Agrigento

Agrigento: niente squilli di telefono ma applausi per Bova e Francini

L’attore Raoul Bova, ambasciatore di buona volontà dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), alla fine dello spettacolo “Due”, si è rifiutato di salutare il pubblico del Metropolitan di Catania.

La motivazione, raccontano le cronache, gli squilli di telefono durante la recita che avevano costretto il produttore dello spettacolo a salire sul palco avvertendo gli spettatori che se gli squilli non fossero cessati, lo avrebbe interrotto. L’avvertimento fu inutile e l’utilizzo degli smartphone continuò imperterrito.

Ad Agrigento, un “Teatro Pirandello” al completo ha invece tributato alla commedia di Bova e Chiara Francini  una accoglienza calorosa e senza squilli. Addirittura alla Francini tre scrosci di applausi a  scena aperta.

Ci sarebbe da chiedersi perché gli spettatori di Catania e di Agrigento, siculo-italiani di due città distanti un’ora e mezza di autostrada, abbiano avuto un comportamento così diverso.

Due forme di “recensione” dello spettacolo, di gradimento che rimandano certamente al galateo di mons. Della Casa oppure a qualche forbito trattato di sociologia? O forse, più drammaticamente, al colloquio con un avvocato matrimonialista?

Perché di coppie si tratta nella commedia di Luca Miniero, regista cinematografico molto noto, qui alla sua prima esperienza di teatro.

Miniero e Astutillo Smeriglia (altro coautore) mettono in scena Marco e Paola in una stanza vuota dove i pezzi di un letto sono tutti da sistemare, i loro profili cartonati la costellano a destra e sinistra mentre sullo sfondo è appesa una sequela di  tronchi di legno.  A vederla in verticale sembra una foto, ripresa dall’alto, di tronchi alla deriva trasportati dalla corrente di un fiume.

Proprio alla deriva non sono i due protagonisti che si ritrovano all’inizio della loro convivenza. “Marco – scrive Miniero nella sua nota di regia, è alle prese con il montaggio di un letto matrimoniale, Paola lo interroga sul  loro futuro di coppia. Sapere oggi come sarà Marco fra vent’anni, questa è la sua pretesa. O forse la sua illusione. La diversa visione della vita insieme emerge prepotentemente nelle differenze tra maschile e femminile”.  E meno male che lo stesso Miniero alla fine si chiede come montare un letto con tutte queste paure “non sarà mica una passeggiata”.

Il manichino Raoul Bova
Raoul Bova e Chiara Francini in una scena di Due
Raoul Bova e Chiara Francini in una scena di Due
Raoul Bova e Chiara Francini in una scena di Due
Raoul Bova e Chiara Francini in una scena di Due
Raoul Bova e Chiara Francini in una scena di Due
Raoul Bova e Chiara Francini in una scena di Due
Raul Bova e Chiara Francini
Teatro Pirandello pieno per Bova e Francini

Come si potrà arguire non siamo proprio dalle parti delle “Coppie” di Updike il “poeta delle lenzuola coniugali” dove la protagonista invocava “Sessualizzami, ti prego”.

Molto più umanamente Paola (la scatenata e brava Francini) chiede perentoriamente all’olimpico Marco “Voglio un figlio” e per giunta con il letto ancora  tutto da montare.

Non siamo nemmeno dalle parti di “Scene da un matrimonio”, non si legge ne Freud né Miller, né “L’uomo questo sconosciuto” anche se Bova in un momento di sovra-pensiero fa riferimento proprio all’uomo questo sconosciuto  e che a brandelli svela le nevrosi e i compromessi futuribili messi in campo dalla “rompiballe” Paola.

Un dejà vu che rimanda alla cifra stilistica di Fazio e Littizzetto e che in fin dei conti trasforma i sempre drammatici problemi di coppia in un divertissement che li sminuisce.  Un dichiarato “not disturb” che può aver causato il disinteresse dello spettatore del Metropolitan.

Agrigento invece applaude e deglutisce, e si  spera che l’applauso non sia stato una sorta di paura di sbagliare come è capitato con altri spettacoli. Sarà magari che di Updike e di Bergman pochi si ricordano o addirittura sono stati rimossi, mentre ruoli familiari e stereotipi di genere affollano in vario modo le cronache, la tv e i cine-panettoni.

“Due” di Miniero  potremmo anche leggerlo come il tentativo svampito di Paola a non essere remissiva e accondiscendente  verso un futuro di donna programmata a reprimere tutte le proprie aspirazioni proibite da una società maschilista. Ma vallo a raccontare a Harwey Weinstein o all’avvocato matrimonialista Gian Ettore Gassani che avverte: “L’unico modo per recuperare il matrimonio è sostenere i giovani che intendono sposarsi attraverso mutui agevolati, contratti di locazione più vantaggiosi, la creazione di asili nido e scuole materne a livello capillare, la semplificazione delle procedure di separazione e divorzio.  Infine emerge il dato tutto italiano per cui in due matrimoni su tre è prescelto il regime patrimoniale di separazione dei beni, segno questo della profonda sfiducia che c’è tra i coniugi già all’atto del matrimonio”.

Testo e foto di Diego Romeo