Agrigento

Agrigento, le cento vetrine (che chiudono) in via Atenea

Negli ultimi anni ci si interroga sempre di più sulle cause che hanno portato al collasso della via Atenea, un tempo salotto della città, ridotto oggi ad una schiera di vetrine con i cartelli vendesi o affittasi. Il centro commerciale, secondo alcuni, è la risposta alla decadenza della via principale di Agrigento ma probabilmente non è l’unica. 

OVS Agrigento
Vetrine chiuse in via Atenea
Vetrine chiuse in via Atenea
Vetrine chiuse in via Atenea
Porta di Ponte

Aprono e chiudono, i negozi. Un tempo neanche troppo lontano commercianti ed imprenditori sgomitavano per avere una propria attività in via Atenea: negozi di abbigliamento, gioiellerie, ristoranti. Erano gli anni in cui – soprattutto il fine settimana – gli agrigentini si riversavano in massa lungo il salotto della città dando vita ad un circolo vizioso fatto non soltanto di soldi che girano ma anche di civiltà, incontri, scambi di ogni genere. Oggi la situazione appare un po’ diversa da quanto sopra descritto: le saracinesche sono chiuse, le persone che preferiscono la via Atenea quale meta dello shopping sono sempre di meno e gli affitti richiesti dai proprietari dei magazzini sono rimasti pressoché invariati rispetto ai “tempi d’oro”: un medio-piccolo commerciante – nel campo dell’abbigliamento ma anche in quello alimentare – per assicurarsi un posto da 50-70mq deve uscire al mese una somma di solo affitto che varia dai 500 euro ai 700 euro  , oltre le tasse da pagare. E il discorso si inasprisce scendendo verso Porta di Ponte, l’ingresso di quello che dovrebbe essere un centro commerciale naturale: magazzini per anni affittati che oggi da 3-4 anni sono chiusi e vuoti. Un braccio di ferro di chi – come i commercianti – non trova più appetibile la via Atenea per i propri affari e non riesce in ogni caso a sostenere gli elevati costi; dall’altra parte i proprietari dei magazzini che, pur di non incappare in disavventure come affitti non pagati o contratti stracciati, preferiscono tenere chiusi i locali.

La nuova dura legge del mercato, però, non fa sconti neanche ai grandi brand che nel corso degli anni sono stati punti di riferimento in città ma che alla fine non ce l’hanno fatta: Prima Donna, Golden Point, Yamamay, Intimissimi, Folli Follie, Motor Jeans. Anche una breve apparizione del marchio “Swaroski”, chiuso dopo pochi mesi dall’inaugurazione. In ultimo anche la storica Oviesse, che fu prima Standa, chiude battenti a causa dei prezzi alti, degli affitti “monster” e dal calo delle vendite. Su questo influisce, e non poco, il centro commerciale dove gli affitti costano un occhio della testa ma l’investimento appare sicuramente più appetibile: vince la logica del subito e adesso, del consumismo, dei confort, del parcheggio facile e senza stress. E’ cambiato il teatro del commercio soprattutto nell’abbigliamento (non è un caso che sono quelli che chiudono di più in via Atenea) e sono cambiati i modi e i gusti: una platea più ampia che vuole tutto e subito e nella maniera più sicura e veloce. Urge trovare delle soluzioni che vanno ricercate sia in misure dell’amministrazione (sgravi fiscali sulle attività, strisce blu non a pagamento per acquisti) ma anche in atti di coraggio a cui devono aspirare commercianti e imprenditori.