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Racalmuto, dopo il sequestro beni, perquisizioni e nuove accuse (riciclaggio) per l’imprenditore Lillo Romano

Oltre il sequestro dei beni per un valore di oltre 120 milioni di euro, nuova accusa per l’imprenditore di Racalmuto Calogero Romano, 62 anni, che risulta indagato adesso anche per riciclaggio aggravato per aver favorito la mafia.

Il rituale avviso di garanzia gli è stato notificato con la consegna del decreto di sequestro dei suoi beni che è datato  settembre 2018 con conseguenziale perquisizione disposta dai Pm della Dda di Palermo, Alessia Sinatra e Andrea Fusco ad opera della Guardia di finanza dell’abitazione di Racalmuto, della casa di campagna e della sede della Ifis Real estate (nonché Romano telecomunicazioni srl) sita a Roma.

Il Tribunale – sezione Misura di prevenzione (Luisa Turco, presidente; Antonio Genna e Rosanna Croce, estensore) ha già fissato udienza camerale per il prossimo 18 aprile data in cui si discuterà non solo del sequestro beni ma anche della richiesta di applicazione della misura di prevenzione personale.

La storia, da stamani. È nota: i sigilli sono stati apposti all’impero dell’imprenditore Calogero Romano. I finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo gli hanno sequestrato aziende, immobili, auto e conti correnti per un valore complessivo di oltre 120 milioni di euro.

Nel 2016 Romano, originario di Racalmuto, è stato condannato dal Tribunale di Agrigento a sei anni e sei mesi per concorso esterno in associazione mafiosa per aver contribuito “al rafforzamento di Cosa Nostra, pur non facendone parte, fino a quando il suo principale punto di riferimento, il mafioso Ignazio Gagliardo, non entrò nel programma di protezione per i collaboratori di giustizia”.

Secondo la Procura di Palermo, il successo delle iniziative imprenditoriali di Romano sarebbe legato ai rapporti di connivenza intrattenuti per vent’anni con esponenti di spicco di Cosa Nostra nell’agrigentino. Molti i settori di attività, a partire dall’edilizia. Tra il 1992 e il 2012 Romano avrebbe consentito a uomini dei clan, Ignazio e Calogero Gagliardo e Maurizio Di Gati, di gestire l’impianto di calcestruzzo riconducibile alle società da lui controllate – tra cui la Eredi Romano snc, la Romano srl e la Ierre srl – in cambio dell’appoggio di Cosa Nostra, che gli avrebbe consentito di prosperare e allargare i suoi interessi.

Nel tempo sono state costituite molte società, tra cui la Program group racing engineering, proprietaria del noto Autodromo internazionale Valle dei Templi di Racalmuto, la Beton 640, la Mediterranea cavi e la Romano telecomunicazioni, queste ultime specializzate nella posa di cavi elettrici e telefonici, che hanno via via guadagnato una posizione dominante nel settore delle opere di realizzazione di reti telematiche nelle provincie della Sicilia occidentale.

Con il consenso di Giuseppe Falsone, boss di Campobello di Licata, considerato in passato il capo di Cosa Nostra agrigentina, Romano avrebbe fornito alle aziende riconducibili ad Angelo Di Bella e Vincenzo Leone, appartenenti alla famiglia mafiosa di Canicattì, il calcestruzzo per la costruzione del centro commerciale Le Vigne, tra Agrigento e Caltanissetta. I finanzieri hanno accertato che per l’opera Romano avrebbe sistematicamente sovrafatturato le forniture per creare fondi neri necessari a foraggiare i boss di Canicattì.

Gli investigatori hanno potuto contare anche su quanto raccontato da Ignazio Gagliardo e Di Gati, diventati collaboratori di giustizia, per ricostruire la galassia di attività e relazioni di Romano. I sigilli sono scattati per 10 aziende, decine di automezzi, 16 rapporti bancari e 119 immobili tra terreni e abitazioni.

Con riferimento alla citazione del signor Vincenzo Leone, il cui nome è contenuto nei comunicati della Gdf,  riceviamo e pubblichiamo:

Gent.mo Direttore, Le scrivo nell’interesse del Sig. Leone Vincenzo, a seguito della pubblicazione in data 7 marzo u.s. sul Vostro sito della notizia relativa al sequestro di prevenzione a carico dell’imprenditore Lillo Romano.

In tale articolo si fa riferimento al Sig. Leone Vincenzo, il quale viene considerato “appartenente alla famiglia mafiosa di Canicattì” ed inserito tra gli esponenti di Cosa Nostra.

Tale notizia è assolutamente non veritiera è destituita di ogni fondamento.

Infatti il mio cliente è  stato assolto dal reato di associazione a delinquere di stampo mafioso con sentenza della Cassazione Sezione I Penale, n. 19624 del 24 gennaio 2017 che ha escluso la partecipazione dello stesso all’associazione a delinquere denominata Cosa nostra.

Cordiamente

Avv. Giacinto Paci