Beppe Montana, quel commissario “giurgintanu” ammazzato perchè faceva paura a Cosa Nostra

Giovedì prossimo, giorno 28 luglio, ricorre l’anniversario dell’uccisione del commissario Beppe Montana. Nato ad Agrigento nel 1951, figlio di un funzionario del Banco di Sicilia, si trasferì poi a Catania dove crebbe. Ottenne la laurea in Giurisprudenza e successivamente vinse il concorso per entrare nella Polizia.

Entrò a far parte della squadra mobile di Palermo ed in seno a questa fu posto alla testa della neonata sezione “Catturandi”, che si occupava della ricerca dei latitanti. In questa veste ottenne risultati di rilievo, scoprendo nel 1983 l’arsenale di Michele Greco ed assicurando alle patrie galere nel 1984 Tommaso Spadaro (amico d’infanzia di Giovanni Falcone), divenuto boss del contrabbando di sigarette e del traffico di droga. Aveva collaborato al “maxi blitz di San Michele” del pool antimafia, eseguendo parte dei 475 mandati di cattura. Con il pool avrebbe continuato a lavorare a stretto contatto fino all’ultimo suo giorno, in qualità dei Commissario della Squadra Mobile di Palermo, consolidando con quella struttura un rapporto nato con il giudice Rocco Chinnici, impegnato in prima linea nella “sfida” con la Cosa Nostra.

Il 28 luglio 1985, il giorno prima di andare in ferie, venne ucciso a colpi di pistola (una 357 Magnum ed una calibro 38 con proiettili ad espansione) mentre era con la fidanzata a Porticello, frazione del comune di Santa Flavia, nei pressi del porto dove era ormeggiato il suo motoscafo.