni degli imputati di reato connesso ed in particolare quelle di Gioacchino Benvenuto, Giuseppe Croce Benvenuto e Giovanni Calafato che, essendo anch’essi di Palma ed inseriti nel medesimo contesto criminale, ben conoscono l’odierno imputato. Benvenuto Gioacchino, fratello del più noto Giuseppe Croce, ha dichiarato che Diego Provenzani faceva parte dello stesso suo “paracco” (ossia una cosca a Palma di Montechiaro ndr), termine con cui, come si è visto in altra parte della sentenza, i collaboratori di Palma di Montechiaro indicano quelle bande di giovani palmesi inizialmente dediti alle rapine e successivamente alleatesi con il gruppo di Cosa nostra della corrente Sambito, contrapposta a quella predominante dei Ribisi. A questo riguardo, anche  Giuseppe Croce Benvenuto conferma che Provenzani entrò a far parte del gruppo degli emergenti di Palma su presentazione di Croce Alletto ed aggiunge che in quell’ambito criminale era conosciuto come “l’hashishatu” in quanto dedito all’uso di sostanze stupefacenti. Questa particolare circostanza, oltre ad essere confermata anche dal collaboratore Costanza, trova un preciso riscontro nelle dichiarazioni rese in sede di esame dagli imputati Alotto e Di Rocco i quali ammettono che effettivamente il Provenzani veniva chiamato con il suddetto soprannome. Aggiunge il Di Rocco che altro nome usato dall’imputato era Giovanni. Calafato, a sua volta, afferma che era pure soprannominato “Patata”.

LA SVOLTA. Gli agenti sarebbero riusciti ad individuare anche l’autovettura, presumibilmente utilizzata per l’agguato, dal gruppo di fuoco. Sull’automobile sono stati compiuti rilievi scientifici concentrati alla ricerca di eventuali tracce.  Inoltre, nel corso di alcune perquisizioni domiciliari sono stati sequestrati diversi materiali e vestiario, di interessE investigativo.

Di sicuro, solo per miracolo è scampato alla trappola mortale dei sicari. Chi ha premuto il grilletto ha atteso con pazienza che l’uomo passasse all’altezza del bivio per Marina di Palma. Conoscevano già i suoi movimenti e lo hanno aspettato, e quando lo scooter Scarabeo guidato dal palmese, è sfilato davanti, uno dei killer seduto al posto passeggero di un’auto, ha cominciato a sparare. Esplosi quattro colpi di pistola calibro 9, almeno tre andati a segno. Anche se i fori rinvenuti sul corpo del palmese sono stati complessivamente quattro. Uno dei quali dal braccio, avrebbe attraversato l’addome.  Sul luogo dell’agguato sono stati trovati e sequestrati dalla polizia Scientifica, tre bossoli e un’ogiva di una calibro 9. Una seconda ogiva dello stesso calibro è stata recuperata in ospedale.

I dettagli saranno illustrati in una conferenza stampa che si terrà in Questura alle ore 11:00.