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Palma di Montechiaro, scoppia il caso “Castello”: lettera dell’amministratore Vallesinella

Del caso se ne stanno occupando anche “Le Iene”, la famosa trasmissione televisiva di Italia1. L’inviato Michele Cordaro ha intervistato l’ex sindaco di Palma di Montechiaro, Rosario Gallo, in merito alla questione sull’esproprio del Castello Chiaramonte. Il Comune, nel 2007, decise di espropriare l’antico monumento, acquisendolo al suo patrimonio indisponibile. 

Roberto Bilotti Ruggì d’Aragona,amministratore unico della società Vallesinella s.a.s. si è rivolto alla Corte Europea di Strasburgo per rivendicare il ritorno del possesso del trecentesco fortilizio chiaramontano.

Ecco la missiva inviata dall’amministratore unico Bigotti Ruggì:

Il Comune di Palma, mentre era in trattativa d’acquisto del castello al prezzo richiesto calcolato su precedenti di mercato come per legge (Torre di Salaparuta, castello di S. Nicola, ecc) sferra l’esproprio di cui non ne aveva competenza (per i beni culturali è del Ministero e in Sicilia dell’Assessorato) basandosi su una valutazione UTE (ufficio tecnico erariale) paradossale, che dichiara “non si conosce il mercato relativo”, e ancor più incredibilmente “il valore non tiene conto dei pregi storico, artistico, architettonici e ambientali propri del compendio” come se si dovesse valutare la Pietà di Michelangelo e ci si basasse sul solo prezzo del marmo senza considerare il profilo artistico. 

La società Vallesinella sas proprietaria ricorre al TAR che ne ordina la restituzione in quanto “il Comune lo detiene illegittimamente”. 

Il Comune allora ricorre ad una legge dichiarata incostituzionale l’art. 43 (“acquisizione sanante”) che prevede l’acquisizione al valore di mercato per beni “trasformati” però questa non è applicabile ai Beni Culturali, in quanto in Italia il MIBACT prevede esattamente l’opposto, cioè il restauro : “rimettere nelle condizioni originarie” che è l’opposto della trasformazione cioè ha deciso di “provocare una forma totalmente diversa dall’originaria”. 

L’atto ex art 43 messo a segno dal Comune paradossalmente dichiara  che “sono stati attuati lavori irreversibili di trasformazione” questi effettivamente hanno “trasformato” il castello medioevale dei Chiaromonte, passato ai Moncada d’Aragona e quindi attraverso i Caro ai Tomasi di Lampedusa duchi di Palma cancellandone gli elementi storici.

Il castello veniva effettivamente “trasformato” : il cemento copre gli elementi chiaromontani, l’intonaco a disegni bizzarri rimodula il portale, le antiche murature in pietra che dopo poco hanno iniziato ad espellerlo anche loro schifate, le finestre archiacute divenute quadrate, la scala chiaromontana scavata nella roccia – lo stile dal nome della famiglia che lo ha edificato si caratterizza nell’inglobale elementi naturalistici adattando le costruzioni alla morfologia del sito  – la scala è stata ricostruita in cemento armato in posizione opposta e in difformità al progetto approvato.  e oggi giace vuoto, in abbandono, in parte inagibile, privo dell’Ecomuseo della macchia mediterranea che doveva essere l’interesse pubblico.

Già nel 2004- 2005 Italia Nostra dichiarava: “un restauro che cancella la storia”; l’Espresso “c’è del Marcio a Montechiaro”; La Repubblica “Il restauro -beffa, poi la rovina sos dal castello del Gattopardo”; Sgarbi: “Un Paese Sfigurato”; Daverio: I Normanni in Sicilia “la rovina del castello di Montechiaro”, due interrogazioni di Cardinale e Fragalà al Ministro Beni Culturali  che ha dichiarato l’incompetenza territoriale per l’Autonomia della Regione che tutto assoggetta alle dinamiche politiche invece di quelle della competenza. perfino il CGA Consiglio di Giustizia Amministrativa un terzo dei componenti sono eletti dalla politica, dal presidente della Regione, e non si può ricorrere al Corte d’Appello come nel resto del Paese.

L’esproprio del castello di Montechiaro attuato dal Comune è stato dichiarato illegittimo dall’Assessorato Beni Culturali – unico competente in materia – con due note a firma del Dirigente generale Dr. Antonino La Lumia.

 

Due conferenze di Servizi indette dal Dirigente Generale dell’Assessorato BBCC, avv. Romeo Palma,  dichiarano che “il sindaco di Palma regolarmente invitato non si è presentato” hanno provato a dare una destinazione museale al castello con una dotazione permanente e mostre ed eventi temporanei che avrebbero aperto il castello verso il turismo e creando per i palmesi un’occasione indotta di crescita economica. L’Assessorato dopo aver effettuato un istruttoria sui soci e aver verificato che sono tra i più importanti operatori culturali con le Istituzioni in Italia e che inserire Palma nelle loro attività  sarebbe stato per i palmesi e per il castello una grande opportunità. Ma il Comune ha scelto la chiusura verso l’esterno e verso nuove opportunità, ha attuato la “trasformazione” che ha suscitato l’indignazione degli operatori culturali, la rovina, l’abbandono.

Vallesinella ha sempre garantito l’apertura al pubblico e il perfetto stato della chiesa-santuario; ha effettuato lavori nella torre: a pag. 10 del “Progetto di restauro, relazione tecnica” della Soprintendenza parla dei “restauri che alcuni anni orsono sono stati condotti” da Vallesinella sas; la stessa non ha potuto ricostruire le 4 stanze, due lato mare addossate alla torre e due prospicenti l’ingresso perché la Soprintendenza prevedeva  che il “restauro è conservativo non riedificativo” invece il Comune ha scelto di costruire due stanze lato mare (oggi inagibili) lasciando a rudere quelle presso l’ingresso. Mentre il Comune trattava l’acquisto e la società proprietaria chiedeva il valore di mercato come per legge, il Comune valutava più conveniente tentare di “scipparlo” con una valutazione UTE che dichiarava di esserne incompetente e di non conoscere i valori di mercato di ca € 11 mq..

Il Comune di Palma delegittimando anche l’Assessorato ha continuato autoreferenzialmente la sua strada verso la rovina, la chiusura, l’abbandono. Le richieste dirette ai sindaci ad essere ricevuto per individuare una gestione congiunta sono rimaste tutte senza riscontro.”