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“Dalla parte degli infedeli”, La lezione di Sciascia …. ed anche di Maria Volpe

Quadro primo – Leonardo Sciascia, 27 anni dopo… 

È una giornata di novembre del 1989 quando la salma di Leonardo Sciascia raggiunge la chiesa della Madonna del Monte, a Racalmuto; lo attendiamo in tanti; portato a spalla negli ultimi duecento metri, il “Maestro di Racalmuto” viene poi deposto dinanzi l’altare maggiore.

Lo attendo assieme ad alcuni amici dinanzi la chiesa; ricordo Antonino Cremona, Pietro Amato; mi perdonino altri che non ricordo. Ma in tanti c’erano. Entrammo in chiesa dove si trovavano già Leoluca Orlando con la fascia di sindaco di Palermo, il presidente della Regione Rino Nicolosi, il presidente dell’Assemblea Lauricella, il ministro della Pubblica Istruzione Sergio Mattarella, il ministro Mannino; ed ancora il prof. Antonino Buttitta, il dirigente del Pci Emanuele Macaluso. Tra la prima e la seconda fila le figlie di Sciascia, Anna Maria e Laura, così i generi e altri familiari.

Gli amici di sempre erano rilegati negli angoli di metà navata; parlo di Gesualdo Bufalino, del direttore della Bompiani Mario Andreose, il direttore dell’Adelphi Roberto Calasso con la moglie, la scrittrice Fleur Jaggy, poco avanti Giulio Einaudi, il direttore della Stampa Mario Scardocchia; in fondo Elvira ed Enzo Sellerio, Vincenzo Consolo, Bruno Caruso, Enzo Siciliano, Aldo Scimè, più avanti; vicino alla vedova, Ferdinando Sciacca, il fotografo di Sciascia.

I “girgintaniCremona, Amato ed altri trovammo spazio a metà navata; potei scorgere Matteo Collura che negli ultimi anni di vita di Sciascia gli era stato sempre vicino. A lui si deve “Il maestro di Regalpetra”, vita di Leonardo Sciascia, edito da Longanesi nel 1996 e che è prezioso per chiunque voglia veramente sapere del grande racalmutese in maniera limpida e veritiera.

A pagina 21 del libro di Collura si legge di un prete che arriva a pochi minuti dalla morte di Sciascia, nella casa di Palermo (20 novembre ’89), ma che gli è stato accanto nei giorni precedenti e che ne veglierà la salma dal lunedì mattina fino al mercoledì alla partenza per Racalmuto dove, assieme al vescovo Ferraro e altri sacerdoti, celebrerà messa: è Domenico Cufaro, di Raffadali, un prete-scrittore (ricordiamo il libro “Vi racconto qualche cosa sulla mafia”).

Cufaro conobbe Sciascia a Palermo, quando il sacerdote era parroco in una chiesetta dello Zen. Prete all’avanguardia (per questo guardato con sospetto) divenne amico di Sciascia e celebrò il matrimonio delle due figlie. Cufaro fu mio amico ed era un prete semplice, ma sempre combattivo anche col passare (e pesare) degli anni. E ricordo di quel funerale, a Racalmuto, l’arrivo, in ritardo, dell’allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi. Irruppe con tutto il seguito della scorta che impose a diverse persone di uscire dalla chiesa per motivi di sicurezza; tutto ciò a messa iniziata; pochi minuti e Craxi dopo aver fatto i suoi rituali andò via. Una facchinata che ricordo bene perché diversi intellettuali sbattuti fuori chiesa per l’arrivo del primo ministro, quando vennero invitati a rientrare, preferirono rimanere fuori.

Per quanto mi riguarda, fin quando ho potuto, sono sempre andato presso la tomba di Sciascia a salutarlo e rileggere la scritta che vi si trova: “Ce ne ricorderemo di questo pianeta”.

Sciascia, dunque; coscienza critica di una società italiana densa di contraddizioni, capace di vedere oltre, di non sottrarsi alla polemica, vedere dove altri si rifiutavano. Maestro di vita senza alcuna boria.

Grazie a Matteo Collura per la vita di Sciascia e grazie a un critico francese, Claude Ambroise, che nel 1991 per Bompiani pubblicò l’opera omnia. Una vera sorpresa per coloro che ritenevano di conoscere tutta la produzione di Leonardo Sciascia e invece conoscevano poche cose. Personalmente suscitai stupore e sorpresa quando nel 2007 al liceo scientifico “Leonardo” di Agrigento, in qualità di esperto, proposi agli alunni di una quarta classe le letture di “Favole della dittatura” e “La Sicilia, il suo cuore”. Qualche docente arrivò ad offendermi dicendo che stavo inventando; era meglio dire: “Non conosco”; lo avrei capito perché sia le “Favole” che “La Sicilia” erano brevi racconti e poesie edite una sola volta e che l’editore Sciascia di Caltanissetta stampò in poche centinaia di copie diffondendole solo in poche librerie della Sicilia.

L’arroganza (che Sciascia odiava) mi indusse a portare con me i libri a cura di Ambroise e mortificare gli “sconoscenti”.

Non pretendo di sapere tutto; ma non sopporto chi non sa e non lo ammette.

Spero che in questi giorni in tanti ricordino Sciascia; perché è terribilmente attuale, perché aprì gli occhi, le orecchie (e la mente) a tanta gente, perché la letteratura italiana gli deve molto. Perché è piacevole leggerlo e rileggerlo e farsi una coscienza critica.

Ce ne ricorderemo di quest’uomo che gli invidiosi indicavano come “maestro di scuola vascia”. Costoro sono rimasti “vasci”, bassi per sempre.

A futura memoria è rimasto Leonardo Sciascia, perché la memoria ha un futuro.

Quadro secondo – “Mamma Maria” porta la divisa 

È l’undici di settembre; a Raffadali si svolge la XIX edizione del premio nazionale “Alessio Di Giovanni”. Tra coloro che ricevono il premio speciale c’è Maria Rosa Volpe, ispettore capo della Polizia di Stato che opera presso la Questura di Agrigento.

Riceve il premio per il suo costante impegno nel sociale, per l’accoglienza e l’assistenza dei minori migranti, per l’assistenza alle ragazze madri, alle donne perseguitate da uomini violenti. Per tanti è una scoperta; non lo è per chi si occupa di questi delicati settori. Una foto della Volpe mentre assiste un bambino arrivato a Lampedusa su un barcone ha già fatto il giro d’Italia.

E adesso l’ispettore capo Maria Rosa Volpe è tra i quaranta campioni di eroismo civile che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha insignito del titolo di Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica. Ancora una volta la stampa nazionale si è occupata di questo ispettore della Questura di Agrigento. Questa la motivazione: “Per la sensibilità e la professionalità con cui, in piena emergenza, accoglie e assiste i minori immigrati non accompagnati nel nostro Paese”. Dal 1996 la Volpe è responsabile dell’Ufficio Minori della Questura di Agrigento. Tra i ragazzi che accoglie è conosciuta come “Mamma Maria”. Non le basta accogliere; quando questi minori stranieri sono già ai servizi sociali li segue a distanza, finché diventano maggiorenni. Ha anche preparato feste a Lampedusa per fare accoglienza ai migranti, ma sa anche essere decisa con coloro che maltrattano i minori e le donne. Un lavoro fatto con amore, e la divisa diventa un punto ideale di riferimento”.

È chiaro che accanto alla Volpe ci sono dirigente, colleghi di una Questura che si distingue sempre più a livello nazionale. Non solo per mettere in galera i criminali, ma anche per sviluppare un rapporto culturale col territorio (vedi il Caffè Letterario d’estate a San Leone, voluto fortemente dal questore Mario Finocchiaro, dal suo vice Giuseppe Peritore, dal presidente dell’associazione “Emanuela Loi” il soprintendente capo Fabio Fabiano e dal dipendente civile della Questura Angelo Leone).

Una Questura che recentemente ha anche preparato una stanza presso la Squadra mobile con giochi per bambini al fine di mettere a loro agio i piccoli e le madri che denunciano soprusi maschilisti.

Maria Volpe è punta di diamante della questura di Agrigento; nell’intervista che le ha fatto Repubblica dice tra l’altro che “non fa niente di speciale”. Ed aggiunge: “Il punto è che chi incontra quegli sguardi impauriti e persi, alla ricerca di affetto, non può che aiutare e dare umanità”. 

E alla Questura di Agrigento si trova tanta umanità.