Agrigento

Malasanità ad Agrigento: perde il figlio e la Corte di Appello triplica il risarcimento

Sono passati diciassette anni dal giorno in cui una giovane empedoclina perse il figlio per l’eccessivo ritardo con cui fu trasferito dall’Ospedale di Agrigento all’Ospedale G. Di Cristina di Palermo.

La vicenda risale al 2001. Dopo il parto avvenuto presso l’Ospedale di Agrigento, per la comparsa di problemi respiratori, risultando il nosocomio agrigentino sprovvisto di terapia intensiva neonatale, i sanitari decisero il trasferimento in elisoccorso del neonato presso altra struttura meglio attrezzata. Tuttavia, al momento di salire sull’elisoccorso, per il sopravvenire di altra urgenza, dai sanitari veniva deciso che il trasferimento del neonato sarebbe avvenuto non più con l’elisoccorso ma mediante ambulanza.

Ma poiché l’ospedale disponeva di una sola ambulanza, e doveva attendersi il suo rientro, di fatto il trasferimento avveniva dopo ben sette ore dall’insorgenza della sofferenza perinatale, con la conseguenza che una volta arrivato presso l’ospedale Di Cristina, munito di terapia intensiva neonatale, il neonato moriva a causa di una oramai “ gravissima insufficienza respiratoria”.

Dopo l’esposto dei genitori il procedimento penale a carico dei medici veniva archiviato.

Ma la madre, non rassegnata, intraprendeva una causa civile contro l’Ospedale di Agrigento rivolgendosi agli avvocati Angelo Farruggia e Annalisa Russello, i quali hanno sostenuto in giudizio che il nosocomio doveva considerarsi responsabile a causa dell’insufficienza delle dotazioni strutturali, ritenendo assurdo che un ospedale, come quello di Agrigento, avesse a disposizione “una sola ambulanza”.

Il Tribunale di Agrigento, con sentenza del maggio 2013, in base alla perizia medico-legale, affidata al prof. Livio Milone, con la quale veniva affermato che il ritardo di circa sette ore nel trasferimento, causato dalla mancata disponibilità di altre ambulanze,  aveva ridotto ogni probabilità di sopravvivenza, aveva condannato l’ospedale di Agrigento, quindi, l’Asp, a risarcire la giovane madre.

Tuttavia, rispetto alla somma richiesta di € 300.000,00, il Tribunale aveva ridotto l’entità del risarcimento, a soli € 100.000,00, ritenendo che il ritardo aveva determinato solo la perdita di chance di sopravvivenza. Aveva altresì liquidato sulla somma di € 100.000,00, solo gli interessi legali dalla data della sentenza ( maggio 2013) fino al pagamento.

Considerata ingiustificata la riduzione del risarcimento decisa dal Tribunale, gli avvocati Angelo Farruggia e Annalisa Russello hanno impugnato la sentenza  ritenendo che il Tribunale avesse errato nel ritenere che il caso potesse inquadrarsi nell’ipotesi della perdita di chance. Al contrario, ha sostenuto l’avv. Farruggia, il Tribunale doveva limitarsi a stabilire se il trasferimento con l’elisoccorso e, comunque, la disponibilità di più ambulanze, quindi, il tempestivo trasferimento, avrebbe probabilmente salvato la vita del neonato, in base al criterio del  più probabile che non. La sentenza risultava altresì errata nell’avere il giudice liquidato solo gli interessi legali e non anche la rivalutazione monetaria, e nell’avere previsto la loro decorrenza non già dal 2001, ma solo dal 2013.

Anche l’Asp aveva impugnato la sentenza, sostenendo che nessun risarcimento spettava alla madre del neonato.

La Corte di Appello, ha rigettato l’appello dell’Asp, e, accogliendo la tesi sostenuta dai legali agrigentini, ha condannato l’Asp di Agrigento a corrispondere alla madre il risarcimento per intero, nella misura di € 300.000,00.

Non solo, accogliendo l’appello proposto sul punto, la Corte di Appello ha riconosciuto oltre che gli interessi legali, anche la rivalutazione dal dal momento del fatto ( 2001) fino al soddisfo, con conseguente aumento di altre € 160.000,00 circa.