Agrigento

Agrigento, “La scuola” di Starnone e Luchetti approda al “Teatro Pirandello”

Dopo “Due” con Raoul Bova e Chiara Francini  ecco “La scuola” di Starnone e Luchetti  a dirci quanto scontati possano diventare certi testi teatrali tra l’altro finanziati con migliaia di euro  dei budget pubblico.

E ci stupisce il fatto che il sindaco Firetto non abbia frenato il direttore artistico del Teatro Pirandello Sebastiano Lo Monaco a scegliere due testi già noti, ormai decotti e privi di quella pedagogia rinnovata (educazione permanente) che il teatro richiede.

Ci viene il sospetto che a Catania gli spettatori abbiamo fatto “ineducatamente” bene a tenere gli smartphone accesi (provocando la sospensione dello spettacolo “Due”) forse in segno di protesta per un testo che ormai aveva ben poco da comunicare sopraffatto da una realtà e da una cronaca (matrimonialista) che spiazza tutti inesorabilmente.

Anche “La scuola” scritto da Starnone negli anni 90 e poi portato sugli schermi  e sulla scena con straordinario successo, mostra inesorabilmente come un semplice smartphone azionato in un’aula scolastica da un bulletto, oggi basta e avanza per decifrare “l’aria che tira” e comunicare un devastante “mi metta sei e mettiti in ginocchio” .

E quel docente oltraggiato dal bulletto era forse l’erede diretto di qualcuno dei personaggi che l’altra sera hanno fatto sbellicare dalle risate il pubblico agrigentino?

E far ridere è un successo?

Certo, l’impianto caricaturale del testo di Starnone funziona, ma solo per un pubblico di iloti dove  gli attori pur dando il meglio di se stessi, poi si ritrovano a festeggiare solamente le “ragioni alimentari” della loro esibizione.

Nelle note di sala il “Coppa Volpi” Silvio Orlando, grande eminenza andreottiana del “Pope” di Sorrentino, scrive “Ho deciso di riportare sulla scena lo spettacolo più importante della mia carriera…A vent’anni di distanza è davvero interessante fare un bilancio sulla scuola e vedere cosa è successo poi”.

La scuola di Starnone e Luchetti, con Silvio Orlando e Roberto Nobile
La scuola di Starnone e Luchetti, con Silvio Orlando, Roberto Nobile e Vittoria Belvedere
La scuola di Starnone e Luchetti, con Vittoria Belvedere
La scuola di Starnone e Luchetti, scena con Belvedere, Citran, Orlando,
La scuola di Starnone e Luchetti, scena con Vittoria Belvedere e Vittorio Ciocarlo
La scuola di Starnone e Luchetti, scena con Belvedere, Citran, Orlando

E’ successo che la caricatura e le macchiette disseminate da Domenico Starnone sono diventate una farsa tragica, forse oggi il testo dovrebbe essere rivisto e riscritto da sua moglie Anita Raja che di questi tempi è indicata come Elena Ferrante misteriosa scrittrice di successo.

Eviterebbe gli eccessi macchiettistici del prete insegnante di religione, così fetente da suscitare conati di vomito in chi lo avvicina e smorzerebbe tutta la scia di battute che legano a doppia mandata una commedia che si sorregge su un piccolo universo concentrazionario, quello degli insegnanti, quasi un kammerspiel alla rovescia, tralasciando il versante di quella “macchina del vuoto” che è diventata  la scuola così ben descritta dalla facoltà di sociologia dell’Università di Trento, proprio in quegli anni in cui Starnone scriveva il suo testo.

Oggi “La scuola”- spettacolo si dimostra un oggetto di basso consumo e il suo primiero titolo “Sottobanco”  rischia di non essere nemmeno il controcanto  di “Ultimo banco, perchè insegnanti e studenti possono salvare l’Italia” scritto recentemente da Giovanni Floris.

A parte il fatto che l’assunto di Floris ci lascia scettici nonostante l’ottimismo della ragione, Starnone e “Ferrante-Raja” sarebbero capaci, non ne dubitiamo,  di fare riferimento a qualche passo di Illich o di Althusser, di “vendicare” il testo degli anni 90 chiedendosi  se esiste veramente la volontà di arrivare al nuovo. Evitando che la classe politica abbia reazioni di tipo corporativo, perché solo inventando una nuova scuola (e non la “buona scuola”) si può abbandonare quella attuale.

L’illusione di rappezzarla e da combattere senza pietà. Ne uscirebbero vendicati e vincenti  il prof. Mortillaro (ubriacone a cui si canta la ninna nanna per farlo dormire) di Roberto Nobile (il complice giornalista televisivo del commissario Montalbano), quel povero prete fetente di Vittorio Ciorcalo, il preside che non sa cosa sia “l’obtorto collo”, il prof. Cirrotta di impiantistica che eviterebbe di telefonare durante gli scrutini (ma nel 92 non c’erano i telefonini).

Ne uscirebbero ancora meglio le due più sagge  docenti Baccalauro e Alinovi interpretate da Vittoria Belvedere e Maria Laura Rondanini. Nello spettacolo dell’altra sera c’erano docenti  spogliati di capacità espressive, incapaci a decodificare la complessa rete simbolica in cui erano inseriti, addestrati a una falsa e povera razionalità.

Ce ne sarebbe abbastanza per seppellire sotto una montagna di angoscia ogni discorso retorico sulla missione della scuola e degli educatori e per darsi da fare urgentemente per cambiarla.

Testo e foto di Diego Romeo