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Mafia, il boss Sutera ossessionato da microspie, il “professore” ne scoprì una e la distrusse

Aveva paura di essere intercettato, una vera ossessione per le microspie. Per questo, Leo Sutera, il boss di Santa Margherita Belice, finito in manette nei giorni scorsi, si era recato a Palermo per acqustiare un rilevatore elettronico in un negozio del capoluogo, l'”Investiga tu”

“U Prufissuri”, come viene chiamato il vecchio boss, considerato il capo di Cosa nostra in provincia di Agrigento, non sapeva che, però, era seguito, passo dopo passo, dalle forze dell’ordine che lo hanno scoperto mentre “bonificava” l’auto, su cui doveva salire per raggiungere l’anziana madre, da eventuali microspie.

Ma ecco come gli investigatori hanno ricostruito il viaggio di Sutera a Palermo.

“Nel dettaglio, in data 1 marzo 2018 Sutera si recava a Palermo con l’autovettura Fiat Panda in uso e condotta dal Tabone.
Alle 16,50, il Sutera veniva notato dal personale in servizio di osservazione in Viale Michelangelo, all’angolo di Via Cruillas, nei pressi di un’edicola.
Alle successive 17,05 giungeva il Fragetta ed il Sutera saliva a bordo della sua autovettura, con la quale entrambi, sempre monitorati, si recavano in Via Alcide De Gasperi, dove facevano ingresso nel negozio “Investiga Tu”, all’interno del quale il Sutera si soffermava a visionare un piccolo strumento simile ad un telecomando. Che si trattasse dell’acquisto di un rilevatore di microspie diveniva chiaro in data 7 marzo 2018 allorquando il Sutera utilizzava il predetto apparecchio acquistato in precedenza per “bonificare” la vettura di Di Maria Melchiorre (imprenditore a lui vicino), che giungeva , presso l’abitazione della madre del Sutera, a bordo della sua vettura marca Toyota.
Nel frangente si notava il Sutera, con in mano un oggetto sul quale era evidente l’accensione di una piccola luce led, che armeggiava all’interno dell’autovettura del Di Maria, che si allontanava di qualche metro.L’oggetto è da ritenere corrispondente al rilevatore di microspie acquistato in precedenza Palermo, del quale si notava la luce accesa ed attraverso il quale il Sutera – rimanendo in auto per qualche minuto – ha certamente “bonificato” l’autovettura da eventuali di microspie, al fine di eludere possibili intercettazioni da parte delle forze dell’ordine.
Ed ancora, in data 23 marzo 2018, in località Risinata, Sutera accompagnato dal Vaccaro veniva chiaramente udito fare uso un dispositivo elettronico presumibilmente anti-bonifica, facendo chiaro riferimento all’accensione di un congegno dotato di batteria, con bip insistente”.

Tutto confermato anche dalle intercettazioni. In una di queste si sente Vaccaro dire: “Vediamo se gli tolgo la batteria e se lo fa lo stesso che minchia è qua? Devo togliere il coperchio, gli volevole togliere la batteria…”. Sutera commenta: “Qua non si toglie”. Vaccaro continua: “No, perchp senza la batteria il segnale non lo captano”.

“Ad ulteriore e definitivo riscontro dell’avvenuto acquisto di un apparecchio rilevatore di microspie, vi sono le sommarie informazioni rese dal titolare dell’esercizio commerciale “Investiga Tu”, che il 9 ottobre 2018 ha dichiarato di ricordare che in data 1 marzo 2017 l’impiegato addetto alle vendite lo aveva informato dell’acquisto di un c.d. frequenziometro, effettuato da due soggetti di circa 60/65 anni.
Il medesimo ha precisato altresì le caratteristiche dell’apparecchio, dotato di luci led e che emette, in caso di rilevamento di frequenze, un cicalino sonoro – caratteristiche del tutto corrispondenti a quanto osservato al momento del concreto utilizzo dello stesso da parte del Sutera.
Non vi è dubbio che, al di là della rilevanza penale della predetta vicenda, l’acquisto di un rilevatore di microspie (personalmente effettuato dal Sutera) è emblematico della necessità, avvertita in prima persona, di salvaguardare sempre e comunque ogni comunicazione che lo riguarda, curando altresì la “bonifica” all’interno dei mezzi ove sale a bordo per effettuare i suoi spostamenti”.

Anche secondo il Gip: “Non vi è dubbio, pertanto, che Sutera facesse uso del rilevatore per bonificare le autovetture a bordo delle quali effettuava i suoi spostamenti e che svolgesse tale delicata operazione personalmente cos’ come effettuato all’interno delle autovetture di Vaccaro e di un’altra persone che incontra. Lui stesso aveva utilizzato lo scanner e aveva intenzione di bonificare l’autovettore di Maria Salvato, invero rassicurata dal non aver mai toccato l’apparecchio dove avrebbero potuto essere rilevate le sue impronte digitali”.

In una intercettazione la Salvato, il 31 ottobre, dopo l’esecuzione del fermo, inavvertitamente parla e dice: “Quando lui a me mi disse quando lui gli faceva… fatti dare questo coso come funziona che guardiamo dentro… meno male che non ce lo siamo fatti dare… succede qualcosa disse… guarda lo devo toccare solo io dice…”. La preoccupazione riguardava le impronte digitali.   “In questo momento – dice – ci sono le impronte digitali”.

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