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Io, agrigentino che vivo l’inferno di Bergamo vi dico: “State a casa”

Ci scrive Lorenzo, agrigentino trapiantato a Bergamo, per commentare uno dei nostri articoli sul Coronavirus. Il suo messaggio è commovente e straordinario. E merita di essere pubblicato in apertura di giornale.

Ecco il testo:

Salve a tutti,

io sono originario di Agrigento e vivo da 35 anni a Bergamo, nel vedere che, per fortuna, da voi il virus è arrivato in maniera, ancora minima, vi invito ad evitare i contatti, state a casa. Qui da me la situazione è veramente tragica, si sentono solo sirene dell’ambulanze, informazioni per i positivi tramite una telefonata al giorno dall’ospedale; tanti conoscenti infettati, parenti, colleghi, i morti cremati (tutti) senza un funerale, per un posto non dichiarato, senza possibilità di un ultimo saluto. Credetemi sembra un film di fantascienza, ma di quelli ancora mai girati nè pensati.

Noi tutti qui ormai siamo abituati a stare a casa, portare il cane fuori una sola volta al giorno e sempre vicino casa. Mascherine, alcol, disinfettanti, introvabili, file enormi davanti alle farmacie e medici di famiglia infettati con la conseguenza che diventano difficili i rapporti con la sanità pubblica in caso di necessità.

Mi auguro che i nostri sacrifici diano risultati positivi al più presto.

Nei supermercati non manca niente ed i prezzi sono quelli di sempre. Mancano i medici, gli infermieri ma abbiamo tantissimi volontari che aiutano gli anziani a casa e altri che collaborano con la Protezione civile. Qui la gente è orgogliosa di essere italiana. I medici e gli infermieri andati in pensione stanno ritornando in servizio con forza e determinazione aiutando e sostituendo i tanti colleghi che si sono ammalati.

Insieme ce la faremo tutti dal nord al sud perché, alla fine, l’Italia si sta riconfermando di essere forte e tutta unita, e questa volta non per i mondiali ma per la nostra stessa sopravvivenza.

Un augurio a tutti