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Mafia, lettera killer di Livatino: “Chiede perdono, non è pentimento giudiziario”

Ha destato non poco clamore la notizia della lettera inviata a Papa Francesco da Domenico Pace, killer del giudice Rosario Livatino, lettera con la quale il palmese, condannato all’ergastolo per l’omicidio del “giudice ragazzino, ha chiesto perdono al Pontefice argentino.

. Dal carcere di Sulmona, dove sta scontando l’ergastolo, l’ex pastore di Palma di Montechiaro nell’anno della misericordia chiede perdono a Dio. Nella lettera l’uomo racconta il suo percorso di conversione da quel giorno di settembre del 1990 quando, su ordine della Stidda, accetto’ di far parte del commando che assassino’ con sei colpi d’arma da fuoco il magistrato di Canicatti’ sulla statale che porta ad Agrigento; l’ultimo colpo fu sparato a bruciapelo. Ora il pentimento, o meglio la richista di perdono: “Lui, Livatino, mi tiene compagnia, non mi lascia solo”. La lettera e’ stata inviata anche al sacerdote Giuseppe Livatino, arciprete di Raffadali, che segue il processo di beatificazione del giudice assassinato.

Lo dichiara apertamente anche la cognata del killer, Giusy Tornambè, che parla di “bisogno di perdono, non di pentimento giudiziario”. La donna fa sapere: “Lui non chiede sconti di pena. Qualcuno ha frainteso inopportunamente la richiesta di perdono in pentimento. Nell’anno del Giubileo, Domenico ha chiesto perdono a Dio”. Frasi riportate in un articolo del Giornale di Sicilia di oggi. Frasi destinate a far rumore.