Apertura

Agrigento, processo “Discount”: i prestanome farlocchi di Peppe Burgio, i soldi per lo yacht e quelli sottratti ai lavoratori

E’ ripresa questa mattina davanti al collegio di giudici presieduto da Luisa Turco (a latere Giuseppe Miceli e Vito Genna) l’udienza del processo “Discount” che vede l’imprenditore empedoclino Giuseppe Burgio – l’ex re della distribuzione alimentare in provincia – accusato di bancarotta fraudolenta oltre ad una presunta distrazione di beni milionaria.

Il processo riprendeva per l’escussione di un teste presente nella lista dell’accusa – rappresentata dal sostituto procuratore della Repubblica Alessandra Russo: si tratta del luogotenente della Guardia di Finanza, in forza al Nucleo Tributario, Gioacchino Seminatore. Il finanziere ha snocciolato i vari passaggi che hanno caratterizzato la vasta indagine: dal ruolo di Burgio all’interno delle società fallite passando per le varie (presunte) distrazioni e i rapporti dell’imprenditore con Unicredit. Quattro le aziende che – nell’arco di un anno – sono fallite una dietro l’altra: la Gestal, Cda, Ingross e Gsb.

“Queste società fanno capo a Giuseppe Burgio anche se formalmente rappresentate da altri soggetti. La Gestal, ad esempio, nasce nel 2001 con sede legale a Porto Empedocle ed un capitale sociale di 51 mila euro (80% Burgio – 20% Gilotti) e sono tre le persone che si succedono alla guida: Renato Gilotti, lo stesso Burgio e Carmelo Bartolomeo. Si intende gruppo Burgio proprio perché – anche se non il legale rappresentante – era il “dominus” delle suddette aziende. Questo si evinceva da diverse situazioni maturate che abbiamo riscontrato: ad esempio, è stato rinvenuto un conto bilancio di circa 6 milioni di euro della società poi prelevati da Burgio; oppure, seppur non formalmente legale rappresentante, Burgio proponeva di risanare con un concordato proposto,  analizzato dal curatore fallimentare Lentini, la situazione debitoria della Gestal.”

Su quest’ultima azione, poi non andata in porto, il luogotenente ricostruisce come sarebbe dovuto avvenire il concordato: “L’operazione doveva avvenire tramite un fondo erogato da due società estere, con sede a Londra, rappresentate da due soggetti italiani risultati esser in seguito ad un controllo nullatenenti e con precedenti penali alle spalle. Queste due società estere dovevano garantire un importo di 15 milioni di euro per ripianare i debiti della Gestal con la mediazione di una terza azienda.”

Il militare della Guardia di Finanza spiega che tipo e con quali modalità sarebbero avvenute le presunte distrazioni di beni: “La Gestal va in fallimento con una passività di 11 milioni e 440 mila euro. Già nel 2010 si presentava in piena evasione fiscale per svariati milioni di euro. Le distrazioni potevano essere di cassa, come quella di 780 mila euro che attraverso un giro-conto erano passati nei crediti di Burgio, o con cessioni dei punti vendita chiaramente sottostimate (Favara a 175 mila euro, Porto Empedocle 125 mila euro e Palma di Montechiaro 50 mila euro) oppure con omissioni nei versamenti al personale dipendente come quello di 307 mila euro nel 2012. La Guardia di Finanza aveva anche accertato la presenza di due assegni da 25 mila euro verso una società di Pisa per la costruzione di uno yacht e altri 15 mila euro per l’assicurazione. Una somma come 98 mila euro, invece, è stata incassata dal Burgio e non ci siamo spiegati il motivo.”

Infine il luogotenente parla dei rapporti con Unicredit: “Controlliamo Unicredit dopo le indagini su Gestal e veniva fuori una specie di finanziamento illecito dell’istituto bancario alla Gestal tramite la sospensione di assegni. Nel 2010 ci siamo recati all’Unicredit e abbiamo sentito il funzionario responsabile del rapporto debitorio con Burgio, cioè la dottoressa Borsellino”.

Giuseppe Burgio è difeso dagli avvocati Danile e Giganti (nominata oggi). Le parti civile, se ne contano una novantina, sono rappresentate dagli avvocati Santino Russo, Miligi, Vella e Genovese.

Si torna in aula il prossimo 8 gennaio.