Agrigento

Operazione “Montagna”: a Favara comanda Pasquale Fanara

Dall’operazione antimafia “Montagna” dei carabinieri del Comando provinciale di Agrigento che hanno eseguito 56 ordinanze di custodia cautelare nei confronti dei vertici dei mandamenti e delle cosche di Cosa nostra dell’Agrigentino emergono importanti novità sugli assetti mafiosi territoriali e sulle nuove alleanze.

Pasquale Fanara

Secondo le indagini, rispetto a quanto emerso dall’operazione “Cupola” del 2002 – Favara adesso è autonoma e non racchiude più comuni come Naro, Comitini, Racalmuto e Grotte.

A guidare la famiglia favarese ci sarebbe Pasquale Fanara, già condannato per mafia in passato. Accanto a lui figure indicate anche da collaboratori di giustizia quali Luigi Pullara, Stefano Valenti, Calogero Limblici, Giuseppe Blando, Angelo Di Giovanni, Gerlando Valenti ma anche di soggetti che secondo gli inquirenti – pur non essendo formalmente affiliati – avrebbero in qualche modo favorito la consorteria come Salvatore Vitello, Giorgio Cavallaro e Calogero Maglio. Giuseppe Quaranta, invece, ha una storia diversa perché – secondo le indagini – avrebbe ricoperto per diverso tempo il ruolo di referente di Francesco Fragapane facendo da collante tra la famiglia di Favara e il mandamento della montagna. L’indagine ha anche puntato gli occhi su una presunta rete di pusher che agiva con il “benestare” della famiglia come Calogero Quaranta, figlio di Giuseppe, Calogero Antonio “Sandro” Licata, Salvatore Montalbano e Stefano Di Maria, tutti agli arresti domiciliari.

L’imponente blitz, ordinato dalla Dda di Palermo, e’ stato eseguito da 400 militari supportati da un elicottero della Squadra Elitrasporto Cacciatori di Sicilia e da unita’ cinofile, e ha disarticolato i mandamenti di Santa Elisabetta e Sciacca e 16 famiglie mafiose della provincia. Arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa anche il sindaco di San Biagio Platani Santo Sabella; dimostrati stretti collegamenti con i vertici delle cosche di quasi tutta la Sicilia e delle ‘ndrine calabresi. Gli arrestati avrebbero compiuto estorsioni nei confronti di 27 aziende oltre ad essere ritenuti colpevoli di traffico di droga. Pizzo veniva inoltre chiesto anche a cooperative di gestione di immigrati e richiedenti asilo. Sette le societa’ sequestrate. Decine le perquisizioni.