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Coronavirus, medico di Sciacca verso guarigione: “Giorni pesanti, ho conosciuto la cattiveria dell’uomo”

Rompe il silenzio il medico di Sciacca, divenuta il primo caso accertato di Coronavirus nella provincia di Agrigento, attualmente ricoverata presso l’ospedale di Caltanissetta dove però sembrerebbe ormai al termine di un lungo percorso di sofferenza. L’esito di un primo tampone, a distanza di oltre due settimane di ricovero, è stato negativo e dunque si procederà ad un altro test per valutarne le dimissioni.

In una intervista al Giornale di Sicilia il medico racconta la sua esperienza, non certamente facile:  “Posso dire però di avere conosciuto l’animo umano, quello vero. La cattiveria che c’è dentro ciascuno di noi. Sto ripetendo i tamponi, ce ne vogliono almeno due negativi per essere considerati guariti. A gennaio – racconta al GdS- avevamo un paziente malato di tubercolosi, in reparto. L’abbiamo scoperto dopo. Così abbiamo rischiato anche la Tubercolosi. Ci sta. Quello che non è ammissibile è essere considerati untori. Da tutti. Pure da quelli con cui hai parlato o lavorato fino a poche ore prima. Questo no, non ci sta, non ci deve stare”. 

Il caso della dottoressa fu, come detto, il primo in provincia di Agrigento. Poco dopo era il 6 marzo, un focolaio divampò all’interno dell’ospedale di Sciacca:  “Hanno detto e scritto che ho frequentato una comitiva di bergamaschi, che sono stata a Bergamo nei giorni precedenti la manifestazione del contagio, che ho amici bergamaschi e che li avevo visti fino a poco prima. Un giornale lo scrive ancora ieri.  Tutte cose assolutamente false. Mai stata a Bergamo, mai avuto amici di quella città, mai incontrato nessuno che veniva da là. Eppure in tanti ci hanno creduto. E lasciamo stare chi non ti conosce e fa rimbalzare voci orecchiate qua e là. Ma chi sa chi sei? Come può dubitare di te? Sono stata in ferie dal 23 al 29 febbraio. Fino al 4 marzo ho lavorato con tutte le precauzioni, con la mascherina, i guanti: la sera ho cominciato a manifestare i sintomi, febbricola e tosse, l’espettorato aveva tracce di sangue. Avrei dovuto lavorare di notte e ho subito avvisato la collega che non sarei andata. In ospedale ho fatto le lastre al torace e gli esami di sangue. Il giorno dopo mi sono messa in auto-isolamento. Il tampone è risultato positivo venerdì 6. Da quando ho avuto il primo sintomo non sono più andata a lavorare”. 

Da quel 6 marzo la dottoressa si trova ricoverata all’ospedale S.Elia di Caltanissetta: “I primi giorni ho avuto insufficienza respiratoria importante, è venuto il rianimatore a valutarmi. Per fortuna non ha ritenuto di dovermi intubare ma sono stati giorni pesantissimi. Non si può avere l’idea, se non ci si passa: da sola, senza poter vedere nessuno, neppure i familiari più stretti. Senza contatti, senza fiato. Sì, senza fiato,  dovevo materialmente risparmiarlo per avere la forza di parlare pochi minuti al telefono con i miei. Ed è terribile vedere e sentire il proprio padre anziano soffrire a distanza”. 

Poi uno sguardo al futuro: “In realtà non so dove tornare, una volta dimessa dall’ospedale. Dovunque vada, mi guarderanno con sospetto. Ho avuto tanta solidarietà dai colleghi dell’ospedale. Mi auguro che le chiacchiere finiscano, che i veleni via chat contro i miei si esauriscano”.