Agrigento

Procura Palermo manda Arnone a processo per diffamazione nei confronti di Alfonso Cicero: la storia mai raccontata

La Procura di Palermo ha disposto la citazione a giudizio di Giuseppe Arnone per diffamazione aggravata nei confronti di Alfonso Cicero ex presidente dell’Irsap.

La prima udienza del processo si terrà il 4 giugno 2019 davanti alla terza sezione penale del Tribunale monocratico.

Il provvedimento risale allo scorso luglio, ma è stato notificato alla parte offesa soltanto oggi.

Per Arnone questo è il secondo processo per diffamazione aggravata nei confronti di Cicero. L’altro procedimento è in corso di svolgimento davanti il Tribunale di Catania dove Cicero, difeso dall’avvocato Annalisa Petitto, è  parte offesa e parte civile.

Secondo la Procura di Palermo, Arnone “offendeva la reputazione di Cicero esponendo, il 18 maggio 2015, di fronte il Palazzo di Giustizia di Palermo uno striscione ritenuto diffamatorio nei confronti dell’ex presidente dell’Irsap.

Inoltre, “munito di apposito microfono in presenza di operatori audio e video, che procedevano a registrare le sue dichiarazioni”, diffondeva diffamazioni contro Cicero, anche sugli incarichi legali e sulla gestione dell’Irsap nel periodo in cui ricopriva il ruolo di presidente.

“Ho sempre preferito attendere l’esito delle indagini dell’autorità giudiziaria – ha commentato Cicero – subendo, in silenzio, le valanghe di fango, le gravi diffamazioni e le accuse palesemente false e calunniose diffuse costantemente dai vari personaggi, dai potenti di turno, interessati a calunniarmi e delegittimarmi, senza alcuno scrupolo, innanzi l’opinione pubblica e le istituzioni. Mi costituirò parte civile – annuncia Cicero – per chiedere il risarcimento degli ingenti danni patiti a causa delle gravissime diffamazioni propalate dell’Arnone che hanno profondamente ed irreparabilmente leso il mio onore e la mia reputazione”.

Fin qui la storia che racconta Cicero, che merita grande attenzione.

Ma c’è di più.

Cicero non lo racconta, ma dagli atti dei due procedimenti a carico di Arnone emerge con estrema chiarezza come siano andate le cose tra i due.

E sono le ragioni che hanno spinto Arnone – dopo aver abbondantemente creduto nel sistema Montante e che ha portato Cicero ai vertici dell’Irsap – a cambiare rotta e imbarcazione.

Esattamente come avvenuto in passato con Teleacras, Filippo Salamone e Giovanni Miccichè, salvo poi ricambiare idea a seconda della sua personale convenienza.

Non accontentato infatti in alcune richieste, oggi divenute tipiche del cosiddetto sistema Montante (così definito dai più) Arnone, more solito, sceglie di mettersi di traverso contro il medesimo sistema Montante e i suoi pretesi fiancheggiatori e favoreggiatori.

Con in testa  proprio Cicero che, poveretto, già aveva gratificato di un incarico proprio il medesimo Arnone all’Asi di Enna  e con Arnone che non contento e soddisfatto pretendeva, tra le altre cose, una collocazione professionale anche per il fratello ragioniere e la cancellazione di un provvedimento antimafia adottato nei confronti  di Mediatel che altro non è che Teleacras (quando Arnone a Teleacras era l’assoluto padrone).

Dalle carte che vi proponiamo (nulla di tutto ciò è stato semplicemente sfiorato, stante le notizie sinora rese pubbliche, dalla mastodontica inchiesta di Caltanissetta), si comprende bene che fino a quando si poteva grattare qualcosa, tutti erano bravi e da indicare come esempio (Montante, Catanzaro, Lumia, Cicero, Venturi e Marino e compagnia cantando) quando non si è grattato più, invece, tutti sono diventati delinquenti da denunciare.

Esattamente come oggi intende fare, per accreditarsi, Arnone che afferma di aver denunciato il malaffare di Montante &co, ma deliberatamente come suo costume dimentica di dire quanto accaduto prima, quando lesinava il posto per il fratello e la cancellazione del provvedimento antimafia a carico di Teleacras ed altro ancora.

E dimentica i due documenti che alleghiamo integralmente,  esattamente come sono stati sottoscritti dalle parti.

Cicero denuncia querela Arnone

Arnone lettera Cicero

Naturalmente saranno i giudici a chiarire definitivamente ciò che, rispettivamente, Cicero ed Arnone affermano e noi prenderemo atto di quanto verrà accertato.

Ad oggi, però, non narrata (e questo puzza assai) la storia processuale, atti alla mano è questa.

E non si può non ricordare che, ad esempio, Arnone nel 2012 nel tentativo di difendere l’ex governatore Raffaele Lombardo accusato di mafia (offrendosi persino come difensore ed all’occorrenza come testimone e non mancando di sbianchettare il nome del medesimo Lombardo e dei suoi sodali da ogni pubblicazione) e Girgenti acque, scriveva quanto segue e che troverete nei documenti allegati: “Nella pubblicazione sopra indicata ho anche ricostruito la rottura maturata all’interno del mondo imprenditoriale agrigentino grazie all’enorme lavoro congiunto in particolare dal vertice di Confindustria Siciliana, ad Agrigento ottimamente rappresentato dal presidente Giuseppe Catanzaro, nonché da poliziotti instancabilmente dediti alla causa della legalità e della lotta alla mafia, quali il dottor Attilio Brucato, per molti anni a capo della Squadra mobile di Agrigento e adesso in servizio nella realtà catanese…”  “… Per una particolarissima coincidenza, per il mio impegno antimafia, mi sono occupato appunto dell’imprenditore Campione e della sua collaborazione con l’Autorità giudiziaria, del ruolo che accanto a Campione e ad altri imprenditori agrigentini ha assunto, da almeno un lustro a questa parte, Confindustria Siciliana con a capo Ivan Lo Bello, del ruolo avuto anche nelle indagini giudiziarie rafforzate o avviate grazie alla collaborazione degli imprenditori la struttura investigativa diretta dal vicequestore dottor Attilio Brucato, mentre per il mio impegno politico di amministratore del Comune di Agrigento, molto sensibile ai problemi che riguardano l’acqua, mi sono occupato anche del funzionamento di Girgenti Acque SpA e dei suoi rapporti con gli Enti Pubblici, inclusa la Regione Siciliana.

Dunque, è del tutto pacifico che il presidente Raffaele Lombardo ha assunto il ruolo istituzionale a Palermo mediante il quale potrebbe, in linea di principio, occuparsi dell’erogazione dei finanziamenti da parte della Regione Siciliana solo dopo la primavera dell’anno 2008.

Per inciso, va ricordato che il collaboratore di giustizia Maurizio Di Gati è detenuto dalla fine del 2006. Le accuse mosse dal collaboratore Di Gati all’imprenditore Marco Campione, sono ampiamente datate per periodi precedenti l’arresto di Di Gati, di massima risalgono alla seconda metà degli anni ’90. Questi verbali, ove Di Gati parla delle sue estorsioni di intimidazioni ai danni dell’imprenditore Campione, sono in possesso della Dda di Palermo da oltre cinque anni: nessuna accusa né di concorso esterno, né di altro la Dda ha mosso nei confronti dell’imprenditore Campione o di suoi collaboratori. Da ciò emerge, con evidenza, che anche per quanto riguarda le ricostruzioni di Di Gati relative a Campione, quest’ultimo è stato considerato vittima della mafia e non complice….”

“…Sempre nell’anno 2008 inizia ad operare la società Girgenti Acque SpA, della quale l’imprenditore Campione è azionista di rilievo con poteri decisionali. Quando nasce Girgenti Acque, l’imprenditore Campione, coadiuvato dai locali vertici di Confindustria, rappresenta uno dei principali esponenti dell’imprenditoria agrigentina che – rischiando anche la vita – si è messo a disposizione dello Stato. ponendo in essere anche nelle aule giudiziarie, una netta rottura col contesto di imposizioni, estorsioni e “governo del territorio” preteso da Cosa Nostra.

Comunque, per quel che conta nella presente vicenda, dal 2008 in poi – cioè da quando Lombardo è Presidente della Regione – l’imprenditore Campione è, con certezza, con inoppugnabili dati di fatto giudiziari, qualificato dalle Autorità dello Stato come un soggetto che si è schierato decisamente dalla parte giusta, senza ambiguità e timori”

Prosit (al neogrillino, moralizzatore a corrente alternata …).