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L’altra medaglia della raccolta differenziata (video)

Ormai in tutti i Comuni siciliani è attivo il servizio di raccolta differenziata. Chi prima, chi dopo, ma quando si parla di raccolta differenziata, occorre fare un balzo culturale in avanti, trattando il tema dei rifiuti non partendo dalla fine, cioè dallo smaltimento, ma dall’inizio, cioè dalla loro produzione. La sfida è evitare che enormi quantità di materia diventino rifiuti, contribuendo a far crescere discariche o all’apertura di nuovi inceneritori, e invece dar vita a nuove filiere produttive in grado di rispondere non solo ad un problema ambientale ma anche economico ed occupazionale. Ad Agrigento la raccolta differenziata che è da poco approdata in quasi tutte le zone dell’agrigentino e che si diffonderà in tutta la città entro i primi mesi del 2018, certamente sta facendo tanto parlare di sé. Dopo le lunghe file e lamentele dei giorni scorsi da parte di tanti cittadini che sono stati  costretti a stare ore e ore, anche giornate intere, all’impiedi per ritirare i cestelli nell’unico punto ritiro attivato al viale Della Vittoria, il Comune ha deciso di aprire altri tre front-office, uno al Palacongressi del Villaggio Mosè, l’altro a Giardina Gallotti, e l’altro a Fontanelle, col fine di migliorare e accelerare il servizio con la distribuzione del materiale.
Ma oltre a preoccuparsi del materiale da distribuire, l’Amministrazione dovrebbe anche, a fronte di indici di conferimento di differenziata in aumento, vigilare su chi non rispetta le regole e preferisce dare vita a discariche a cielo aperto. Ma non solo. Spesso le buste  vengono lanciate dai finestrini da automobilisti impegnati in una nuova pratica sportiva. Così in pochi mesi su molte strade provinciali, statali e  comunali,  a bordo carreggiata si è formato un letto di rifiuti. Ma c’è di più. Come più volte denunciato, la zona industriale al confine fra Agrigento, Favara ed Aragona, che dovrebbe fungere da zona di slancio per la città soprattutto dal punto economico e lavorativo, è sepolta dall’immondizia. Sì, perché piazzole, strade e terreni, ciclicamente, vengono ripuliti, ma non c’è neanche il tempo di averne contezza piena che già iniziano a formarsi le nuove discariche abusive a cielo aperto, con cumuli di rifiuti, anche molto spesso dati a fuoco. È una storia che si ripete, sistematicamente. C’è stato anche un forte richiamo, nei confronti dei Comuni  di Agrigento, Aragona e Favara, da parte dell’Asp che ha, esplicitamente, parlato di “rischi per la salute pubblica”. E prima ancora, l’SOS era stato lanciato da Sicindustria e dall’ex commissario straordinario dell’Irsap Maria Grazia Brandara che chiedeva di applicare le norme di sorveglianza e controllo dei rifiuti, ma ancora oggi i rifiuti sono sempre li. C’è davvero di tutto, e le immagini parlano da sole. Raccontano un degrado che non fa onore a nessuno. Purtroppo, ai soliti «killer dell’ambiente», che sversano calcinacci frutto di lavori edili, tettoie e canne fumarie di eternit-amianto, elettrodomestici, materiale spugnoso, vetri e teloni di plastica, si sommano i nuovi trasgressori: la gente comune, magari non residente nei comuni dove dorme e quindi priva di contenitori per differenziare, che ha imparato ad avvelenare il territorio.
Dunque la domanda sorge spontanea: “E’ davvero possibile candidare Agrigento come Capitale della cultura 2020, davanti a questo scempio?