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Scovato “tesoro” (16,5 mln) di Peppe Burgio ‘re’ supermarket: pentito per evitare sequestro beni

E’ stato individuato, dalla Guardia di Finanza, coordinata dalla Procura di Agrigento, il “tesoro” di Giuseppe Burgio, l’imprenditore agrigentino arrestato lo scorso anno perchè ritenuto responsabile di bancarotta fraudolenta per un importo complessivo di 50 milioni di euro.

Secondo quanto emerso pare che l’ex re dei supermercati stava per spostare un ingente quantitativo di denaro. L’operazione che ha portato in manette Burgio, nell’ottobre del 2016, sarebbe stata affrettata proprio per bloccare tale operazione finanziaria.

Dunque, sigilli per 16,5 milioni di euro.

La Guardia di finanza di Agrigento del ten. col. Fabio Sava, ha posto sotto sequestro il patrimonio immobiliare della Hopaf Srl di Porto Empedocle, società immobiliare a suo tempo amministrata da Giuseppe Burgio.

L’arresto di Burgio, noto e controverso imprenditore agrigentino, era avvenuto in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dall’autorità giudiziaria che adesso si è espressa sul decreto di sequestro. Le quote societarie erano già state sequestrate su provvedimento del Tribunale per le imprese di Palermo a seguito dei fallimenti che coinvolsero le società attive nel settore della grande distribuzione organizzata e già sottoposta ad amministrazione giudiziaria; le uniche operazioni svolte dalla società sono quelle di affitto del centro commerciale “Le rondini”, a Porto Empedocle.

Gli immobili sono tre a destinazione residenziale, uno sito a Palermo e due ad Agrigento, in via Minerva, dove Burgio risiedeva, e due a destinazione commerciale (uno a Porto Empedocle e l’altro a Gela).

Il loro valore è stimabile in oltre 16,5 milioni di euro.

Tali immobili, oltre ad essere il frutto delle ipotesi di bancarotta fraudolenta, venivano utilizzati per protrarre la commissione del reato mediante la rappresentazione contabile di un valore sovrastimato rispetto a quello reale. Tramite false rappresentazioni contabili di questo tipo Burgio ed i suoi più stretti collaboratori erano infatti risusciti a procrastinare indebitamente la dichiarazione di fallimento di quattro società, di cui la più strutturata era il Centro distribuzioni alimentari Spa, vera e propria piattaforma logistica per i supermercati di livello provinciale, con danni ai creditori per quasi 50 milioni di euro, e distrazioni direttamente imputabili a Burgio per oltre 13 milioni di euro. E ciò senza considerare l’enorme numero di lavoratori impiegati presso i numerosi centri commerciali che in tale contesto persero il proprio posto di lavoro a causa delle spregiudicate politiche aziendali e di bilancio del proprio datore di lavoro, il quale oltretutto notoriamente si vantava, già dall’inizio degli anni 2000, di avere intrapreso una forma di collaborazione con l’autorità giudiziaria; collaborazione che, in realtà, come in seguito fu giudizialmente dimostrato, era motivata proprio dal timore che le proprie società fossero sottoposte a misura di prevenzione patrimoniale dopo il suo primo arresto, avvenuto nel 1999 (nell’ambito dell’operazione “Grande Oriente”).

A distanza di anni è scattato il sequestro tanto temuto.

La storia di Burgio è ambigua tanto quanto il procedimento, che lo coinvolge, denominato “Discount”. 

Una distrazione di beni che ammonta a 50 milioni di euro, una bancarotta fraudolenta che a memoria non ha eguali nella storia agrigentina. L’indagine, condotta dalla Guardia di Finanza di Agrigento, muove i primi passi tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012.

Anzi, come detto dalla pm Brunella Sardoni, titolare del fascicolo, si può affermare che l’anno cruciale sia proprio il 2012.

Una storia che poggia le sue fondamenta in un contesto sociale ed economico di pura crisi, come quello agrigentino, e che ha permesso dunque il protrarsi, assumendo dimensioni di tale portata, sostanzialmente per due ragioni: una compiacenza sociale ed una bancaria. E’ indubbiamente decisivo l’intervento di istituti bancari, come l’Unicredit, per alimentare e tenere ancora in vita un meccanismo del genere. Per tale ragione, gli inquirenti stanno svolgendo indagini parallele per individuare i responsabili e le motivazioni che hanno portato una banca a sospendere gli addebiti del Burgio, in almeno 145 operazioni relative ad assegni bancari, risultando dunque come una specie di “finanziamento anomalo” che gli permetteva di proseguire l’attività dell’impresa, occultandone ed aggravandone il dissesto in corso, incrementando l’ingente danno ai creditori e determinando il successivo fallimento.

IL SEQUESTRO DA 16,5 MILIONI. Lo scorso 14 febbraio Militari del Nucleo Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Agrigento hanno posto sotto sequestro il patrimonio immobiliare della HO.P.A.F. S.r.l. di Porto Empedocle. Gli immobili della HO.P.A.F. S.r.l. sono tre a destinazione residenziale, uno sito a Palermo e due ad Agrigento, in via Minerva, dove il Burgio risiedeva, e due a destinazione commerciale (uno a Porto Empedocle e l’altro a Gela). Il loro valore è stimabile in oltre 16,5 milioni di euro.Tali immobili, oltre ad essere il frutto delle di plurime ipotesi di bancarotta fraudolenta, venivano utilizzati per protrarre ad libitum tali condotte delittuose mediante la rappresentazione contabile di un valore sovrastimato rispetto a quello reale.

IL RUOLO DI UNICREDIT. Le indagini che hanno per oggetto Giuseppe Burgio finiscono, inevitabilmente, per concentrasi sull’istituto bancario che per la Procura, inspiegabilmente, ha permesso di fatto la possibilità al gruppo imprenditoriale di continuare le proprie attività. Dunque, come anche spiegato all’incontro con i giornalisti dal procuratore, parallelamente a questa vi è un ulteriore indagine che riguarda i funzionari dell’istituto Unicredit. Proprio su questa banca, che fu “Banco di Sicilia”, le Fiamme Gialle concentrano i propri sforzi. Vengono  passate al setaccio tutte le carte, i documenti e le posizioni degli operatori Unicredit relativi al “gruppo Burgio”. La Procura, di fatto, sostiene che Unicredit abbia di fatto finanziato tutto il “gruppo imprenditoriale Burgio”,. Le società fallite risultano clienti di Unicredit praticamente dalla nascita. La banca ne conosceva approfonditamente la struttura, la compagine sociale, nonché la solidità patrimoniale avendo istruito numerose pratiche di affidamento. Agli occhi degli inquirenti appare evidente come le criticità delle società del Burgio fossero conosciute all’interno dell’istituto bancario. E non solo. Il ritardo nell’accertamento del dissesto da parte dell’Unicredit, secondo la Procura, ha comportato una profonda alterazione dei rapporti tra le diverse categorie di creditori delle imprese: da un lato la banca continua a lucrare interessi; dall’altro i creditori. Un episodio, più degli altri, convince di questo gli inquirenti: la sospensione, inspiegabile,  per diversi mesi dell’addebito degli assegni emessi da Gestal, Ingross e Cda per un importo complessivo prossimo ai 9 milioni di euro, e, cosa ben più grave, a fronte dell’avvenuto pagamento degli stessi. In sostanza, la banca ha negoziato e pagato gli assegni bancari emessi dalle tre società del gruppo Burgio, in assenza di disponibilità ed omettendo il contestuale addebito degli importi nei rispettivi rapporti di conti corrente.La movimentazione su conto corrente è stata infatti registrata dall’istituto dopo 7 mesi circa. E non sarebbe neanche la prima volta. Infatti, giunti nel cuore dell’attività di indagine degli inquirenti, emerge che alla Gestal srl, già dal 2006 e nonostante mostrasse ogni anno una perdita di gran lunga superiore al capitale sociale, è stato concesso un mutuo chirografario di euro 500.000, con fideiussione personale di Giuseppe Burgio, dando così nuovamente linfa vitale ad un’attività in costante perdita.

In totale sono quattro le società coinvolte nella bancarotta: la “Cda spa”, sicuramente quella più di rilievo, la “Gestal srl”, la “Ingross” e “G.S.B srl”. Come si diceva, il periodo cruciale è tra la fine del 2011 e gli inizi del 2012, lasso di tempo in cui falliscono tutte le suddette società. Quest’ultime, infatti, sono state assoggettate ad una gestione “comune” facente capo esclusivamente agli interessi personali del Burgio, in violazione di ogni normativa civilistica e contabile e, soprattutto, in spregio delle ragioni dei creditori. Quello che risalta agli occhi degli inquirenti è come, attraverso un giro pazzesco di conti, prelievi e depositi, dal 2008 tutti i movimenti e i flussi finanziari in favore di Giuseppe Burgio sono di gran lunga superiori rispetto alle anticipazioni dallo stesso effettuate.

LA GESTAL srl. La società “Gestal S.r.l.”  è stata costituita il 5 gennaio 2001 e si occupa di ingrosso di prodotti alimentari e l’esercizio di supermarket ed hard discount. La società è stata dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Agrigento nel 2012. L’attività di indagine ha permesso di constatare come la società aveva completamente eroso il capitale sociale, senza provvedere alla ricostituzione, già dall’esercizio 2004. Dall’esame del patrimonio della “Gestal s.r.l.” è emerso che le perdite degli anni 2004 – 2005 – 2006, sempre di gran lunga superiori al capitale sociale sottoscritto e versato dai soci, sono state costantemente rinviate al nuovo esercizio fino a raggiungere l’importo di € 563.247. Dunque, dal 2004 al 2006, non solo non sarebbero potute esistere questi movimenti ma, ancora, sono state proprio suddette operazioni ad aggravare il bilancio della società e portarla al dissesto.

LO YACHT DA 34 METRI. Una di queste capovolte finanziarie, come hanno spiegato gli inquirenti in conferenza stampa, è servita all’acquisto, in leasing, di uno yacht “Leopard 34” di 34 metri dal valore di 850.000€. L’operazione, condotta tramite distrazione di capitali dalla società Gestal, riguarda anche la copertura assicurativa dell’imbarcazione.

LA CDA srl. La Cda srl è una società, costituita nel 1987 e fallita nel 2012, che si occupa prevalentemente di ingrosso di alimenti in genere, detersivi, articoli e prodotti per la pulizia. Alla distrazione economica del Burgio si affianca anche una contabilità fittizia ed immaginaria, secondo quanto ipotizzato dalla Procura. Praticamente, le scritture contabili analizzate, già dal 2007 presentavano punti critici. . Da una serie di controlli incrociati effettuati dalla Guardia di Finanza è emerso che , pur vivendo un grave e crescente periodo di dissesto economico della società, l’organo amministrativo ha percepito ingenti compensi, pari a complessivi 1.306.410 euro. Tra numerosissime falsificazioni riscontrate, inoltre, è emersa pure una rilevante supervalutazione di bene immobile di proprietà della società in contrada S.Benedetto, avente un effettivo valore di 5.290.000€ ma valutata all’incirca 12.000€. Il danno arrecato, quantificato dai periti della Procura, a questo organo amministrativo è di 19.118.449,68€.

LA GSB srl. La società G.s.b. srl è stata costituita nel maggio 2009 e si occupa di attività di produzione e commercio di prodotti alimentari. Nel 2011 la società cambia sede legale, da Sciacca a Cammarata, cambiando anche amministratore delegato. Una parte delle quote,inoltre, viene ceduta alla moglie di Burgio. Dalle indagini emerge fin da subito una criticità nella gestione e, dato che non passa inosservato agli inquirenti, sono numerosissimi gli intrecci economici con le società Gestal, Ingross e CDA, nonché con la Hopaf e la Efinvest, tutte riconducibili a Burgio. Primi movimenti anomali vengono riscontrati quando, per un motivo ancora sconosciuto, vengono girati degli assegni dal valore di circa 30.000€ dalla “Gsb srl” al conto personale di Giuseppe Burgio. Ma ciò che veramente incuriosisce gli inquirenti sono i contratti che stipula la Gsb srl. La società, costituita nell’anno 2009, che rimane inoperante fino alla fine del 2010, nel mese di gennaio 2011 ha inoltrato alla “Ingross s.r.l.”una proposta non vincolante per l’affitto dei rami di azienda identificabili nei punti vendita di Sciacca e Agrigento, via Crispi e C/da Minaga, proponendo un canone annuo per tutti i punti vendita pari a € 350.000. Successivamente, nel 2011, la società ha dapprima stipulato un contratto di somministrazione con il “Gruppo 6 gdo s.r.l. ” e, solo successivamente, i contratti di acquisizione dei punti vendita di proprietà della “Ingross S.r.l.”. Infine sono stati stipulati i contratti di affitto di azienda con “Ho.pa.f. S.r.l.” e “Efinvest S.r.l.”. Tutti i contratti sono stati oggetto di risoluzione tra il mese di settembre ed il mese di dicembre 2011.

INGROSS srl.  La “Ingross srl” è sicuramente la più longeva delle quattro società fallite. Fondata nel 94, anche questa come le altre si occupa della produzione e del commercio di prodotti alimentari. La società fallisce nel maggio 2012. Anche in questo caso, come nei precedenti, sono presenti diverse dissimulazioni. Fra le tante, come avvenuto  per la “Cda srl”, vi è una supervalutazione di un bene immobile appartenente alla “Ingross srl”.  Una struttura, ad Agrigento, dal valore di meno di 1 milione di euro veniva rivalutata, per mascherare le reali condizioni economiche della società, per una somma di 4 milioni di euro. Il danno calcolato all’organo amministrativo supera i 15 milioni di euro.



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