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Le mani di Leo Sutera sull’appalto “Il paese albergo” dopo la proclamazione di Sambuca a “borgo dei borghi” (ft e vd)

Da boss libero, dopo la scarcerazione avvenuta un anno fa, Leo Sutera non aveva perso l’abitudine di comandare i picciotti di tutta la provincia di Agrigento forte del suo legame con Matteo Messina Denaro che – lo ribadiamo – era stato fortificato dalla stretta amicizia e complicità tra il padre del super latitante, “Massaru Cicciu”, alias Francesco Messina Denaro e il padre dell’odierno fiancheggiatore e sodale più fedele e leale, Leo Sutera,  ossia Leonardo Sutera assassinato 33 anni fa in contrada Giulfa di Santa Margherita Belice, impugnando un revolver che non ha potuto utilizzare contro i suoi sicari.

Leo Sutera catturato
Leo Sutera catturato
Leo Sutera catturato

U profissuri, così veniva chiamato Leo Sutera, aveva una maniacale attenzione verso le microspie e le intercettazioni tanto è vero che a casa sua a Sambuca di Sicilia, oltre a trovare una bibbia (rituale ormai bisunto per vecchi boss) hanno anche trovato uno scanner puntato sulle frequenze della Polizia e un frequenziometro, apparecchio sofisticato che rileva presenza di microspie acquistato a Palermo meno di un anno fa.

Sutera, soprattutto, si occupava di appalti. Ed aveva messo le mani su due importanti subappalti, uno dei quali denominato “Il paese albergo” puntava sui finanziamenti destinati alla riqualificazione di Sambuca di Sicilia dopo che due anni fa era stato proclamato borgo dei borghi da una nota trasmissione tv.

Sutera, nonostante la sua veste di sorvegliato speciale incontrava ancora oggi i boss di mezza Sicilia e con quelli trapanesi e palermitani programmava la ristrutturazione di Cosa nostra.

Leo Sutera, soprattutto, nel 2014 incontrò nel corso di un summit di mafia proprio Matteo Messina Denaro. Era smagrito, afferma un collaboratore, ma era lui.

L’autista di Sutera (notoriamente senza patente da anni) lo aveva definito “u patri ranni di Sambuca di Sicilia”.

Non si fidava di nessuno e dopo le reiterate catture per mafia aveva preso le sue contromisure. Incontrava gente, tra cui i boss palermitani e trapanesi, attraverso mediatori insospettabili e a Santa Margherita Belice incontrò proprio la primula rossa di Castelvetrano.

I carabinieri del Ros sono stati sul punto di catturare sia Messina Denaro che Sutera. Poi, il blitz “Nuova cupola” vanificò ogni cosa come denunciò pubblicamente l’allora aggiunto della Procura di Palermo, Teresa Principato.

Adesso, aveva capito che il terreno franava sotto i suoi piedi e temeva una nuova cattura. Non si sbagliava, come avremo modi di vedere prossimamente. Ed aveva deciso di fuggire in Ungheria.
La Squadra mobile di >Agrigento guidata da Giovanni Minardi non gli ha dato il tempo.