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Mafia, processo Montagna: requisitoria dedicata alle estorsioni in provincia di Agrigento

Procede spedita la requisitoria dei magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo nell’ambito del processo a carico di 52 imputati del troncone abbreviato della maxi inchiesta Montagna che il 22 gennaio dell’anno scorso fece scattare la retata contro i nuovi presunti affiliati mafiosi della provincia di Agrigento. La scorsa udienza era toccato al pm Geri Ferrara entrare nelle viscere del mandamento della Montagna e spiegare rapporti e famiglie che si snodavano al suo interno. Questa mattina, invece, il sostituto procuratore Alessia Sinatra – nella seconda delle tre udienze previste per la requisitoria – ha affrontato il tema delle estorsioni. 

Appalti per le reti ferroviarie, lavori di ampliamento del cimitero di Raffadali, il rifacimento di una piazza e della segnaletica a San Biagio Platani, la messa in sicurezza della diga Castello, il recupero di immobili destinati alla riqualificazione del centro storico di Bivona, parcheggio in Contrada Canalotto (Aidone) finalizzata alla fruizione turistica della Venere di Morgantina e ancora assunzioni, forniture e quant’altro. La “messa a posto” rappresenta ancora oggi una delle principali fonti di approvvigionamento per le famiglie. Come emerge dalle indagini la pratica delle ditte che effettuano i lavori di presentarsi spontaneamente alla corte del capomafia è sempre meno diffusa.  Affari che andavano da poche centinaia di euro a migliaia. Le ditte venivano suddivise in “avvicinabili” o “non avvicinabili” in base alla propensione dei loro rappresentanti di denunciare.

E, in effetti, degli oltre 25 episodi documentati dalle forze dell’ordine sono quasi la metà gli imprenditori che preferiscono non denunciare.

Per questi ultimi le vie erano segnate: si cominciava con l’avvicinamento interlocutorio per poi passare ai veri e propri avvertimenti che consistevano in danneggiamenti. E’ quello che avviene ad una ditta di Campobello di Licata, la Cogen srl, che a Cammarata deve realizzare lavori di rifacimento del tratto ferroviario e a cui vengono chiesti 2 mila euro per la “messa a posto”. Si avviano, dunque, prima i contatti tra le consorterie mafiose (quella in cui avvengono i lavori, Cammarata, e quella in cui ha sede l’azienda, Campobello di Licata) “di questo . . che è qua . . quello di Campobello so come si chiama  . . di questo di qua . . domenica mi dovrebbero portare notizie . . hai capito? . . che aveva quel fungiutu di la sotto?” In seconda battuta avviene l’avvicinamento direttamente al cantiere con minacce più o meno velate rivolte ad uno dei dipendenti  lo manda a salutare . . ti manda a salutare l’ingegnere di Cammarata . . ti saluta”. . il signor Aronica (proprietario della ditta) . . gli dici . . che così non ci si deve comportare . . se lo vedi . . glielo dici  . . gli dici “mi ha detto l’ingegnere di Cammarata così non ti devi comportare . .perché ti ha mandato a chiamare prima delle feste . . prima ancora . . una volta non ci sei . . una volta te ne stai andando e una volta che….”.  …si però sapendo che uno ha la macchina (rif. all’escavatore) in giro . . giustamente uno ci da un occhio…”. La risposta da parte dell’imprenditore tardava ad arrivare e così si è passati ad un avvertimento più esplicito: “se lo lasciano (escavatore) nuovamente lì questa sera ci bado io…” oppure  oh!  ..  non venendo con i sorrisi  . . se ne va con le lacrime…”.

La Ediltec di Mussomeli – impegnata nei lavori di rifacimento della piazza del Comune di San Biagio Platani: tre giorni dopo il primo segnale di avvertimento (una bottiglia e due bossoli calibro 12) avviene l’avvicinamento tra imprenditore e locale consorteria con svariati “consigli” sul dove poter acquistare del materiale. Infine, il 14 settembre 2014, il danneggiamento: alle 02.54 Nugara, presunto capo della famiglia di San Biagio, e il suo sodale Raffaele La Rosa vengono ripresi all’interno di un distributore IP per un prelievo di benzina che, tuttavia, non viene immessa nell’auto. Alle 03.11, nei pressi del cantiere, si sente un grande boato: è una mini pala che va a fuoco. Anche in questo caso emergerà che la ditta, alla fine, si piegherà alle richieste della “famiglia”.

Richieste estorsive mosse anche nei confronti di Cooperative che gestiscono i centri di accoglienza per minori rifugiati. Come nel caso dell’associazione “Omnia Academy” –  con sede a Favara –  a cui il Comune di Cammarata nel 2013, prorogando la convenzione del triennio precedente, affidava alla società “Omnia Academy” la gestione dei servizi di accoglienza integrata per un totale di 15 posti. Discorso molto simile a quello che doveva (in entrambi i casi si parla di tentata estorsione) alla Coop San Francesco che gestisce diversi centri tra Agrigento, Naro e Favara, e cui per la “messa a posto” era stata avanzata una richiesta in base al numero di migranti presenti. In quest’ultimo caso, addirittura, è lo stesso titolare del centro che cerca l’appoggio di Cosa Nostra per individuare immobili tra Cammarata e San Giovanni Gemini ed ottenere le relative autorizzazioni. 

Il processo è – per numeri – il più imponente degli ultimi anni in tema di mafia in provincia di Agrigento: 52 persone a processo con rito abbreviato; altre 6, tra cui l’ex sindaco di San Biagio Platani, hanno scelto il rito ordinario. Quattordici le parti civili ammesse. Si torna in aula il 4 febbraio quando verranno illustrate – dopo aver affrontato il capitolo degli stupefacenti  – le richieste dell’accusa.