Agrigento

Agrigento e le “Meraviglie” di Alberto Angela: “Petri Su”

Questa frase la disse, una ventina di anni fa, un noto politico agrigentino. Erano i tempi in cui teneva banco la questione dell’abusivismo edilizio. Ad Agrigento si era riversato il gotha del giornalismo nazionale.

Quel politico, a riflettori accesi, aveva fatto il suo discorso retorico e inappuntabile. Un discorso da “buon politico” per intenderci. Dietro le quinte, però, si era concesso lo scivolone: “dobbiamo buttare giù case che esistono da una vita per consentire la visuale dei Templi. I Templi, ‘sti Templi, taliatili bbonu, petri su”. 

L’altra sera, guardando “Meraviglie“, lo speciale di Alberto Angela, dedicato ad alcuni siti Unesco italiani, ho rivisto alla moviola quell’episodio di parecchi anni fa.

All’epoca ero una cronista sprovveduta, incapace di efficaci repliche e mi limitai a un silenzio insignificante. Quella frase, però, si è depositata da qualche parte, nella mia coscienza, ed ogni tanto torna a fare capolino.

E’ successo ieri, mentre Alberto Angela, con quella sua rara capacità di dosare conoscenza ed appeal (le sue fortune!), raccontava la storia dei Templi. Come non rimanere incantanti, al punto da voler planare su Agrigento tra le colonne doriche a sentire gli odori di un tempo fortunato, quando il bello, la civiltà, l’enormità la facevano, giustamente, da padroni?

Come non amare, d’emblée, un posto che spesso dimentichiamo di possedere. Un luogo che è a un passo da noi agrigentini, davanti al quale passiamo chissà quante volte nell’arco di una settimana, senza che quasi ci giriamo più a guardare dalla direzione giusta?

Eppure ieri, Alberto Angela, ha avuto il pregio di far vedere la Valle, anche a chi “sotto i Templi” vi è nato, da una prospettiva diversa: metafisica, perfetta, immobile. Come certe donne bellissime, che pensi non potrai mai avere a portata di naso. Da lì, gli agrigentini hanno fatto partire una cordata sui social, con tanto di osanna ad Alberto Angela che, tutto sommato, ha fatto un ottimo riassunto di una storia che conosciamo da sempre.

La conosciamo. Sì. Lo dico con presunzione.

Ricordo gli infiniti pellegrinaggi ai tempi del liceo. Ogni anno, a ottobre, facevamo il tour della Valle. I miei insegnanti Lillo Sciortino, Nicoletta Averna, Antonella Burgio (colonne del glorioso Empedocle di Agrigento) ci mettevano tutta la buona volontà possibile nel spiegarci l’acropoli, l’apella, le colonne, i telamoni. Una volta giunti al museo, poi, era un indugiare, teca per teca, tra i segreti dei crateri, delle anfore, financo di qualche minuscolo frammento di non so che.

La storia, poi, di quel piccolo sarcofago (lo chiamavamo il “sarcofago” triste) la conosco a memoria. Ieri la ripetevo insieme ad Alberto Angela e mi stupivo di me stessa, tanto vivo era il ricordo di tutto. Pensare che mi fu spiegata non so quanto tempo fa. Ed ancora sull‘Efebo, ricordo la cara prof. Averna quante parole e dosi di tempo spese, per raccontarcelo: centimetro per centimetro. Non erano gite divertenti. Lo ammetto. Per noi adolescenti del corso D, mantenere alta l’attenzione era più un atto dovuto, che non una reale fascinazione per un patrimonio nostro.

Forse, parlo per me, non avevo ancora l’età per comprendere il bello.

Ieri sera, invece, avrei voluto che Alberto Angela non la finisse di raccontare e raccontare. Mi si è riempito il petto d’orgoglio. “Quella è la mia terra. Ed è bellissima!”.

Io i templi li ho visitati più di cento volte. Li ho visti con il tramite di guide turistiche annoiate, a volte invece sono andata a spasso con professionisti del settore, capaci di farmi vivere ogni centimetro di  quello che è un capolavoro a cielo aperto. E’ vero che ieri Alberto Angela, supportato da un team che ha lavorato alla perfezione, ha mostrato ogni cosa solo dalla prospettiva migliore: niente abusivismo, niente eco mostri, traffico o cartacce. Fossi io un telespettatore australiano, che non sa nulla della Valle, staccherei un biglietto last minute per vederla da vicino.

Da vicino, però, lo sappiamo, le cose non sono esattamente per come le abbiamo viste in tv.

Agrigento è in coda a tutte le classifiche possibili: che peccato, che ingiustizia!

Agrigento non riesce a fare la sua fortuna con i Templi: come è possibile?

Non offre ancora servizi all’altezza di un sito Unesco.

Non compare tra i primi dieci siti turistici più visitati d‘Italia (gli scavi di Pompei sono al secondo posto).

E’ una delle città con il più alto indice di abusivismo.

Avrei preferito non elencare questi piccoli contrappunti, che stanno però sotto gli occhi di tutti.

Sarebbe stato meglio godersi il bello immobile e metafisico, raccontato da Alberto Angela. Fermarsi al boom di ascolti e alla valanga di like sui social.

Godersi il momento di gloria e basta.

Torna però quella frase, di un politico famoso di qualche tempo fa: “Petri su”!

Due parole, strette nel dialetto. Che dicono tutto e dicono niente.

Se un agrigentino ha avuto il coraggio di dire questo, la civiltà di quel tempo fortunato non ci è stata, ahinoi, tramandata. Confidiamo in tempi migliori.

Che Alberto Angela e la sua rarità del saper narrare, ci portino bene.