Agrigento

Agrigento e la felicità di Flavio Insinna (gallery)

“La macchina della felicità non è uno spettacolo. Non è una presentazione, una lettura, un incontro, un reading, non è…non è… Trovato! – esclama Flavio Insinna – è una ricreazione”.

Eh no. A noi sembra una sorta di enciclica di sapore bergogliano proposta sotto forma di piacevole spettacolo che alla fine induce a credere che la felicità sia una ricerca infinita.

“E poi chi l’ha detto che si deve essere felici?”– rispondeva il cardinale madido di sudore per la sauna, al quale si rivolgeva Marcello Mastroianni in “Otto e mezzo” di Fellini: ”Eminenza, sono infelice”.

Comunque la si prenda, l’offerta del grande comunicatore Flavio Insinna è sempre salutare, vuoi per l’affabile esternazione teatrale del mattatore che sussurra ai “cavalli di platea”, (laici, agnostici o bacia pile) quei motti, aforismi, battute che li accarezzano, li frustano o li fanno riflettere.

Flavio Insinna e Martina Cori
Flavio Insinna tra il pubblico con i suoi palloncini
Flavio Insinna in scena e la sua orchestrina
Flavio Insinna in scena
Flavio Insinna tra il pubblico
Flavio Insinna tra il pubblico
Flavio Insinna trascinatore
Flavio Insinna
Pubblico in primo piano

Tratto dal suo omonimo libro, Insinna costruisce una messinscena semplice, con una orchestrina “al bacio”( pianoforte Angelo Nigro, sax Vincenzo Presta, chitarra Filippo D’Allio, contrabbasso Giuseppe Venezia, batteria Saverio Petruzellis) sorretta dalla voce di Martina Cori che spazia dai motivetti orecchiabili al trip-op-jazz. Senza dimenticare una certa Laura che campeggia nella vita del protagonista coi suoi baci e avvinghiamenti vari e che sollecita gli interrogativi cui si cerca di rispondere: ”Come si costruisce la macchina della felicità? Quale energia l’alimenta? Cosa e come siamo disposti a metterci in gioco per amore?”

Per non arrampicarsi sugli specchi, Insinna dal canto suo sorregge lo spettacolo sfoderando tutte le sue potenzialità di attore. Nel finale non “sussurra” più al pubblico ma scende in platea, si aggira tra le poltrone, afferra lo spettatore nelle spire della sua furia comunicativa, talora lo alletta con battute speranzose, poi lo affligge coi suoi interrogativi, poi ritorna ad abbracciarlo, a giocare con lui tirando in platea decine di palloncini colorati. Stenta persino a chiudere lo spettacolo sicchè in chiusura i finali sono due o tre, con una tela che non cala mai e con gli spettatori plaudenti  inchiodati alle poltrone.

Lunghissima la fila dei “pizzini” che lui legge sulla definizione di felicità. Forse tra quei pizzini ne mancava uno per noi e molti altri fondamentale, quella battuta sulla felicità che ne dava Charlie Brown: “La felicità? E’ stringere tra le braccia un cucciolo caldo”.

Foto e testo di Diego Romeo