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Inchiesta Alto Piemonte, Juve-ndrangheta e ultras: l’agrigentino Puntorno svela segreti e rapporti con i clan a Report (ft e vd)

Un rapporto stretto e diretto tra la dirigenza della Juventus, alcuni gruppi ultras come quello dei “Bravi Ragazzi” e ambienti mafiosi riconducibili alla ndrangheta. E’ questo quello che emerge dall’inchiesta “Alto Piemonte” che ha rivelato l’esistenza di una gestione della vendita di biglietti da parte degli ultras costantemente a contatto con esponenti della criminalità organizzata ma anche con la dirigenza bianconera. 

Andrea Puntorno con l'avvocato Daniele Re
Andrea Puntorno con l'avvocato Daniele Re
Andrea Puntorno con l'avvocato Daniele Re
Andrea Puntorno
Andrea Puntorno
Andrea Puntorno

A rivelare una serie di intrecci caratterizzati da spie, ultrà, mafia e calciatori è Andrea Puntorno, 41 anni di Agrigento, leader  da oltre 20 anni dei  “Bravi Ragazzi”, uno dei gruppi ultras più influenti nella curva juventina. “Guadagnavo bene, 30-40 mila euro. Il business c’è. Ho comprato due case, un panificio e mia moglie stava bene.” 

Puntorno ha deciso di parlare con la trasmissione televisiva “Report” che ha annunciato la messa in onda del servizio il prossimo 22 ottobre: “I biglietti lo sanno tutti da dove arrivano (la Juventus ndr).”

Puntorno, rappresentato dall’avvocato Daniele Re, è considerato dalla Digos uno degli uomini vicini al clan Li Vecchi e uomo di fiducia del clan calabrese dei Macrì. Sta finendo di scontare una condanna a 6 anni e mezzo per traffico internazionale di sostanze stupefacenti e lo scorso anno gli sono stati confiscati beni per mezzo milione di euro: un appartamento a Torino del valore di 300 mila euro, un’abitazione ad Agrigento, del valore di 200 mila euro e una moto del valore di 7.500 euro.

L’inchiesta Alto Piemonte è composta da diversi filoni di indagine che stanno cercando di fare luce sulla presenza delle ndrine a Torino con una presunta infiltrazione all’interno della tifoseria juventina per acquisire il controllo della vendita dei biglietti. Uno di questi filoni ha già portato alla condanna di 14 persone (1 assoluzione). 

Un altro filone d’inchiesta, invece, parte dal suicidio di Raffaello “Ciccio” Bucci morto il 7 luglio 2016 dopo esser stato interrogato il giorno prima dai pubblici ministeri. Qualche giorno dopo il suicidio un agente dell’AISE rivelò ai sostituti procuratori che Bucci era un confidente dei servizi segreti.