Agrigento

Agrigento, processo Duty free: teste “sotto torchio” e scintille a fine udienza

Un’udienza carica di tensione con continui “botta e risposta” tra accusa e difesa e una testimonianza, quella di un appuntato della Guardia di Finanza, Benedetto Scorsone, impegnato nelle indagini, oggetto di numerose opposizioni che lo hanno messo quasi alla corda.

A fine udienza le scintille tra il Pubblico ministero Emiliana Busto e l’avvocato Salvatore Pennica che difende Vincenzo Tascarella, 64 anni, di Agrigento.

Entra nel vivo il dibattimento del processo scaturito dall’operazione “Duty free”, scaturito dall’omonima operazione della Guardia di Finanza di Agrigento, che ipotizza un presunto giro di tangenti in cambio di annullamenti di sanzioni tributarie e che ha portato all’emissione di 13 misure cautelari – tra funzionari dell’Agenzie delle entrate, imprenditori e consulenti – nel 2015.

A innescare la scintilla ” tra accusa e difesa la testimonianza di un militare della Guardia di finanza, Benedetto Scorsone, che ha ripercorso – davanti ai giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Agrigento presieduta da Wilma Mazzara con a latere i magistrati Coffari e Veneziano – l’attività di indagine:  dalle intercettazioni telefoniche ai servizi di osservazione passando per le ambientali negli uffici dell’Agenzia delle entrate di Agrigento. L’indagine, come spiegato dall’appuntato in aula, ha origine in seguito ad alcuni accertamenti fiscali su aziende agrigentine.

I toni si accendono durante il contro-esame delle difese sul terreno (minato) delle intercettazioni e su determinati capi di imputazione contestati a precisi imputati. A nulla è servita la pausa voluta dal presidente Mazzara, oggi nel difficile ruolo di arbitro, con uno scontro tra accusa e difesa.

Il processo si sta celebrando con rito ordinario dopo la conclusione del rito abbreviato (Gup Miceli) in cui erano state assolte otto persone – tra cui il presidente di Girgenti Acque Marco Campione e lo stesso ex presidente dell’Agenzia delle entrate di Agrigento Pietro Pasquale Leto – e condannate altre tre.

Sul banco degli imputati – per le ipotesi di reato a vario titolo di corruzione, abuso d’ufficio e truffa ai danni dell’Agenzia delle entrate (oggi parte civile ma assente in aula)  – siedono 12 persone che hanno scelto la via del processo ordinario: Antonio Vetro, 48 anni, di Favara, consulente del lavoro; Vincenzo Tascarella, 64 anni, di Agrigento; Giuseppe Cumbo, 65 anni, di Agrigento; Giuseppe Castronovo, 58 anni, di Favara, Filippo Ciaravella, 65 anni, di Agrigento; Piera Callea, 52 anni, di Favara, Angelo Pagliarello, 60 anni, di Campobello; tutti funzionari dell’Agenzia; Salvatore La Porta, 43 anni, di Porto Empedocle, socio e amministratore della Metalmeccanica agrigentina; i medici Giovanni Crapanzano, 69 anni, di Favara, e Santo Pitruzzella, 67 anni, anche lui di Favara, estranei al giro di tangenti che coinvolge imprenditori e funzionari ma accusati di avere rilasciato falsi certificati ad alcuni ispettori dell’Agenzia e i ristoratori favaresi Giuseppe Costanza, 33 anni e il padre Salvatore, 67 anni, accusati di avere rilasciato una falsa attestazione per alcuni rimborsi al funzionario Pagliarello.

L’accusa è rappresentata dal sostituto procuratore della Repubblica Emiliana Busto mentre nel collegio delle difese – fra gli altri – sono presenti gli avvocati Giuseppe Scozzari, Salvatore Pennica, Alfonso Neri, Salvatore Virgone, Salvatore Salvago, Francesco Gibilaro, Olindo Di Francesco, Vincenza Gaziano, Salvatore Manganello. Si torna in aula il 5 marzo.