Agrigento

Cassazione conferma bontà dei divieti imposti ad Arnone, Tribunale sorveglianza dovrà solo motivare dettagliatamente: torna il bavaglio

Giuseppe Arnone aveva annunciato trionfalmente che: “Gli avvocati Arnone e Galluzzo vincono in Cassazione: annullato il provvedimento che limitava la libertà di espressione e di comunicazione di Giuseppe Arnone, Arnone ritorna su Facebook, può rilasciare interviste, pubblicare libri. Nei prossimi giorni convocherà una conferenza stampa su questi argomenti”.

Ed in effetti, il pronunciamento della Suprema Corte, prim’ancora che fossero note le motivazioni, faceva riferimento ad un annullamento con rinvio (che non dovrebbe cassare le prescrizioni imposte sino a nuovo pronunciamento) avanti il Tribunale di Sorveglianza di Palermo che – a seguito di una serie di esposti presentati dalla moglie dell’allora ministro Angelino Alfano, dal Procuratore Luigi Patronaggio, dal Consigliere di Stato Luigi Birritteri, dal Procuratore aggiunto di Catania Ignazio Fonzo e dal PM Andrea Maggioni –  aveva emesso un’ordinanza che vietava ad Arnone ogni e qualsivoglia pubblicazione, rapporto con i giornalisti, presenza televisiva e in manifestazioni pubbliche limitando persino l’uso delle mail.

Adesso, la Corte di Cassazioneprima sezione penale – ha spiegato, depositandoli, i motivi dell’annullamento con rinvio che non vanno nella direzione invocata da Giuseppe Arnone, anzi.

Gli ermellini confermano in toto la bontà del provvedimento adottato dal Tribunale di Sorveglianza specificando che vanno motivati più dettagliatamente le ragioni delle prescrizioni.

Ed infatti scrivono:

osserva anzitutto il Collegio che le prescrizioni imposte al condannato all’atto dell’affidamento in prova al servizio sociale non hanno una loro autonomia funzionale, ma costituiscono parte integrante del giudizio prognostico in ordine alla sussistenza delle condizioni per l’ammissione alla misura alternativa richiesta, le cui finalità rieducative e di prevenzione della recidiva, vengono perseguite attraverso le stesse prescrizioni.

Ne discende che un provvedimento di affidamento in prova al servizio sociale che non contenesse tali prescrizioni ovvero che non esplicitasse le ragioni per le quali, nel caso concreto, non si ritenesse di imporle non consentirebbe il perseguimento delle finalità connesse al beneficio penitenziario in esame, non potendo il tribunale di sorveglianza omettere di considerare uno degli elementi previsti dall’art. 47 Ord. Pen. ai fini della concessione della misura alternativa, che presuppone un giudizio prognostico favorevole nei confronti dell’affidato, rilevante sia nella fase genetica sia nella fase dell’applicazione della  stessa misura (Sez. l, n. 32932 del 09/07/2008, Talamè, Rv. 240685;  Sez. l, n. 2026 del 07/04/1998, Girardo, Rv. 211029).

Né potrebbe essere  diversamente, dovendosi in proposito ribadire l’orientamento consolidato di questa Corte, secondo cui: «Ai fini della concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, pur non potendosi prescindere, dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, è tuttavia necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l’esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva» (Sez. l, n. 31420 del 05/05/2015, Incarbone, Rv. 264602; si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. l, n. 773 del 03/12/2013, Naretto, Rv. 258042).

In  questa cornice, non  è  controversa la   possibilità del Tribunale  di sorveglianza di Palermo di modificare le prescrizioni imposte a Giuseppe Arnone con l’ordinanza applicativa dell’affidamento in prova al servizio sociale emessa il 23/01/2018, ai sensi dell’art. 47, comma 8, Ord. Pen., adeguandole al percorso rieducativo intrapreso dall’affidato e ai suoi comportamenti successivi all’applicazione della misura alternativa, tenuto conto del giudizio prognostico originariamente eseguito nei suoi confronti e delle modalità con cui aveva intrapreso il programma di affidamento; valutazione, quest’ultima, che prescinde dai profili rituali connessi alla notifica del provvedimento di concessione dell’affidamento  in prova al servizio sociale, eseguita il 03/02/2018, dedotta con il primo motivo di ricorso, essendo connessa al giudizio sul percorso rieducativo intrapreso dall’affidato, che presupponeva un’adesione integrale al programma trattamentale impostogli dal Tribunale di sorveglianza di Palermo per consentire un effettivo recupero della sua personalità.

Sotto questo profilo, non sono ravvisabili incongruità argomentative, atteso che l’ordinanza impugnata ripercorre in termini ineccepibili i comportamenti posti in essere da Arnone nella prima fase di applicazione dell’affidamento in prova al servizio sociale, che avevano imposto la modifica delle originarie prescrizioni, così come indicate nel punto 7 del provvedimento emesso dal Tribunale di sorveglianza di Palermo il 23/01/2018.

Queste condotte, infatti, venivano descritte dal Tribunale di sorveglianza di Palermo in termini congrui e privi di travisamento fattuale, venendo al contempo correlate alla diffida del ricorrente, datata 09/02/2018, alla quale aveva fatto seguito la convocazione presso il Magistrato di sorveglianza di Agrigento, avvenuta il 22/02/2018, che lo aveva avvertito del dovere dell’affidato di rispettare le prescrizioni dell’originario provvedimento. Si consideri che, in entrambe tali occasioni, la magistratura di sorveglianza agrigentina, territorialmente competente, previa contestazione a verbale di tutte le condotte analiticamente richiamate nelle pagine 1-5 del provvedimento impugnato, aveva avvertito Arnone della necessità, connaturata alla misura alternativa che gli era stata applicata, di rispettare le prescrizioni che gli erano state imposte e delle conseguenze che l’eventuale revoca dell’affidamento in prova avrebbe comportato.

Ne deriva che sul piano delle ragioni che giustificavano la modifica delle prescrizioni connesse al regime dell’affidamento in prova al servizio sociale applicato ad Arnone e del percorso attraverso cui si era pervenuti a tali modifiche

alla luce del monitoraggio delle condotte dell’affidato eseguito dalla magistratura di sorveglianza agrigentina, di cui si è detto – il provvedimento impugnato appare fondato su uno sviluppo argomentativo ineccepibile e conforme alle risultanze processuali.

Né valgono in senso contrario le giustificazioni addotte dall’affidato, poste a fondamento della memoria-denuncia depositata  1’08/03/2018,  che  appaiono prive di rilievo ai presenti fini, non consentendo  di ritenere il comportamento di Arnone espressivo di un’adesione convinta al programma rieducativo, che deve ritenersi connaturata all’esecuzione della misura alternativa alla detenzione di cui si controverte.

Occorre, in proposito, ribadire che, una volta ammesso al regime dell’affidamento in prova al servizio sociale, il condannato ha l’obbligo di collaborare alla migliore riuscita del percorso trattamentale connesso alla misura, consentendo l’attuazione del programma di intervento attraverso il rispetto delle prescrizioni, funzionali ad assicurare la rieducazione del reo e a prevenire il pericolo di commissione di nuovi reati. Ne consegue che deve essere valutato negativamente il comportamento dell’affidato che, analogamente al caso in esame, dopo la concessione della misura alternativa, evidenzi la mancanza di volontà collaborativa con gli operatori del servizio sociale e con la magistratura di sorveglianza, che devono vigilare sulla corretta esecuzione del programma trattamentale, la cui inosservanza si pone in contrasto con le finalità proprie dell’affidamento (Sez.  l, n. 31809 del 09/07/2009, Gobbo, Rv. 244322; Sez. l, n. 371 del 15/11/2001, dep. 2002, Chifari, 220473).

In questa cornice ermeneutica, deve  rilevarsi che il provvedimento impugnato, pur muovendo da una premessa valutativa ineccepibile e pur esaminando in termini congrui i comportamenti violativi posti in essere da Giuseppe Arnone, si connota per la sua eccessiva genericità in ordine alle prescrizioni collegate al punto 7 dell’ordinanza presupposta.

Osserva il Collegio che il Tribunale di sorveglianza di Palermo, pur valutando correttamente le condotte di Arnone e la loro valenza sintomatica rispetto al percorso rieducativo connesso all’affidamento in prova al servizio sociale, introduceva un’indiscriminata limitazione delle forme di manifestazione del pensiero dell’affidato, non essendo possibile comprimere delle libertà costituzionalmente garantite in termini così ampi e generici, anche nelle ipotesi in cui le condotte valutate appaiano espressive di un atteggiamento di scarsa o inesistente volontà di collaborare con gli operatori del servizio sociale e con la magistratura di sorveglianza per la realizzazione delle finalità rieducative connaturate alla misura alternativa.

Si  consideri,  in  proposito,  che,  nel  disporre  correttamente la modifica in senso peggiorativo per Arnone delle prescrizioni di cui al punto 7 dell’originario provvedimento di concessione della misura, il Tribunale di sorveglianza  di sorveglianza di Palermo vietava al ricorrente – senza alcuna ricognizione preliminare dei settori  mediatici di riferimento, dei mezzi di comunicazione utilizzabili  dall’affidato  e  delle  ragioni  che  imponevano  le  limitazioni  dei  suoi comportamenti divulgativi – di «esporre  manifesti, realizzare e/o distribuire volantini, opuscoli, riviste, articoli di stampa, realizzare diffondere  o partecipare a trasmissioni televisive o video su web, pubblicare libri, utilizzare web o altri social-network, inviare e-mail se non esclusivamente nell’esercizio della professione di cui alla prescrizione n. l, divulgare o far divulgare attraverso strumenti di comunicazione di massa denunzie/querele o loro stralci, organizzare o partecipare a comizi, manifestazioni pubbliche, porre in essere condotte analoghe così come specificato nella parte motiva».

Tale elencazione, invero, appare generica e contrastante con le finalità rieducative della misura alternativa alla detenzione di cui si controverte, dovendosi evidenziare che, in assenza di un vaglio preliminare finalizzato a correlare ciascun divieto al giudizio prognostico formulato nei confronti di Arnone nell’ambito del programma trattamentale presupposto, il provvedimento impugnato si pone in termini incompatibili con le finalità perseguite dal beneficio penitenziario e con i diritti costituzionali relativi alla libera e lecita manifestazione del pensiero, collegati alle previsioni degli artt. 15 e 21 Cast., che non possono essere compressi in termini così ampi e indiscriminati, a prescindere dalla circostanza che eventuali condotte dell’affidato siano potenzialmente rilevanti sul piano penale.

Ne discende conclusivamente che, nel rispetto dei parametri ermeneutici che si sono richiamati nel paragrafo 3, il Tribunale di sorveglianza di Palermo, nel giudizio di rinvio demandato da questo Collegio, tenuto conto della valutazione prognostica favorevole a Giuseppe Arnone, della sua professione e delle libertà costituzionali garantite dagli artt. 15 e 21 Cast., dovrà esplicitare, per ciascuno dei settori mediatici e dei mezzi di comunicazione per i quali le prescrizioni di cui al punto 7 dell’ordinanza emessa il 23/01/2018 vengono modificate, le ragioni che impongono la modifica e l’insussistenza di pregiudizi di diritti costituzionalmente tutelati, alla luce del programma trattamentale predisposto per il condannato in sede di concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale.

Adesso le prescrizioni verranno dettagliatamente motivate e verrà completato un iter giudiziario che non potrà non tenere conto dei numerosi esposti fatti pervenire all’autorità giudiziaria competente dopo il ripristino delle offensive comunicazioni di Arnone con qualunque mezzo.