Agrigento

Il magistrato Birritteri denuncia Arnone: “Roso dall’invidia e dagli insuccessi”

Ogni pazienza ha un limite.

E’ questo che deve aver pensato il Giudice Luigi Birritteri nel presentare un esposto alla Magistratura di sorveglianza contro Giuseppe Arnone, di cui siamo venuti in possesso e di cui diamo conto ai lettori.

Un esposto pacato nei toni, come si conviene ad un magistrato, ma durissimo nei contenuti e ricco di spunti molto interessanti che dimostrano come il Tribunale di Sorveglianza sia stato troppo indulgente nel concedere ad Arnone l’affidamento in prova.

Per la cronaca, va anche detto che oltre al giudice Birritteri hanno già depositato esposto e querela per le stesse vicende anche il procuratore aggiunto della Repubblica di Catania, Ignazio Fonzo e il sindaco di Agrigento, Calogero Firetto.

Il consigliere Birritteri, carte alla mano, dimostra infatti che anche dopo la condanna per calunnia Arnone ha continuato a lanciare false accuse a destra e a manca, del tutto incurante della condanna subita, quantomai infamante per un avvocato (la calunnia è, infatti, un reato contro l’amministrazione della giustizia!).

Due fatti contenuti nell’esposto sono davvero clamorosi e lasciano in mutande il condannato Arnone, ponendo il problema di verificare (come chiede Birritteri nel suo esposto) se Arnone possa godere dei benefici carcerari pur fregandosene dei vincoli che gli sono stati imposti.

Il primo fatto riguarda le falsità pubblicate da Arnone (in una mail mandata il 9 gennaio 2018 al Consiglio di Stato)  e ribadite in un recente intervista tv del 10.2.2018, sulla gestione del processo Ancipa da parte dell’allora Sostituto procuratore generale di Caltanissetta, Luigi Birritteri.

Arnone aveva accusato Birritteri di “tradimento” delle sue funzioni in questo processo. Secondo la falsa ricostruzione di Arnone, Birritteri avrebbe chiesto l’archiviazione per tutti gli imputati (assolti in primo grado) e sarebbe scappato via (perché, secondo Arnone, impegnato a tenere corsi abusivi oppure perché ricattabile!) mentre subito dopo Arnone avrebbe preso la parola e la Corte di Appello avrebbe ribaltato la sentenza, poi confermata in Cassazione, accordando un risarcimento di 200 milioni di euro.

Per aumentare l’effetto diffamante (se non calunnioso) del suo racconto Arnone si è persino inventato che dopo la requisitoria di Birritteri tutti gli imputati insieme ai loro difensori “gongolavano”!!!

Una serie di superballe spaziali, totalmente inventate e documentalmente smentite nell’esposto di Birritteri!

La cosa è talmente clamorosa che conviene riportare, parola per parola, quanto affermato nell’esposto dal giudice Birritteri:

“Il condannato (cioè Arnone ndr) formula a mio carico accuse totalmente e documentalmente false in ordine all’attività dal sottoscritto svolta, in qualità di Sostituto procuratore generale presso la Corte di Appello di Caltanissetta,  nella requisitoria del c.d. processo Ancipa (avrei chiesto la prescrizione per tutti gli imputati e sarei scappato via! E così facendo avrei posto in essere il “tradimento” delle mie funzioni di magistrato!).

La falsità di tali gravissime accuse (riguardanti la mia correttezza professionale) emerge con tutta evidenza dal contenuto del verbale dell’udienza del 18.11.2005 nel quale sono consacrate le conclusioni da me rassegnate alla Corte di Appello Giudicante (verbale che allego in copia e nel quale si da atto della presenza dello stesso Avvocato Arnone).

Dall’esame del verbale suddetto risulta che ho rassegnato alla Corte le seguenti conclusioni, qui di seguito sinteticamente riassunte (tra parentesi le decisioni adottate dalla Corte stessa):

  • Non doversi procedere per morte degli imputati Carmelo Conti e Mario Rendo e per prescrizione limitatamente ai fatti anteriori al 18.11.1990 (richieste  integralmente recepite dalla Corte di Appello):
  • per Aricò A. condanna ad anni 3 di reclusione (interamente inflitti dalla Corte di Appello);
  • per Lizier V. condanna ad anni 2 e mesi 6 di reclusione (inflitta la minor pena di anni 1 e mesi 10);
  • per Ferreri G. condanna ad anni 1 e mesi 6 di reclusione (confermata l’assoluzione pronunciata dal giudice di primo grado);
  • per Gunnella A. condanna ad anni 3 di reclusione (inflitta la minor pena di anni 2 di reclusione, con sospensione);
  • per Citaristi S. condanna ad anni 3 di reclusione (confermata l’assoluzione pronunciata dal giudice di primo grado);
  • per Lodigiani V. condanna ad anni 3 di reclusione (inflitta la minor pena di anni 1 e mesi 10).

Per essere ancora più precisi ho formulato richieste di condanna a carico di tutti e 7 gli imputati ancora in vita per i quali il p.m ha interposto appello (richieste accolte solo per 4 imputati, ma con pene notevolmente ridotte rispetto a quelle da me richieste).

Malgrado ciò, il condannato afferma che, al termine della mia requisitoria, gli imputati e i loro difensori (dopo l’assoluzione con formula piena ottenuta in primo grado!), “gongolavano” (l’espressione è testuale) per le mie richieste (16 anni complessivi di reclusione, senza alcuna sospensione condizionale, malgrado la vetustà dei fatti, tutti compresi tra il 1989 e il 1991!). Ogni commento ulteriore sul punto sarebbe offensivo per il lettore.

Per completezza segnalo che – come risulta dallo stesso verbale – dopo il mio intervento concluse l’Avvocatura dello Stato e l’udienza venne rinviata al 25.11.2005, sicchè,  l’Avv. Arnone non parlò dopo di me nella stessa udienza, bensì in quella successiva.

Infine, la Cassazione non ha affatto “confermato le condanne” (si veda Cass. n. 21857 del 2007, disponibile sull’archivio Ced), ma per alcuni reati ha dichiarato la sopravvenuta prescrizione e per altri ha annullato senza rinvio la decisione di appello “perché il fatto non sussiste”.

In pratica  – all’esito del processo – nessun imputato è stato condannato per nessun reato e si registra per la maggior parte di loro una pronuncia ampiamente liberatoria e per gli altri la sola declaratoria di prescrizione dei reati stessi, con conseguente condanna al solo risarcimento del danno, limitato ad alcuni reati tra quelli in contestazione e da liquidarsi in sede civile, senza alcuna quantificazione del danno in sede penale.

Dunque, è dato incontroverso (che si segnala al TDS) la documentale falsità delle affermazioni formulate dal condannato nell’evidente esclusivo intento di colpire la mia persona anche nella sfera professionale (falsità sfacciatamente reiterata dal condannato nell’ultima intervista sopra citata “.

Arnone, dunque, sembra si sia proprio inventato di sana pianta lo svolgimento di un processo che ha avuto uno sviluppo esattamente opposto a quello da lui raccontato.

L’allora P.M. Birritteri non chiese affatto la prescrizione per tutti ma, al contrario, chiese per tutti gli imputati dure condanne! Senza sconti per nessuno.

Una richiesta che, ovviamente, era in linea con gli interessi delle parti civili (Arnone compreso) e, soprattutto, una richiesta che mai e poi mai avrebbe potuto indurre gli imputati a “gongolare” ma, semmai a preoccuparsi non poco.

Ma il desiderio di colpire ad ogni costo Birritteri è talmente violento e insopprimibile per Arnone che – non trovando altro materiale (magari più recente) per diffamarlo –  si inventa di sana pianta l’andamento di un’udienza (che si è tenuta nel lontano 2005), aggiungendovi anche particolari di dettaglio tutti – con puntualità certosina – documentalmente smentiti dal giudice Birritteri.

Una vicenda incredibile se non si sapesse già di cosa è capace Arnone allorchè decide di mistificare la realtà pur di accusare ingiustamente qualsiasi persona da lui odiata. Stavolta però Arnone ha toppato clamorosamente!

Non sappiamo perché, dopo tanto silenzio, il giudice Birritteri abbia deciso di reagire alle aggressioni di Arnone, passando al contrattacco, ma un sospetto lo possiamo avanzare.

Tra le tante superballe raccontate da Arnone c’è una che deve aver infastidito particolarmente il  giudice Birritteri e i suoi più stretti familiari!

Arnone infatti ha tentato di infangare – stavolta con una balla supermegagalattica – anche la figlia del giudice, la giovane avvocatessa Simona, e questo deve averne scatenato la sacrosanta reazione.

Una reazione, aggiungiamo noi, inevitabile perché tra Arnone e Birritteri negli anni passati vi erano rapporti di amicizia e frequentazione familiare, che hanno certamente coinvolto anche la giovane figlia del giudice.

Immaginate, dunque, voi lettori cosa deve aver provato papà Birritteri nel vedere Arnone inventarsi storie infamanti anche sulla sua giovane figliola. Il malcapitato deve essersi talmente schifato da sentirsi costretto a reagire contro un’azione di una bassezza morale difficilmente eguagliabile.

Ma leggete il fatto.

Arnone si è inventato che la figlia del giudice Birritteri, grazie ai rapporti illeciti del padre con il ministro Alfano, sarebbe stata assunta da neolaureata con un alto stipendio in una società di mediazione di cui sarebbe titolare la moglie del ministro, avvocato Tiziana Miceli, che tuttora (dice Arnone) è datore di lavoro della figlia di Birritteri.

Una balla fantasmagorica: la figlia di Birritteri non è mai stata assunta, né prima né dopo la laurea, in nessuna società di mediazione e tantomeno in una società gestita dall’avv. Tiziana Miceli.

Il giudice Birritteri precisa nell’esposto che la sua figliola non ha mai avuto alcun rapporto, neppure di semplice sporadica frequentazione, con la moglie di Alfano.

Per usare l’espressione contenuta nell’esposto di Birritteri anche questa notizia è “puramente e semplicemente falsa”.

Puramente e semplicemente falsa, dice il giudice Birritteri. Difficile dirlo meglio!

A questa pura e semplice falsità si aggiunge la vile indicazione secondo cui questa storia sarebbe stata raccontata addirittura, secondo Arnone, da uno stretto congiunto del giudice Birritteri.

Uno stretto congiunto che egli, ovviamente, si guarda bene dal nominare.

L’azione si qualifica da sé: un atto miserabile, di autentico squallore, rivolto contro una giovane professionista del tutto estranea alle accuse, formulate al solo scopo di infangare non soltanto il giudice Birritteri ma anche l’intero nucleo familiare.

Per questo ci siamo fatti la convinzione che di fronte ad una tale azione di ineguagliabile bassezza morale Birritteri abbia deciso di reagire.

Mia figlia non dovevi toccarla – avrà pensato – e meno che mai dovevi farlo inventandoti di sana pianta una storia infamante e inesistente.

Nell’esposto Birritteri si toglie anche altri sassolini dalle scarpe con riferimento alle accuse di aver gestito illegalmente una scuola privata con pagamenti in nero.

Si tratta, come ben sanno i nostri lettori, di un mantra che, spesso con volgarità di ogni genere, Arnone ha ripetuto ossessivamente in questi ultimi due anni, con post FB, video su Youtube, striscioni e pubblicazioni varie.

Nell’ultima intervista del 10 febbraio 2018 ha persino precisato di aver denunciato ufficialmente questi fatti alle autorità competenti.

Ebbene, dall’esposto di Birritteri apprendiamo che, a suo tempo, il Procuratore Generale della Cassazione, dopo aver svolto le doverose indagini sulle denunce di Arnone, ha archiviato il provvedimento.

Anche il Ministro della Giustizia ha fatto i suoi accertamenti ed ha disposto anche lui l’archiviazione del procedimento.

Inoltre nessun’altra autorità competente ha mai mosso alcuna contestazione sulle dichiarazioni dei redditi presentate dal giudice Birritteri.

Arnone accusa un giorno si e l’altro pure Birritteri di aver gestito (più o meno una quindicina di anni fa) una scuola illegale e con pagamenti in nero, ma le sue accuse sono già state archiviate dagli organi competenti. Uno sputtanamento totale su tutta la linea.

Tutto questo rende quasi ridicola anche l’ultima manifestazione (una sorta di canto del cigno, prima di cominciare a scontare la sua pena) svolta da Arnone il 12 gennaio davanti al Ministero della Giustizia a Roma. Arnone vuole dare la sveglia al Ministro invitandolo ad occuparsi del giudice Birritteri (oltre che di Fonzo, Fornasier e Tona). Peccato che di Birritteri il Ministro se ne è già occupato ed ha archiviato gli atti.

In ogni caso da giurista supercassazionista Arnone sa bene che ormai, Birritteri, come Consigliere di Stato non è più sottoposto al potere disciplinare del Ministro della Giustizia.

Dunque, ancora una volta, Arnone si limita a fare la consueta pagliacciata – come direbbe il nostro Attila – inutile e inconcludente come tutte quelle già fatte nel recente passato, e scrive pure sul fb di aver sferrato un colpo da ko a Birritteri e compagni.

In realtà Arnone schiuma rabbia e bile da ogni poro perché è ben consapevole che il suo ex amico Birritteri continuerà la sua brillante carriera mentre lui sconterà la pena per calunnia e questo proprio non lo sopporta e non è fisicamente e mentalmente in grado di accettarlo.

Mentre Birritteri continuerà a fare il suo prestigioso lavoro di Consigliere di Stato Arnone dovrà anche sopportare il peso dell’attesa dell’esito degli altri processi che ormai sono in dirittura d’arrivo e promettono ulteriori condanne definitive.

Ma una domanda sorge spontanea: perché Arnone è così arrabbiato con Birritteri?

E dire che il giudice Birritteri manca dal Tribunale di Agrigento da quasi vent’anni.

Malgrado ciò Arnone lo annovera tra i suoi nemici perché, dice lui in una pubblicazione, è collegato con la “Banda Alfano”.

Non ha mai spiegato però in cosa consista tale collegamento e, nell’accusare Birritteri, Arnone pesca fatti vecchi e già sepolti oppure lavora di fantasia, inventandosi vicende processuali inesistenti e incarichi farlocchi per la figlia del giudice.

Ma perché fa tutto questo?

La risposta possibile è una soltanto: l’odio feroce e l’invidia per gli innegabili successi professionali e personali del suo ex amico paragonati alla miserabile sorte cui oggi questo paladino di cartone va incontro.

Per i nostri lettori è sufficiente mettere a confronto Birritteri e Arnone nelle attività professionali cui si sono entrambi dedicati (il diritto) per capire la ragione dell’odio di Arnone:

entrambi hanno frequentato (negli anni ’80) lo stesso corso per la preparazione all’esame di magistrato ma Birritteri (sebbene di un anno più giovane) ha superato l’esame al primo colpo, classificandosi ottavo su oltre tremila concorrenti, mentre Arnone è rimasto al palo, inesorabilmente e più volte bocciato;

Birritteri ha svolto una brillante carriera, occupandosi di processi molto importanti (dal maxiprocesso di Palermo, alle stragi dell’Addaura e del giudice Chinnici, solo per citarne alcuni), raggiungendo il vertice della magistratura ordinaria con la nomina alla Procura Generale della Cassazione (ove si è occupato dei più importanti processi di ndrangheta, come la strage di Duisburg ed il processo Crimine, l’equivalente del maxiprocesso di Palermo contro le cosche calabresi);  Arnone, dopo aver fallito il tentativo di diventare pubblico ministero (il suo vero sogno nel cassetto, dopo quello di fare il sindaco!) è ormai ridotto a fare l’avvocato di se stesso nelle decine di processi nei quali è imputato;

Birritteri per 6 anni consecutivi, è stato apprezzato da 4 governi (Berlusconi, Monti, Letta e Renzi) e 5 diversi Ministri (Alfano, Palma, Severino, Cancellieri e Orlando) che gli hanno affidato le funzioni di capo dipartimento al Ministero della Giustizia (il massimo vertice dell’amministrazione), mentre Arnone per un breve periodo è stato capo della segreteria del sottosegretario Mattioli (come dire, ad occhio e croce, una quindicina di gradini sotto il livello raggiunto da Birritteri);

infine Birritteri ha coronato la sua carriera con la prestigiosissima nomina al Consiglio di Stato che Arnone dovrebbe sapere essere sottoposta a rigorosi pareri di idoneità alla svolgimento di queste importanti funzioni (pareri tutti superati a pieni voti dal giudice agrigentino), senza i quali qualsiasi sponsorizzazione politica  sarebbe inutile (compresa quella di Alfano che tanto lo fa arrabbiare!).

Quest’ultimo successo sembra aver fatto sbroccare definitivamente Arnone e Birritteri è diventato un suo immaginario bersaglio.

Nella sua fantasia malata Arnone immagina (e lo scrive pure!) di stroncargli la carriera. Di sferrargli “pugni da ko”. Di ottenerne la destituzione e la cacciata dal Consiglio di Stato e, perché no, anche da tutte le scuole del regno, come si diceva una volta.

Difficile richiamarlo alla realtà che è molto più semplice: Birritteri, per anni, non lo ha mai degnato di una risposta e quando ha deciso di replicare alle sue accuse lo ha fatto con un semplice esposto, di poche pagine e scritto in garbato italiano, con il quale gli ha mollato una bella serie di schiaffoni, facendogli fare una monumentale bruttissima figura.