Agrigento

Il “Mandamento della Montagna”, tra vecchie conoscenze e incensurati: la frontiera dei centri di accoglienza e dei video-poker

Un colpo durissimo quello messo a segno dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Agrigento che – su richiesta della DDA di Palermo – ha eseguito alle prime luci dell’alba 56 arresti di cui 44 in carcere e 12 agli arresti domiciliari. Gli inquirenti – con un’attività di indagine durata oltre due anni – hanno di fatto azzerato il mandamento di Santa Elisabetta e quello di Sciacca, disarticolando 16 famiglie mafiose operanti nella provincia di Agrigento.

Sotto la lente di ingrandimento dei carabinieri è finito il cosiddetto Mandamento della Montagna, voluto e retto da Francesco Fragapane, 39 anni di Santa Elisabetta, figlio del boss ergastolano Salvatore, pezzo da 90 della mafia agrigentina: sarebbe stato lui a nominare e confermare personaggi a capo delle consorterie mafiose agrigentine. In manette finisce anche il sindaco di San Biagio Platani, paese della montagna finito nel mirino degli inquirenti per una notevole concentrazione di appalti e cantieri : si tratta di Santino Sabella, eletto nel 2014 , accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. L’indagine ha permesso di ricostruire e azzerare l’intera geografia mafiosa in provincia di Agrigento, individuando i capi e i gregari. Mafia agrigentina che, oltre alle collusioni con le pubbliche amministrazioni, controllava capillarmente il territorio attraverso le estorsioni documentate dalle intercettazioni: nel mirino delle cosche è finito anche un centro di accoglienza per migranti di Cammarata a cui veniva puntualmente imposto il pizzo. Ma non soltanto. Estorsioni a tappeto per commercianti e ditte ma anche investimenti sul mercato delle scommesse online e dei video poker. Luce anche sul traffico di droga, che gli inquirenti definiscono in calo rispetto al passato, ma comunque sempre presente e ben articolato soprattutto a Favara.

Dopo le operazioni Cupola e Nuova Cupola la mafia agrigentina si stava riorganizzando: se in alcuni casi riemergevano personalità legata alla vecchia Cosa Nostra, come il boss di Sciacca Salvatore Di Gangi finito in manette questa notte, dall’altra vi era in atto una vera e propria metamorfosi con l’immissione nei ruoli di vertice delle famiglie anche di persone incensurate come nel caso di Giuseppe Nugara, considerato il boss di San Biagio Platani.

Una fotografia puntuale e chiara, quella che ci consegnano oggi le forze dell’ordine, da cui emergono contatti tra i clan agrigentini e le ndrine calabresi, come quelli avvenuti tra i Fragapane di Santa Elisabetta e i Bellocco di Rosarno. Una mafia, quella agrigentina, che gli stessi indagano, intercettati, definiscono “fiore all’occhiello” di Cosa Nostra siciliana, anche più di quella palermitana.