Demolizioni a Licata, sit-in davanti prefettura ma Tribunale rigetta ricorsi

Sit-in di protesta ieri degli ex proprietari degli immobili abusivi da radere al suolo a Licata, che si sono radunati davanti alla prefettura di Agrigento.

Il prefetto di Agrigento, Nicola Diomede, ha incontrato una delegazione del comitato di ex proprietari di immobili abusivi di Licata, quelli per cui in base a sentenze passate in giudicato si dovrà procedere a demolizione.

Fra i manifestanti anche l’avvocato ex ambientalista Giuseppe Arnone che, come avvenuto per le case demolite nella Valle dei templi, si schiera con gli abusivi dando vita, come ad Agrigento, ad iniziative di protesta discutili. Oggi lamenta che “Il Comune impedisce l’accesso agli atti del procedimento, ostacolando il diritto alla difesa da parte dei cittadini”.

Proprio Arnone ha assunto la difesa di alcuni abusivi, come nel caso di Giovanna Iacona, presentando un’istanza di revoca del provvedimento di demolizione che è stato esaminato dal Tribunale di Agrigento (dott. Francesco Gallegra) e naturalmente è stato respinto (1 giugno 2016).

Scrive infatti il Giudice dell’esecuzione nel suo decreto, condividendo in pieno l’operato della Procura della Repubblica: “Considerato  che  gli  unici  profili  di  “novità”  dell’istanza  risultano  essere,  in primo luogo, quello dell’asserita mancata previa iscrizione della sanzione demolitoria in esame nel R.E.S.A. (Registro esecuzioni sanzioni amministrative) da tenersi presso la locale Procura, atto che la difesa deduce essere prodromico all’esecuzione dell’anzidetta ordinanza; ed, in secondo luogo, quello dell’asserita violazione, da parte dell’ufficio requirente, dei criteri di priorità nella selezione degli immobili da demolire, e segnatamente la mancata osservanza del “criterio cronologico”, in palese violazione del protocollo d’intesa sottoscritto dal Procuratore generale della Corte di Appello di Napoli e dai Procuratori della Repubblica del distretto napoletano, in data 26.5.2008, e delle “linee guida” ivi indicate;

premesso  che  l’individuazione  di criteri  di  priorità  nella  trattazione  delle  procedure  di demolizione  da  parte  del  P.M.  trova  il proprio  fondamento  normativa   nell’art. 1 del Decreto Legislativo 20           giugno 2006 n.106,  il quale al  comma 5  prevede che “il procuratore    della Repubblica può  stabilire in via generale, ovvero con singoli atti, i criteri ai quali ( …) i magistrati dell’ufficio debbono attenersi nell’esercizio della propria delega”,  ed al comma 6 che      “il  procuratore della  Repubblica determina i criteri di organizzazione dell’ufficio” dal momento che la demolizione dei manufatti abusivi, pur essendo una sanzione di natura amministrativa, costituisce un corollario dell’azione  penale essendo conseguente       alla sentenza di condanna definitiva”;

considerato, pertanto, che il protocollo anzidetto, oltre a dispiegare la sua efficacia, con tutta evidenza, soltanto nei confronti degli Uffici requirenti del Distretto di Corte di Appello di Napoli, non ha alcun rilevanza esterna, trattandosi di circolare organizzativa, e che la violazione dei criteri anzidetti può, al più, comportare profili di responsabilità disciplinare per il magistrato;

considerato, inoltre, che dalla lettura combinata dei punti n. 2 e 7  del  Protocollo d’Intesa  in materia  di demolizione  di manufatti  abusivi concluso tra la locale Procura ed il Comune di Licata in data 7.10.2015, si evince che “gli edifici da demolire saranno individuati con priorità d’intervento secondo le fasce descritte al punto 7”, che, a sua volta, prevede tre distinte fasce di intervento, distinguendo tra opere  realizzate in zone di inedificabilità assoluta (prima fascia), opere realizzate in zone di inedificabilità  relativa  (seconda fascia), e nuove opere realizzate all’interno di centri abitati e periferie (terza fascia), ma che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, non si fa menzione del c.d. “criterio cronologico”;

considerato che dalla lettura della sentenza sopra richiamata, pronunziata in data 9.1.1997, irrevocabile il 12.2.1997, è emerso che il manufatto abusivo ricade in zona sottoposta a vincolo paesaggistico di inedificabilità assoluta e che pertanto, rientrando nella prima fascia sopra indicata, la sua demolizione rivestiva carattere di priorità; ritenuto che l’anzidetta istanza, oltre a costituire mera riproposizione dell’istanza avanzata dall’interessata in data 28.4.2016 e già rigettata da questo Giudice, risulta ictu oculi  manifestamente  infondata,  non involgendo  questioni inerenti al merito, e non ponendo  problemi  di  valutazione  che  impongano  l’uso  di  criteri  interpretativi  in relazione al thema probandum (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 2 n.40750/2009);

ritenuto pertanto che non risulta necessaria l’instaurazione del contraddittorio nelle forme del procedimento camerale di cui all’art 666,c.3 c.p.p.; P.Q.M. Visto l’art. 666 c. 2 c.p.p.; dichiara inammissibile l’istanza avanzata nell’interesse di Iacona Concetta”.

Fine della storia, con qualche malafiura.