Agrigento

Agrigento, le ragioni dell’interdittiva antimafia per Girgenti acque; Marco Campione verso le dimissioni

Il prefetto di Agrigento, Dario Caputo, ha firmato una certificazione antimafia interdittiva nei confronti della società Girgenti Acque che gestisce la distribuzione dell’acqua in 27 comuni dell’agrigentino.

Il provvedimento determina la revoca degli affidamenti, il blocco delle gare in corso e l’affidamento della gestione acque e dei depuratori a un commissario.

La società a gennaio scorso finì sotto i riflettori per un’indagine della Procura di Agrigento – eredità dalla Dda di Palermo che in origine indagò per mafia –  che ipotizzò assunzioni di familiari di politici e amministratori pubblici in cambio di favori.

L’inchiesta coinvolse 73 persone tra cui il presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella, padre dell’ex ministro degli Esteri Angelino Alfano, Angelo, l’ex prefetto di Agrigento Nicola Diomede, l’ex presidente della Regione Raffaele Lombardo, deputati ed ex deputati, politici agrigentini, dirigenti pubblici, giornalisti e avvocati.

Agli indagati vennero contestati anche truffa, corruzione, riciclaggio e inquinamento ambientale.

Lo scrive l’Ansa stasera dopo che www.grandangoloagrigento.it ha diffuso la notizia della interdittiva antimafia a carico della società Girgenti acque.

La vicenda, come scrive il prefetto Caputo nel suo provvedimento, abbraccia un trentennio di storia agrigentina e comincia dalle attività del defunto imprenditore Filippo Salamone (condannato per mafia) dell’Impresem sino ad arrivare all’imprenditore Pietro Di Vincenzo di Caltanissetta finito anche lui nella morsa di indagini (e sequestri antimafia), tutti soggetti che hanno avuto in passato con il patron di Girgenti acque, Marco Campione rapporti di natura imprenditoriale con propaggini mafiose come accertato dalle indagini svolte negli ultimi sei lustri dall’autorità giudiziaria.

E la Dia – sezione di Agrigento – con una informativa del 2018 con la quale riassume l’evoluzione e la storia sia di Girgenti acque che del suo patron ha messo nelle condizioni il prefetto Dario Caruso di firmare il provvedimento interdittivo superando le passate note investigative che non avevano prodotto i frutti sperati ed anzi avevano indotto il suo predecessore a firmare certificazioni liberatorie.

Tutti i dati raccolti in precedenza – rapporti con soggetti mafiosi, bilanci, inquinamento ambientale, sequestro depuratori, società in odor di mafia presenti nella compagine aziendale, affidamenti di appalti in house – sono finiti nell’odierno informativa che ha generato il clamoroso provvedimento.

Ma – a ben vedere – il fatto più clamoroso che fa deflagrare la certificazione interdittiva è il diverso atteggiamento del prefetto Caruso rispetto al passato,  il quale, con garbo ma a chiare lettere – specifica che può decidere in perfetta autonomia e sganciato dagli esiti dei processi.

Ed infatti scrive: “Nel pieno rispetto della competenza e dell’autonoma valutazione della magistratura nel merito della decisione, questa Prefettura, quale autorità amministrativa preposta alla prevenzione antimafia, ha doverosamente dedicato attenzione all’esame della mole di atti, informazioni e dati raccolti dalla Dia in sede di formulazione della proposta. Tale revisione critica è stata accompagnata ed integrata dall’espletamento di ulteriori, circostanziati approfondimenti ed aggiornamenti,  ritenuti indispensabili per una completa e serena valutazione delle circostanze di fatto e dei profili giuridici da prendere in considerazione ai fini della decisione. L’impossibilità di provare la responsabilità in sede penale non preclude affatto, all’autorità preposta all’ordine pubblico, la valutazione dei medesimi fatti sul differente piano della prevenzione e della difesa sociale, qualora, esaminato il quadro complessivo, gli elementi acquisiti siano rivelatori del rischio concreto di condizionamento dell’impresa da parte della criminalità organizzata”.

Ed aggiunge:  “Si ritiene che il complesso degli elementi e dei dati raccolti, delle indagini della magistratura e delle risultanze delle attività delle Forze di Polizia, sufficientemente indicativo, seppur non esaustivo, delle condotte di Marco Campione, induca a ritenere attuale, nell’odierna architettura aziendale della società Girgenti Acque S. p. A., la presenza degli indicatori individuati dal D. Lgs. 159/2011. Sotto questo profilo, non va sottaciuto che il concetto di attualità del pericolo di infiltrazione mafiosa, tendente a condizionare le scelte e gli indirizzi della società, si caratterizzi autonomamente e si distingua da quello di novità, imponendo la valutazione più approfondita possibile di ogni elemento sintomatico della permanenza e della concretezza del rischio. Sul piano della valutazione personale, inoltre, lo stesso Tribunale di Agrigento, nel rigettare – il 4 febbraio 2016 – la proposta di applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali nei confronti dell’interessato, ha riconosciuto la fondatezza sia pure di un “mero sospetto” della pericolosità sociale di Campione. Tale sospetto, benché ritenuto insufficiente in sede giurisdizionale ai fini repressivi e sanzionatori ivi previsti, non può tuttavia essere trascurato in questa sede, in cui è necessario prendere in considerazione i medesimi elementi sul piano – affatto diverso – della prevenzione e della tutela della sicurezza del sistema socio-economico, demandate dalla legge alla competenza delle Prefetture”.

Dopo la notifica dell’interdittiva antimafia, non è escluso che Marco Campione, presidente di Girgenti acque, rassegni la dimissioni.