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Mafia, tiene banco la vicenda del rigassificatore di Porto Empedocle

La questione rigassificatore è divenuta lo snodo cruciale dell’inchiesta antimafia “Icaro” che dieci giorni fa ha smantellato un gruppo mafioso molto pericoloso con un provvedimento cautelare che ha riguardato portandoli in carcere Antonino Iacono, 61 anni, indicato come il capo della “famiglia” di Agrigento; Francesco Messina, 58 anni, ritenuto il capo della “famiglia” di Porto Empedocle; Francesco Capizzi, inteso “il milanese”, 50 anni; Francesco Tarantino, inteso “Paolo”, 29 anni; Gioacchino Cimino, 61 anni, e Giuseppe Picillo, 53 anni, di Favara.
Il Gip del Tribunale di Palermo ha disposto inoltre gli arresti domiciliari
per Pietro Campo, 63 anni, di Santa Margherita Belice; Giacomo La Sala, 47 anni, anche lui di Santa Margherita Belice e per Emanuele Riggio, 45 anni, di Monreale. Obbligo di presentazione alla Pg, invece, per Vito Campisi, 45 anni, e Antonino Grimaldi, 49 anni, entrambi di Cattolica Eraclea; Santo Interrante, 34 anni, e Gaspare Nilo Secolonovo, 47 anni, di Santa Margherita Belice.
Lo abbiamo già accennato la settimana scorsa: l’indagine Icaro va coniugata con la questione rigassificatore. E i due avvisi di garanzia eccellenti, il sequestro del cantiere già messo su nella città marinara, sequestro della documentazione utile per lo sviluppo delle indagini, nomina di un consulente tecnico per esaminare e valutare il materiale ghiaioso utilizzato per realizzare l’opera.
La Direzione distrettuale antimafia di Palermo ha già messo le mani
sul rigassificatore di Porto Empedocle ancor prima della sua
costruzione ed ancor prima dell’operazione Icaro.
Il provvedimento, come è noto, è dei Pubblici ministeri della Dda di Palermo, Rita Fulantelli, Emanuele Ravaglioli e Geri Ferrara e riguarda due indagati di assoluto rilievo raggiunti da avviso di garanzia: Giuseppe Luzzio 58 anni di Viterbo ex amministratore delegato di Nuove energie Spa (proprietà Enel) ed Aurelio Cesareo 60 anni di Catanzaro, funzionario Enel, responsabile del cantiere sito in Porto Empedocle. I magistrati
ipotizzano il reato di frode nelle pubbliche forniture
con l’aggravante di aver favorito la mafia.

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