Licata, Procura chiede sette anni e mezzo di carcere per ex sindaco Balsamo

Il sindaco di Licata, Angelo Balsamo e la teste mendace arrestata, Francesca Bonsignore

I Pubblici ministeri, Ignazio Fonzo, procuratore aggiunto e Salvatore Vella sostituto procuratore della Repubblica, hanno concluso oggi la requisitoria nel processo a carico dell’ex sindaco di Licata, Angelo Balsamo, , eletto col Pdl, che da venticinque anni esercita la professione di avvocato, Francesca Bonsignore e l’imprenditore Carmelo Malfitano. Accusati di corruzione in atti giudiziari, falsa testimonianza, calunnia, ed altro tranne che per Malfitano che risponde di favoreggiamento..

Dopo una maratona cominciata alle 11,30 e terminata alle 17,30, i due rappresentanti della pubblica accusa hanno concluso con queste richieste: per Balsamo sette anni e mezzo di reclusione; cinque anni per Francesca Bonsignore un anno e mezzo per  Malfitano.

Lunghissima maratona, intervallata da una breve pausa pranzo, che è servita a cristallizzare le posizioni processuali degli imputati.

Efficace l’intervento del procuratore aggiunto Ignazio Fonzo che con una parabola ha definito così il caso Licata: il battito d’ali di una farfalla nella foresta amazzonica ha scatenato tsunami in altra parte del mondo.

Esattamente come quanto accaduto a Licata: dall’invio per errore di una mail allo tsunami.

Di sicuro spessore l’intervento del Pm Salvatore Vella, anima di questo processo, che ha inchiodato, dal suo punto di vista, gli imputati.

Domai riprenderà il processo davanti al collegio tutto femminile presieduto da Luisa Turco (a latere Ermelinda Marfia e Rosanna Croce per gli interventi dei legali di parte civile, l’assicurazione Unipol Sai, e poi si proseguirà il 27 ottobre.

Processo a parte per l’altra protagonista della vicenda che è stata già processata e condannata col rito abbreviato.

Secondo il pubblico ministero Salvatore Vella il legale avrebbe istruito una falsa testimone per vincere una causa con una cliente il cui figlio era stato investito da un’autovettura a bordo del suo motorino. Il processo civile al centro della presunte combine poteva avere un esito sicuro e senza alterazioni perché, per una pura casualità, l’intera scena era stata ripresa da una telecamera installata nei pressi della caserma dei carabinieri.